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Cori razzisti e “Napoli fogna d’Italia”: NON NE POSSIAMO PIÙ!

Iamnaples lancia un appello ad istituzioni e mass media

La sconfitta subita in casa del Diavolo, ad opera del Milan su un Napoli sicuramente timido, ma la cui prestazione è stata senz’altro influenzata da alcune scelte dubbie da parte dell’arbitro Rocchi, brucia ancora come sale nelle ferite. Negli occhi di ogni napoletano c’è la rabbia, il rancore, il dispiacere di chi si preparava ad un’impresa storica in quel di San Siro.  

Purtroppo la vittoria non è arrivata, sono arrivati 3 schiaffi da parte della squadra di Allegri, tre schiaffi di quelli che lasciano il segno, di quelli che ti scaraventano sulla terra, dopo aver volato dopo aver sentito a lungo l’odore dei sogni. Purtroppo, quando gli azzurri vanno al Meazza, la storia puntualmente si ripete: errori arbitrali, timore da parte del Napoli, con gli avversari che inevitabilmente prendono il sopravvento. Ma anche, e soprattutto, l’atteggiamento ostile da parte dei sostenitori rossoneri verso tutta la città di Napoli. Ed è proprio su questo che la redazione di Iamnaples vuole concentrarsi. Prima, durante e dopo il match che ha richiamato l’attenzione di tantissimi appassionati incollati alla Tv da ogni parte del mondo, sono stati intonati i soliti cori razzisti verso Napoli e i napoletani: “Senti che puzza, scappano i cani, stanno arrivando i Napoletani!”. E ancora: “Napoli merda, Napoli colera, siete la vergogna dell’Italia intera!”. Cori che non lasciano indifferenti i diretti interessati. Ma c’è dell’altro: nella Curva Sud milanista, durante il corso della partita, spunta uno striscione già noto ai tifosi partenopei, “Napoli fogna d’Italia”. Tre anni fa per lo stesso gesto il giudice sportivo Tosel squalificò un anello della curva interista. A questo punto, però, ci si chiede quasi spontaneamente, come questo disgustoso striscione abbia ottenuto l’autorizzazione per l’esposizione dalle forze dell’ordine, così come previsto sin dal decreto Amato e confermato dalle ultime regole inerenti la disciplina negli stadi italiani prodotte da Maroni. Probabilmente una risposta non arriverà. Tuttavia, nonostante l’evidente gravità della vicenda, è quasi incomprensibile il fatto che nessuna delle principali testate giornalistiche abbia denunciato l’accaduto, né tantomeno le grandi Tv dalle quali non si apprende nessuna immagine o segnalazione del fattaccio. C’è la sensazione che l’accaduto sia sfuggito. Ma come mai vengono immediatamente segnalati i cori razzisti verso i vari Balotelli, Eto’o (basti ricordare la sospensione da parte dell’arbitro durante Cagliari – Inter), mentre le offese verso i napoletani (il fattaccio di San Siro, ma anche i “sacchetti” di Udine) passano inosservati?

Napoli e i napoletani sembrano quasi protagonisti di un’opera teatrale di Plauto, che proponeva stereotipi, cliché che non cambiavano, che restavano tali senza muoversi di un passo dalla loro posizione di partenza. Oramai questo atteggiamento nei confronti del Napoli sembra far parte del gioco, ma è un gioco che ai napoletani non piace.

A questo punto, noi della redazione di Casoriadue, ci siamo sentiti in dovere di fare un intervento e lanciare alcuni appelli: dal punto di vista pratico chiediamo al giudice Tosel la squalifica del secondo anello della Curva Sud, così come successo ai tifosi nerazzurri; dal punto di vista culturale, invece, invitiamo da una parte i mass-media a considerare quello dei cori e di altre manifestazioni razziste nei confronti dei napoletani un problema degno della sua importanza, soprattutto per la gravità della cosa; dall’altra cerchiamo l’attenzione delle rappresentanze dei napoletani in Parlamento, delle istituzioni campane affinchè quest’ultime possano trovare rimedio ad una situazione che ha superato i limiti della tolleranza.

Bisogna capire che lo striscione, il coro, sono atti di comunicazione, elementi importanti come può essere un libro, un film, un articolo di giornale stesso, e quindi non ascrivibile ad un contesto esclusivamente calcistico, ma ben più ampio. Napoli ha una dignità, noi non ne possiamo più di essere calpestati!

 

Stefano D’Angelo

 

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