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De Sanctis: “A Londra cercheremo di sfruttare il 51% delle possibilità a nostro favore”

"Spero di rimanere a lungo nel Napoli, poi l'America non mi dispiacerebbe"

Quando si nasce numero uno è difficile che nel corso della vita si può diventare secondo, terzo e così via. Se poi quel cardinale si porta dietro le spalle allora ci si rende conto che devi per forza essere un grande. Morgan De Sanctis lo sapeva da quel rigore parato a Vieri (attaccante del Venezia) a metà anni Novanta che avrebbe fatto carriera nel mondo della pedata. Cominciò a far parlare di sè all’esordio in serie B col Pescara e da allora non ha più smesso.
Oggi il “Pirata” è un punto di riferimento del Napoli che vince. Il vero quarto tenore della squadra di Mazzarri è lui. I suoi interventi sono valsi e valgono come i gol di Cavani, Lavezzi ed Hamsik. È un pezzo pregiato della gioielleria di proprietà di Aurelio De Laurentiis. Impossibile in questo momento pensare ad un Napoli senza l’estremo difensore abruzzese. È nato a Guardiagrele vicino Chieti ma sembra di essere stato sempre un napoletano. Si è integrato al massimo nel tessuto partenopeo assieme alla moglie Giovanna e alle due figlie Anastasia e Sara. Non a caso partecipa volentieri alle manifestazioni istituzionali della città. Tante le soddisfazioni che De Sanctis si è tolto in maglia azzurra. Dal 2009 ad oggi è stato un crescendo di emozioni e sentimenti calcistici. Il bello, però, deve ancora venire. Dopodomani allo Stamford Bridge ci sarà l’appuntamento con la storia. Assieme a tutti gli altri azzurri il Pirata potrà portarsi a casa un prezioso tesoro: la qualificazione ai quarti di finale di Champions League. Un traguardo unico poiché neanche il Napoli di Maradona riuscì a superare gli ottavi. Così come all’andata al San Paolo, ma anche in tutta la fase a gironi della competizione europea, dovrà dare il suo apporto a 360 gradi contro il Chelsea. Dalla propria area dovrà spingere e guidare gli azzurri ad una impresa che resterà negli annali del calcio. Tutti insieme avranno la possibilità di far sognare i sei milioni di tifosi napoletani sparsi in tutto il mondo. «Siamo pronti per un’altra notte magica», ha garantito De Sanctis, e se lo dice lui bisogna credergli.

Prima di parlare di Champions, partiamo dalla goleada col Cagliari. Quanto è felice per la vittoria e arrabbiato per i tre gol subiti?

«Sinceramente guardo sempre al risultato. È stato bello aver conquistato la quinta vittoria consecutiva in campionato. È naturale che egoisticamente mi piacerebbe vincere sempre 1-0 o 2-0 ma non può succedere. Credo che alla vigilia di un incontro importante come quello di Londra il fatto di esserci distratti subendo tre reti ci può tornare utile».

Cosa è cambiato nel Napoli dalla partita col Chievo in poi?

«Ci sono due fattori importanti da evidenziare. Il primo è stato sottovalutato da tanti ma non da noi. È stato fatto un lavoro atletico particolare per farci arrivare al top nelle sfide Champions. Dopo il rientro dalle vacanze natalizie si è lavorato molto, la squadra era più carica rispetto agli altri che avevano un programma diverso. Dall’esterno non è stato sottolineato da qualcuno perché gli faceva comodo. Il secondo è che nel periodo di gennaio non sia- Q mo stati fortunati in alcune circostanze. Soprattutto con Cesena, Bologna, Genoa e Lazio. I primi tempi hanno condizionato i risultati. Lo si è visto pure in Coppa italia. Posso garantire che la convinzione c’è sempre stata».

Il momento negativo all’inizio del 2012 aveva fatto pensare che il Napoli avesse deciso di mollare in campionato. Le ultime cinque vittorie consecutive dicono altro…

«Il modello di percezione nostro è diverso. All’interno del gruppo abbiamo altre convinzioni. Non abbiamo mai voluto abbandonare il torneo di serie A. Questa è una squadra che sta raccogliendo ottimi risultati come l’anno scorso. Siamo consapevoli che dobbiamo lavorare duro sui tre fronti dove ancora oggi siamo protagonisti. Dobbiamo pedalare sempre. Noi confidiamo di essere sulla cresta dell’onda fino al 20 maggio. Di partita in partita daremo il massimo per tentare di agguantare il terzo posto».

Il Napoli da Champions è stato perfetto. Perché?

«Per tutta una serie di motivi l’Europa l’abbiamo vissuta al top. A testimoniarlo sono i risultati. Ci siamo qualificati in un girone considerato da tutti infernale. È stata una impresa che verrà raccontata ai posteri. Posso dire, però, che le energie di noi calciatori sono state divise equamente a tutte le competizioni. In campionato abbiamo perso cinque partite ma mai contro le grandi. L’anno scorso ci contestavano che non eravamo bravi con le big. Da qui alla fine lotteremo per trovare un equilibrio che cercheremo di sfruttare nella prossima stagione».

Mercoledì si può entrare nella storia allo Stamford Bridge. Siete pronti?

«Certo. Speriamo di ricordarla positivamente questa notte. Ci teniamo tantissimo affinché la Champions sia ancora più entusiasmante. Indipendentemente da ciò che accadrà col Chelsea è stata una corsa stupenda da settembre ad oggi. Visto come è finita al San Paolo, cercheremo di sfruttare al massimo il nostro 51% delle possibilità. I Blues sono forti, hanno ripreso fiducia. Ci sono tanti campioni ma noi attraverso le nostre qualità cercheremo di regalare altre emozioni ai nostri tifosi».

Quanto è servita d’esempio la gara Arsenal-Milan?

«Abbastanza. Ci siamo resi conto che anche una big come il Milan, se molla, rischia di fare brutte figure. I rossoneri hanno messo a repentaglio una intera stagione. Personalmente ci ha lasciato qualcosa più la sfida con il Cagliari. Se non marchi l’avversario ad un centimetro e lo lasci ad un metro di distanza, che si chiami Larrivey o Drogba, vieni punito».

Il San Paolo fa paura agli avversari. Lei teme l’ambiente caldo dello Stamford Bridge?

«Questo è l’unico stadio londinese dove non ho mai giocato. Ci sarà un’atmosfera modello inglese ma non credo paragobabile a quella del San Paolo. Conosciamo che importanza può avere l’apporto del pubblico ma ma noi ci portiamo certezze tattiche e agonistiche che peseranno al di là dei sostenitori avversari ».

Quanto servirà avere tremila napoletani al seguito?

«Sono convinto che ci faranno una sorpresa come è accaduto altre volte. Vedrete che se le cose andranno per il verso giusto usciranno vessilli azzurri da tutti i settori».

Vista la richiesta dei biglietti ci voleva mezzo stadio solo per i fan partenopei…

«Abbiamo saputo che almeno in diecimila avrebbero voluto seguirci. Ci sono, però, delle regole che vanno rispettate. Lo stadio non è grande e quindi si è dovuto fare di necessità virtù».

Vuole fare un appello ai napoletani?

«L’hanno già fatto le istituzioni. Nel recente passato europeo non è successo niente di che. Ci sono stati dei problemi a Liverpool ma non per colpa dei tifosi. C’erano in giro dei biglietti falsi che hanno costretto la polizia inglese a chiudere il settore ospiti. Spero che alla fine sia una bella serata di sport».

Cosa ha imparato in questi anni napoletani?

«Prima di firmare per il Napoli mi avevano parlato delle pressioni che si potevano subire rispetto a piazze altrettanto grandi. Era tutto vero. La realtà è superiore a ciò che si può pensare. È un posto dove è difficile mantenere gli equilibri. Un calciatore deve essere bravo a gestire la positività di questo ambiente. La città vive il calcio in maniera unica, passionale e quindi è un piacere poter indossare la maglia azzurra. Quando andrò via, spero il più tardi possibile, sarà veramente difficile ritrovare una cosa simile».

Lavezzi dice che vorrebbe uscire di più evitando di scappare dai fan. Capita anche a lei?

«È diversa l’attenzione che si ha verso Lavezzi o Cavani rispetto agli altri. Il Pocho ha solo detto che quelle volte che esce vorrebbe stare più tranquillo. Il discorso di Ezequiel è condivisibile. Ha detto cose senza retorica e piangeria. Sa bene, però, che tra qualche anno la vita calcistica finirà e sarà lui a chiedere di firmare gli autografi. Sappiamo che ci sono delle responsabilità derivanti dai grandi poteri tecnici che ha. È un campione in campo e anche fuori. È generoso, quando parlo del Pocho mi si apre il cuore. Vale la pena fare un sacrificio in più perché se lo merita».

Come spiega l’evoluzione del Pocho?

«Va abbinata alla maturazione caratteriale e poi c’è anche un aspetto tecnico. Ha fatto un lavoro specifico per migliorare la carenza sotto porta. Ci sono di mezzo lo staff, l’apporto di Lucarelli e la volontà del diretto interessato ».

Secondo lei sarà difficile trattenerlo?

«Sono contento di fare il calciatore perché il discorso non lo affrontiamo noi. Sono felice di far parte di una società che non ha mai sbagliato niente da questo punto di vista. Mi fido del presidente e quindi guardo al futuro con un grande ottimismo».

A proposito di De Laurentiis. Quanto è importante giocare in un club che vince senza debiti?

«Il merito è prima di tutto del presidente ma anche dei giocatori che fanno in modo che i risultati ci siano. È il motivo per cui chi gioca nel Napoli e i tifosi che lo seguono devono essere ottimisti per i prossimi anni».

Cosa adora fare nel tempo libero?

«Ne ho poco. Ho famiglia, mi dedico alle mie due figlie. Vivo tranquillo con mia moglie».

Quale piatto partenopeo che preferisce?

«Adoro i dolci. Soprattutto la pastiera e gli struffoli. Quest’ultimi in Abruzzo sono simili alla cicerchiata ».

Che musica ascolta prima delle partite?

«Non mi piace isolarmi. È una cosa che un poco soffro. Su venti giocatori più della metà è con le cuffie e vive in un mondo a parte. Vorrei comunicare di più, parlare della partita e dell’avversario di turno. Purtroppo ti ritrovi con due tre compagni a farlo».

Il suo film più bello rimane sempre“Le ali della libertà?

«Sì, fino ad oggi non ne ho trovato un altro che lo superi».

Di solito i portieri sono solitari, un po’ musoni. Raccontato i suoi compagni che lei fuori dal campo è un burlone…

«Sono una via di mezzo. Quando mi alleno sono molto serio e professionale. Sono scontroso durante le partite e nel lavoro. Non mi piace scherzare, non riesco a godermi le cose belle che stanno succedendo. Quando vivo la prestazione divento molto serioso. Sono molto cupo».

Beh, somiglia a Mazzarri…

«Sono peggio. Fa parte del mio carattere, viene automatico. Mi piace, mi rendo diverso da tanti altri. Al di fuori del campo, però, so come comportarmi. So divertirmi. So anche comunicare con i giovani anche se ci sono due generazioni in mezzo. Mai andare in contrasto con i ragazzi. È giusto che si godano l’età ma ma con responsabilità».

Tornando a Mazzarri. Il flirt di Moratti con il suo allenatore ha fatto pensare male i tifosi…

«La riflessione che faccio è meno maliziosa e preoccupante. Di complimenti il nostro tecnico ne riceve tantissimi e non solo da Moratti. Purtroppo le belle parole del presidente dell’Inter sono state viste come un interesse verso l’allenatore. Io dico che Mazzarri ha un altro anno di contratto con il Napoli e finché sarà qui non abbasserà mai la concentrazione. Sarà sempre sul pezzo. Così come per Lavezzi, pure per Walter vale la pena spendere una parola in più perché è una risorsa fondamentale per il Napoli. Ce li dobbiamo godere entrambi e ottenere risultati prestigiosi. A me interessa che fino a quando tutti saremo qui dovremo dare il 100%».

Quando è arrivato in azzurro nel 2009 si aspettava di raggiungere così tanti obiettivi?

«Personalmente no. Avendo firmato un contratto lungo pensavo che ci sarebbe voluto del tempo. Speravo che questo potesse essere raggiunto l’ultimo anno. Ed invece addirittura siamo protagonisti in Champions. Tutte le mete sono state conquistate per merito. Ci hanno colto di sorpresa rispetto ai programmi ma poi avendo conosciuto il gruppo non sono state casuali».

A proposito di obiettivi, c’è una finale di coppa Italia da conquistare…

«Beh, è arrivato il momento di alzare un trofeo…».

Alla Marzullo, si faccia una domanda e si dia una risposta…

«Il mio futuro è nel Napoli? Spero di poter rimanere il più a lungo. Dipende anche dalla società che sa che mi piacerebbe continuare. Vorrei finire la mia carriera europea a Napoli. Dopodiché non mi dispiacerebbe andare in America».

Ah, cosa farà da grande?

«Questo è il mio diciottesimo anno da professionista. Ho vissuto intensamente il calcio da quando avevo diciassette anni e oggi non è diverso. Spero di giocare ancora perché mi sento bene. In funzione di questo sono concentrato e lavoro sodo. Una volta appese le scarpette, come già detto, mi piacerebbe godermi di più la mia famiglia. Senza trascurare che per tutta la vita ho fatto calcio e quindi mi auguro che ci sia la possibilità di ritagliarmi un ruolo a livello dirigenziale o in televisione come commentatore. Ma ripeto, ora non ci penso, ci sarà ancora tanto pallone ad altissimi livelli».

Fonte: Il Roma

La Redazione

C.T.

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