Non si è trattato di un semplice appuntamento letterario quello di sabato 5 maggio, quanto di una “full immersion” nel basket, insieme a chi ha reso glorioso questo sport nella nostra Città. Dunque la pallacanestro è stata assoluta protagonista in occasione della presentazione del libro “Passi da gigante”, scritto da Dino Meneghin, presidente della FIP, in collaborazione con il giornalista Flavio Vanetti. La sala conferenze dell’Hotel Palazzo Alabardieri a Napoli che ha ospitato l’evento ha visto la presenza di nomi illustri della pallacanestro napoletana: Amedeo Salerno presidente della Partenope Napoli, Salvatore Calise presidente della BpMed, Manfredo Fucile presidente del Comitato Campania della FIP, Gianni Del Franco consigliere federale e responsabile del Settore agonistico FIP. Ma “il vero ’ospite d’onore”, così come definito da Dino Meneghin, è stato Jim Williams, pivot americano della Fides Napoli a cavallo tra gli anni ’60 e ’70, che vinse una Coppa delle Coppe con la squadra partenopea nel 1970. Jim Williams è stato salutato con grande affetto e calore dai suoi ex compagni, prima di iniziare la conferenza stampa nella quale sono emersi ricordi appartenenti al passato del basket napoletano, insieme a proposte concrete per il futuro.
E proprio relative al futuro sono state le parole di Salvatore Calise, particolarmente emozionato perché allo stesso tavolo con “i suoi eroi di tifoso di basket”: “Siamo in attesa di risposte tecniche da parte del Comune di Napoli per la realizzazione di un progetto relativo ad un’area dedicata allo sport nella zona di Fuorigrotta, proprio dove c’era il Mario Argento. Lo scopo è quello di permettere a tanti di praticare non solo il basket, ma anche altri sport. Soprattutto quello di evitare una cattedrale nel deserto”. Il presidente della BpMed si è anche detto particolarmente emozionato di sedere allo stesso tavolo con i suoi “eroi di basket, in modo speciale con il «mio presidente» Amedeo Salerno”.L’ex n.1 della Partenope ha ricordato brevemente alcuni stralci della sua guida: il Palabarbuto traboccante di spettatori, la rivalità tra la sua Fides e la Ignis, le urla “Spara, Fucile!”, Jim Williams che spaccava i canestri, sottolineando che “… quella Napoli fu l’unica squadra a vincere contro Tblisi anche in casa loro”.
Prendendo la parola Gianni Del Franco, tra i fondatori della Scuola Basket Napoli, che si è definito “napoletano con Napoli nel cuore”, ha auspicato la buona riuscita della cittadella dello sport di Salvatore Calise perché “Napoli merita una squadra di vertice”.
Manfredo Fucile, ideatore dell’evento oltre che grande gloria della pallacanestro napoletana, ha amato rievocare, invece, un episodio in cui Jim Williams, ferito in più punti e col tendine d’Achille scoperto per colpa delle schegge di un tabellone andato in frantumi, riuscì a tornare in campo nel secondo tempo grazie alla sutura “miracolosa” di Salvatore Celentano “infermiere-mago” e segnò 20 punti contro Bologna.
Lo stesso Jim Williams, che domani alle ore 12 andrà a visitare le rovine del Palargento, ha ricordato la gara di Atene contro il Panathinaikos, un’autentica bolgia infernale con 70mila persone assiepate sugli spalti allo scoperto, “… un’ esperienza brutta e bella insieme”. Parole di sincero affetto, poi, per Napoli: “Sono napoletano, lo sono diventato col tempo, è un’esperienza che non dimenticherò mai e ringrazio il presidente Amedeo Salerno, della cui guida abbiamo beneficiato tutti.”
Dino Meneghin racconta invece che aveva in mente di scrivere un libro da un po’ di tempo e ci è riuscito grazie alla collaborazione di Flavio Vanetti. Vi sono compresi aneddoti di svariata natura: ad esempio quello del primo allenamento con la squadra di Varese portando delle scarpette rosse, vale a dire del colore degli acerrimi nemici di Milano, scarpette costate una cifra non modica alla madre del campione che aveva appena 13 anni. Oppure l’episodio del whisky acquistato insieme a Marino Zanatta a Forcella, rivelatosi una miscela di tè e camomilla… Ma l’ex campione si è soffermato con particolare piacere a parlare del valore comunicativo, formativo ed umano che contraddistingue questa disciplina: “Siamo cresciuti grazie a questo sport, abbiamo visto regimi estremi come quello sovietico grazie alle trasferte. Nello spogliatoio, poi, si condivide la vita, non solo il basket ed è importante che la squadra sia legata da amicizia profonda altrimenti non si gioca bene. Oggi è più difficile comunicare e far integrare gli stranieri nel gruppo. Jim Williams parla italiano perché si è ben amalgamato con gli altri, oggi con tutti questi ipod e cuffie è quasi impossibile e gli stranieri che arrivano non imparano a parlare neppure un poco d’italiano. È importante poi dare il buon esempio ai
ragazzi per coltivare lo spirito positivo di emulazione, lavorare sul proprio talento per far sbocciare tanti fiori. Soprattutto bisogna ricordare che il basket non è solo sacrificio ma anche e principalmente gioia di vivere.”
I proventi del libro andranno alla Fondazione FADE Onlus per la ricerca ospedaliera sulla prevenzione, diagnosi e terapia delle malattie epatiche.
Dalla nostra inviata a Palazzo Alabardieri Maria Villani
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