“Campania Felix”. E non stiamo parlando del nome che i romani diedero alla parte settentrionale della Magna Grecia, quella della poleis di Neapolis, Cuma e Puteoli. Geograficamente si tratta sempre delle stesse zone, quelle che per secoli si distinguevano tra le più ricche d’Europa. Campania Felix, per l’abbondanza del raccolto, per la ricchezza della terra. Ricordi persi nella storia, in un passato felice che fa da contraltare ad un secolo recente caratterizzato da decine di mali che affliggono queste terre. Ma se “felix” è un aggettivo che non può più essere applicato alla terra, al clima e alla vita delle zone che dalla Terra di Lavoro arrivano fino al Cilento, può comunque essere tranquillamente utilizzato in ambito calcistico.
Una volta la Campania era celebre per i suoi raccolti, adesso per i suoi calciatori. I prodotti della terra, diventano i “prodotti dei campetti”. E così la Campania diventa un grandissimo serbatoio di giovani talenti, pronti ad imporsi alla ribalta nazionale. E non è neanche azzardato definire queste zone “L’Uruguay d’Italia”, per l’incredibile rapporto tra popolazione e talenti sfornati, proprio come nel piccolo paese sudamericano
Un’ipotetica rappresentativa campana non sfigurerebbe in un Mondiale o in un Europeo. Basta pensare a tutti i calciatori nati nelle 5 provincie campane che militano ad alti livelli. Ed ogni squadra ne ha almeno uno. Dal bianconero Quagliarella, al parmense Mirante, passando per il granata Immobile o il bomber dell’Udinese Di Natale. E non dimentichiamoci neanche di Floro Flores del Sassuolo, e di Francesco Lodi del Catania.
Già, Lodi. Prossimo avversario proprio della squadra simbolo della Campania: il Napoli. La sua è una storia emblematica, a dimostrazione del purtroppo scarso legame che c’è tra le scuole calcio e le società della zona. Classe ’84, cresciuto calcisticamente a Castello di Cisterna. È la stessa zona di Montella, Caccia e Di Natale. E come loro condivide lo stesso destino. L’Empoli per anni è stata la società più attenta nella zona e così, come capitato con i tre illustri predecessori, anche Lodi deve prendere la via della Toscana. Da lì una carriera diramata tra Vicenza, Frosinone ed Udinese. Ma Lodi è uomo del Sud, profondamente legato alla sua terra, alle sue origini. Ed infatti l’esplosione arriva proprio in una piazza meridionale, a Catania. Qui si mette in mostra, soprattutto grazie alle sue doti sui calci piazzati. Piede fatato, che gli consente di timbrare il cartellino per ben 9 volte in una stagione. La poco felice parentesi al Genoa e il successivo ritorno a Catania questo gennaio sono l’ennesima dimostrazione del suo feeling naturale con la piazza siciliana.
Nel frattempo è sempre solido il legame con la sua terra d’origine, dove ha aperto assieme alla famiglia una scuola calcio. In Campania è un po’ così. Scuole calcio, scuole calcio ovunque. Come nel Texas ci sono i pozzi di petrolio, in Campania ci sono un’infinità di campi e campetti, un’infinità di scuole calcio. È il modo per sfruttare una delle più grandi risorse di questa regione (una delle poche rimaste): il calcio. E torniamo al discorso iniziale. “Campania Felix”, terra di calciatori, il nostro “oro verde”. Peccato, peccato solo che quasi tutti questi potenziali campioni debbano lasciare la loro terra per sfondare nel mondo del calcio. In un territorio che, dal Garigliano allo Stretto di Messina, è in grado di esprimere una sola squadra di alto livello è naturale che il “saccheggio” da parte delle corazzate settentrionali sia all’ordine del giorno. Lo testimoniano le decine di raduni che vengono organizzati dai club settentrionali. E noi? E noi stiamo a guardare. Manca l’appeal (come detto dopo il Napoli c’è quasi il nulla), ma manca anche la voglia di investire sul territorio. Esempi quali la cantera del Barcellona, o meglio quella dell’Athletic Bilbao, composta solo da giocatori baschi, sono miraggi per questo Napoli. La Scugnizzeria è un progetto mai realmente decollato. Eppure, come ampiamente detto, la materia prima c’è. Ed anche dal punto di vista economico sarebbe certamente più conveniente crescere giovani campani, piuttosto che comprare italiani ed europei da altre squadre.
È una battaglia che da tempo portiamo avanti, che ci auguriamo possa presto prendere una piega migliore. Il “Napoli dei napoletani”, come immaginato agli albori dell’era De Laurentiis, forse è pura utopia. Un Napoli con più napoletani (anzi, campani) certamente no. Per il momento basterebbe che i nuovi Di Natale, Lodi, Montella, Immobile o Mirante non debbano, almeno nel mondo del calcio, prendere un treno e realizzare i loro sogni lontano dalla loro terra.
Servizio a cura di Giancarlo Di Stadio
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