NAPOLI – Giù la maschera: però stavolta per leggere negli occhi ciò che racconta il cuore d’un leone. L’Inler segreto è un bunker che si sgretola con i riverberi solari e che lascia scivolare oltre il muro della riservatezza a piccoli passi: Zurigo-Napoli, passando da Udine, e però portandosi dentro le gocce del Bosforo. Il melting pot in un uomo.
Esamino di cultura cinematografica: cos’è un turco napoletano?
«Un film, una commedia, con un grande attore: Totò».
Cominciamo bene: chi è stato il suggeritore?
«Potrei dire Di Natale, Berardi, Quagliarella, Floro Flores: tutti i partenopei con i quali ho giocato; o anche qualche ex calciatore azzurro. A Udine ce ne sono».
Uno svizzero a Napoli cosa ci fa?
«S’impadronisce di nuove abitudini, si confronta con una realtà diversa ma che si avvicina alle mie origini. In questa città ci vedo molto della Turchia, terra dei miei genitori».
Il primo impatto fu…?
«Spettacoloso. Indimenticabile. Gente ovunque intorno, tanto calore, un modo diverso di essere: io sono misurato, ben introdotto nelle abitudini friulane, per capirci. Qui ho scoperto un universo che mi era sconosciuto, con dei colori unici, abbaglianti, entusiasmanti».
Uomo di mare, chi l’avrebbe detto?
«Amante del mare, del paesaggio che è fantastico. Dino Lamberti, il mio procuratore-amico, avrà il compito di farmi girare la Campania: lui è di Cava de’ Tirreni, potrà portarmi in Costiera Amalfitanta, tanto per cominciare ».
Fuori dal campo, cosa c’è nel quotidiano di Inler.
«La mia compagna, il piacere di stare in casa, di avere i miei due Yorkshire tra i piedi. E poi riposare, quando si può. E girare i luoghi in cui vivo: dunque, conoscere Napoli».
Prima volta al San Paolo dopo quel gol con l’Udinese senza esultanza.
«E stavolta invece, se capita, manifesto la mia gioia. Saranno contenti anche i miei amici tifosi del Napoli, per rispetto dei quali mi controllai quella sera».
E’ arrivato e si è integrato subito…
«Ho rapporti con De Sanctis, Cannavaro e Grava, i primi contatti sono stati con loro. Mi hanno raccontato quel che trasmette la gente, la passione, l’attesa per una partita».
Ci sono voluti più o meno vent’anni per tornare in Champions; l’altro sogno popolare è lo scudetto….
«Milan, Inter e Juve ne hanno vinti. Ora tocca a noi».
Dicono sia uomo di tavola….
«Sono rigoroso: voglio sempre essere nelle condizioni giuste per far bene il mio lavoro. Però a un piatto di pasta, magari pasta fagioli e cozze, non resto del tutto insensibile».
E’ pure uomo di poche parole…
«Ci tengo alla privacy. Il personaggio pubblico, cioè il calciatore, va in campo e risponde lì di sé. Però so stare in gruppo».
Il Re Leone, già.
«Idea nata in maniera del tutto estemporanea al presidente, un vulcano. Chi mi conosce bene, come i miei compagni a Udine, è rimasto stupito. Pure io, non pensavo di arrivare a tanto: però è stato divertente».
Napoli l’ha subito cambiata?
«Ma io a Napoli è come se ci fossi da sempre. Sono due anni che lo scrivete sui giornali; e, giuro ch’è vero, ogni volta che andavo in trasferta, persino con la Nazionale, incontravo napoletani che mi spingevano. Vieni, Gokhan, vieni. Eccomi qua».
Fonte: Corriere dello Sport
La Redazione
A.F.
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