Per la rubrica “La Telefonata” intervistiamo uno dei volti più noti del giornalismo partenopeo, Gianluca Vigliotti, collega che apprezziamo per la sua professionalità e preparazione. Dal cammino del Napoli, al parallelo con i ricordi dei successi degli anni ’80, fino alla gavetta da lui percorsa e ai consigli ai giovani: queste le tematiche affrontate con Gianluca Vigliotti in questa “telefonata” da non perdere:
Partiamo subito da un argomento che rimanda a grandi sensazioni. Ci proponi un tuo parallelo tra il Napoli del 1987 e quello del 2011?
“Sono tempi completamente diversi ma trovo un comune denominatore: è la passione e la spinta del pubblico, ho visto i ragazzini della nuova generazione partecipare con la stessa enfasi di “quelli dell’87″”
Il Napoli può confermare il terzo posto o lo può migliorare?
“Per me può migliorarlo, sto vedendo una grande squadra nella notti Champions ma il Napoli in campionato ha la grande possibilità di giocarsi lo scudetto, è una competizione molto equilibrata, tante squadre sono in difficoltà e per questo gli azzurri se la possono giocare fino in fondo. Anche se De Laurentiis e Mazzarri hanno come obiettivo il sogno Champions io “Napoli” me la giocherei assolutamente in campionato”.
Andiamo a curiosare un po’ nella tua carriera. Il tuo inizio giornalistico è datato…
“E’ passato un po di tempo, ho festeggiato le mie nozze d’argento. Ho avuto la grande fortuna di iniziare a Roma con un maestro del giornalismo come Michele Plastino. Poi a Napoli mi ha portato a Canale 21, a Teleoggi e da quelle esperienze ho cominciato a camminare da solo”.
Ricordi il tuo primo servizio giornalistico?
“Io più che servizi giornalistici facevo trasmissioni di calcio internazionale, quella era la mia specialità. Durante la settimana commentavo le partite di coppa. Arrivato a Napoli, e qui ho un ricordo indelebile, ho partecipato ad una trasmissione insieme a Michele Plastino, chiamata “La grande attesa” dove nella notte che precedeva la partita contro la fiorentina siamo andati in onda ininterrottamente dalle 19,00 sino al fischio di inizio della gara che decideva lo scudetto. Quella è stata sicuramente la mia prima indimenticabile esperienza”.
Coma si svolge la tua giornata giornalistica?
“La giornata da giornalista si svolge con l’immediata lettura dei giornali alla mattina presto, questa abitudine è da antico addetto stampa e non l’ho mai persa. Prosegue la mia giornata con appuntamenti come conferenze stampa che non mancano mai ed il pomeriggio con le varie produzioni televisive”.
Avendo lavorato con entrambi i media, ritieni più interessante la radio o la tv?
“Io nasco come radio, ma più di venticinque anni fa insieme al mitico Carmine Martino lavoravamo a Radio Spazio uno dove facevamo qualche radiocronaca nascosti tra gli spalti con i vecchi baracchini. Lo sviluppo della tecnologia mi ha portato alla televisione dove sono cresciuto, ma la radio è un’antica vecchia passione”.
Secondo te esistono profonde differenze di valutazione tra i giornalisti del Nord e quelli del Sud?
“Io credo che sia un classico stereotipo, non vado indietro a queste cose, ci sono delle realtà più forti dove c’è qualche interesse in più. Il Napoli che cresce non può che far piacere alla stampa, gli azzurri si stanno conquistando lo spazio”.
Oltre al giornalismo, hai altre passioni, hobbies o attività che persegui?
“Io esercito la professione di avvocato e quindi più che un hobby è una professione, se ho del tempo libero lo dedico alla mia famiglia”.
Se non avessi fatto il giornalista cosa ti sarebbe piaciuto fare?
“Solo ed esclusivamente il giornalista, sin da piccolo facevo le telecronache dinnanzi al televisore, era tutto segnato (ride n.d.r.) non c’era un alternativa”.
Uno su mille ce la fa. Un consiglio ai giovani redattori per distinguersi
“Onestà professionale, passione, esperienza e grande dedizione, sembra un po’ retorico dire questo in un momento così difficile per la nazione ma solo la passione e tanta gavetta come abbiamo fatto noi “vecchi del mestiere” può farti emergere. Adesso si vuole avere tutto e subito e questo potrebbe essere deleterio per la professione nel futuro. E’ giusto fare tutto il percorso”.
A cura di Alessandro Sacco
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