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Napoli, il 3-0 alla Lazio ha tre nomi: Cavani, Hamsik e Behrami

Gran merito anche di Mazzarri, ottimo l'approccio alla partita

Se il mezzo passo falso di Catania è servito a scuotere la squadra azzurra, allora ben venga il pareggio in terra siciliana: il Napoli contro la Lazio ha ritrovato rabbia agonistica, determinazione, voglia di vincere. Il 3-0 è un risultato inappellabile e la partita degli uomini di Mazzarri è stata una prova di forza.

CAVANI SU TUTTI – Quando il tabellino di un match, alla voce “marcatori”, porta un solo nome, e il risultato è di tre reti a zero, non ci sono equivoci sul fatto che il nome in questione sia quello del giocatore decisivo. Ma il Matador incanta tifosi e spettatori sempre per uno stesso aspetto: non si limita a segnare, bensì corre, si prodiga, fa pressing, e torna fin dentro la propria area di rigore a difendere il risultato. Un professionista, prima ancora che un talento. Il rigore sbagliato non concede critiche né nasi storti, si può solo condividere il dispiacere dell’attaccante che sognava il poker nel suo stadio. E forse proprio il traguardo di questo piccolo record ha distratto Cavani sul dischetto. Peccato per lui, ma non c’è nessuna macchiolina, nemmeno la più impercettibile, su una prestazione superba.

HAMSIK CON TUTTI – Marek quest’anno gioca più arretrato: torna a dare una mano a centrocampo, detta la costruzione della manovra, e allo stesso tempo ha più propensione dell’anno scorso ad inserirsi nelle fasi terminali delle azioni. L’avevamo fatto notare già prima dell’inizio del campionato: la partenza di Lavezzi ha sia “aperto spazi” per Hamsik, sia affidato la responsabilità tattica allo slovacco di caricarsi anche del compito di rifinitore o persino di realizzatore. E forse la “pigrizia agonistica”, che talvolta ha frenato il numero 17 azzurro nella passata stagione, era dovuta al minore quantitativo di doveri tattici, alla sensazione di non aver bisogno di essere determinante per la squadra. Quest’anno Hamsik lo è di nuovo e lo è in entrambi i reparti, centrocampo e attacco, e in entrambe le zone il punto di riferimento che fornisce risulta indispensabile.

BEHRAMI PER TUTTI – Anche in questo caso occorre un “lo avevamo detto” (clicca qui). Behrami serve davvero a questa squadra: serve un interditore, un lottatore che corra e quando è necessario tiri calci. Al pallone, s’intende: perché lo svizzero non è rude e scomposto come suggerirebbe la descrizione, è solo inesauribile. Chi lo supera una volta, se lo ritrova addosso dopo qualche secondo, e di solito si vede sottrarre la palla dai piedi. Il numero di palloni recuperati contro la Lazio, talvolta unendo anche l’eleganza all’efficacia, è difficile da quantificare. E se di solito i mastini recupera-palloni poi hanno difficoltà a reimpostare l’azione, non è questo il caso di Valon: non avrà una tecnica sopraffina, ma è ordinato e fa le cose semplici e giuste.

TUTTI GLI ALTRI – Ancora una volta tocca una menzione anche per Insigne. Ha giocato meno di un tempo, eppure gli è bastato per confermare, se ancora occorresse, le sue doti. Passaggi no-look a ripetizione, verticalizzazioni costanti, stop eleganti, dribbling veloci e felini. Uno di questi ha procurato il rigore che forse avrebbe meritato di tirare lui stesso. Ha umiltà, gioca per la squadra, è già entrato negli schemi. La sua intelligenza tattica è superiore al talento e alla classe. Se poi il Napoli non ha preso gol, non si può non lodare la difesa vista contro la Lazio: precisa, concentrata, determinata. Campagnaro sembra in ottima forma, sempre capace di uscire palla al piede e far avanzare i suoi. Ma qualche piccola nota stonata c’è: Inler non è ancora brillante, ma soprattutto Maggio è inspiegabilmente sottotono. Meno esplosivo nella corsa, è addirittura timido quando la squadra avanza, si propone meno del solito e spesso osserva i suoi attaccare senza lanciarsi all’assalto. E contro la Lazio si è fatto anche superare più di una volta da Lulic, davvero non sembra lui.

IL DIRETTORE D’ORCHESTRA – Ma se tutto ha funzionato bene, il merito dev’essere anche dell’allenatore che ha messo in campo la squadra. Mazzarri ha scelto la giusta psicologia: la Lazio è spavalda e sicura di sé? E allora meglio lasciarle questa convinzione. Nel primo quarto d’ora l’undici di Petkovic ha creduto di potersi impossessare del match, e ha dato il massimo, mentre il Napoli pazientava, accorto. E proprio sul più bello,  la differenza l’ha fatta lo spessore di Cavani: l’1-0 ha tagliato le gambe agli ospiti, che ci hanno riprovato e in cambio hanno preso il 2-0. Di qui in poi, il Napoli ne ha fatti tre e poteva farne anche quattro, rigore a parte. In questo modo Mazzarri ha vinto la sua partita a scacchi, manovrando le pedine in modo scaltro e ragionato, evitando anche un errore che ha imparato a non ripetere, quello dei cambi “difensivisti” che finiscono per arretrare il baricentro. Invece, il suo Napoli ha continuato a dominare, mentre la Lazio ha accettato la sconfitta molto prima della fine della sfida.

A cura di Lorenzo Licciardi

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