In un campionato come la DNA, l’apporto degli ‘under’ risulta indispensabile per l’economia di gioco di qualsiasi compagine. La BpMed Napoli, forte di un pacchetto ‘over’ invidiabile, può fare affidamento anche sulla batteria dei giovani a propria disposizione, capace di far rifiatare, ma anche di non far rimpiangere, il quintetto base. Tra questi vi è sicuramente Paolo Rotondo, ala-pivot del Napoli Basketball, protagonista della nostra consueta rubrica “A Canestro con…”. Un passato a Biella dove ha iniziato ad assaporare i palcoscenici del massimo campionato di pallacanestro italiano, guadagnando anche la convocazione in Nazionale Under 20, poi le recenti esperienze ad Agrigento e a Latina: questo il curriculum di tutto rispetto di un cestista classe ’89. Ecco il resoconto di una piacevole chiacchierata:
Paolo, quali sono state le motivazioni che ti hanno spinto a scegliere Napoli quest’estate?
Quando arrivò la chiamata da parte della società, io e il mio procuratore, fummo subito attratti da questa opzione, dato il prestigio e il nome della piazza. Bartocci ci presentò un progetto interessante e, a distanza di circa 7-8 mesi, credo di aver fatto la scelta giusta.
5.7 punti di media e 4.7 rimbalzi: cosa ne pensi della tua stagione fino a questo momento?
Ho trovato più spazio rispetto alle mie precedenti esperienze, ed ho avuto la fortuna di trovare un ambiente tranquillo con il quale lavorare. Dal punto di vista personale, devo dire che non sono i numeri ad impressionarmi perché quello che conta è anche e soprattutto altro. Infatti, sono molto soddisfatto per il rendimento di squadra, e spero di continuare a dare il mio apporto alla causa Napoli.
Sotto canestro ti senti più a tuo agio a giocare con Gatti o con Iannilli?
Mi trovo molto bene con entrambi. Anche se Gatti e Iannilli hanno ruoli opposti, io mi colloco in mezzo ai due. Non ho preferenze di ruolo, cerco sempre di adattarmi a seconda della situazione: per me è indifferente giocare da 4 o da 5, l’importante è che la mia posizione in campo sia funzionale al gioco del quintetto.
Avete portato a termine il ciclo di ferro con le tre squadre del nord, vincendo tutte le gare. Ve lo aspettavate?
Sapevamo a cosa andavamo incontro prima di affrontare questo tour de force: Omegna e Torino sono tra le migliori compagini di questa DNA. Tuttavia, eravamo consapevoli del fatto di essere in un periodo di grande forma e sul campo abbiamo dimostrato di essere più forti.
Quanto ha contato il fatto di giocarle in casa e con la presenza di tutti quei tifosi?
Ha inciso tantissimo, perché giocare a Napoli ci dà una carica incredibile. I tifosi partenopei sono unici e domenica ce lo hanno dimostrato sostenendoci dal primo all’ultimo secondo della sfida. Per noi hanno rappresentato il sesto uomo in campo: avere un pubblico così ti spinge a dare il meglio di te stesso. Parte del merito va dunque anche a loro, che con la loro passione ci accompagnano verso grandi successi.
Adesso arriva Capo d’Orlando al PalaBarbuto, dove vorrete riscattare la sconfitta dell’andata. Come arrivate a questa partita?
Non siamo in una condizione fisica ottimale in quanto qualcuno di noi è influenzato e Iannilli ha un risentimento alla caviglia. Lo staff, tuttavia, sta lavorando proprio sotto questo aspetto per risolvere i nostri problemini fisici. Arriveremo alla partita di domenica con la determinazione giusta, perché l’Orlandina ci ha sconfitti all’andata e quindi siamo intenzionati a toglierci qualche sassolino dalla scarpa. Stiamo acquisendo, partita dopo partita, consapevolezza nei nostri mezzi e non saranno di certo i piccoli acciacchi a fermarci.
Il presidente Calise ci disse che la società si prende cura di voi come farebbe una compagine di altra categoria, con trasferte agevoli etc. Quanto credi abbia influito questo aspetto sul vostro successo? Sicuramente un po’ ha inciso, perché la dirigenza ha fatto un ottimo lavoro per riservarci trasferte faticose il meno possibile: affrontarle con tranquillità sicuramente ci rende più sereni e più carichi quando scendiamo in campo!
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Servizio a cura di Enrico De Pompeis
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