I numeri. Sono quelli che raccontano il vero Napoli. Una squadra che non perde, anzi: una sconfitta in meno rispetto all’anno scorso, cinque pareggi in più ma 34 gol fatti a fronte dei 30 del 2010 e stesso passivo (21 a 20).
Il tutto con una variante non trascurabile: una Champions al di là di ogni più rosea aspettativa. Ma l’asticella si alza sempre più e arrivano mugugni.
Mazzarri, un giro di boa deludente?
«No. Avevo già previsto tutto e lo avevo detto. L’eccezionale non deve essere la regola, sapevo che era complicato ripetersi. Il difficile non è vincere una volta, ma farlo anno dopo anno. Per questo dico che, fino a oggi, abbiamo fatto meglio di quello che si poteva pensare visti gli impegni e, mi permetta, un pizzico di fortuna in meno».
Un conto è la notorietà e un conto è la fama?
«Esatto. Siamo cresciuti in modo inaspettato, adesso siamo in fase di consolidamento. Nonostante ciò siamo nella parte alta e sinistra della classifica. E c’è di più».
Dica.
«Quando si compete in Europa è inevitabile perdere punti. La Lazio nel 2007/2008 chiuse al dodicesimo posto a quota 46, due anni dopo, la Fiorentina finì 11° a 47».
Forse è anche un Napoli giovane e inesperto.
«Un problema può essere aver superato la realtà dei fatti con risultati stratosferici. Le ambizioni sono cresciute, i ragazzi avvertono la pressione. Non sono abituati a lottare per il vertice, non dimenticatelo».
Niente processo alla difesa o al gioco monotematico del Napoli?
«Mi viene da sorridere! Chi lo dice non capisce la tattica o non guarda bene le nostre partite! La nostra crescita non è completa e, certo, c’è sempre da migliorare, ma tutti sanno esattamente cosa fare. In più siamo capaci di cambiare in corsa. Invece gli avversari ci affrontano con la difesa a tre. Evidentemente ci temono».
Un suo cavallo di battaglia è la griglia del monte ingaggi: il Napoli è settimo e dunque settima posizione. Ma non aggiunge il suo stipendio.
«Parto da un parametro oggettivo: lo stipendio e non il valore assoluto dei giocatori. Non solo siamo in linea, ma ancora una volta si sta dando più del massimo visto che siamo in corsa su tre fronti. Il mio ingaggio è commisurato alla produttività aziendale. E da 10 anni il campo mi dà ragione».
Un miracolo calcistico, Lo avete fatto anche quest’anno superando il «girone della morte» in Champions. Adesso vi aspetta Stamford Bridge.
«Infatti, un primo obiettivo lo abbiamo già centrato. Il passaggio è stato un ennesimo ìiracolo calcistico” dove abbiamo tirato la macchina sempre al limite e oltre, non si può fare sempre. E attenzione: con il Chelsea siamo sfavoriti. Servirà un’altra impresa». Proviamo a fissarne un altro.
Ad esempio la Coppa Italia, mercoledì con l’Inter.
«Niente proclami. Ma finché ci sarò io garantisco ai tifosi che daremo il massimo contro chiunque. Anche contro la supercorazzata Inter (super davvero, seguendo il ragionamento di Mazzarri sugli ingaggi, ben 100 milioni di euro in più)».
Parliamo di Roma. Tra i suoi allenatori preferiti c’è Luis Enrique per la personalità e non ha mai fatto mistero della sua stima per Totti.
«Totti è un fenomeno, un campione che non ha età, chapeau al suo talento».
E della Lazio che ne pensa?
«Ha fatto una campagna acquisti di rilievo prendendo calciatori esperti. Ha capito che per restare in alto doveva aumentare il tetto ingaggi».
Si parla di nuovo del suo futuro. Nel 2014 dove si vede?
«Il contratto scade nel 2013 e intendo rispettarlo. C’è tanto tempo ancora e soprattutto non mi interessa. Penso solo alla gara successiva».
La favorita per lo scudetto?
«Milan, Juventus e Inter. I bianconeri però hanno un piccolo vantaggio non giocando le Coppe».
Fonte: Il Tempo
La Redazione
C.T.
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