Quattro sfide col Siena quest’anno e lui ne ha giocata solo una. Impreziosita però da un gioiello di gol con successiva moderata esultanza. Ma “scurdammoce ‘o passat” non si poteva, dopo quei tre anni di profondo azzurro con in mezzo una storica promozione. Niente “arciere” perciò, niente freccia scoccata verso la curva quel 22 gennaio: sarebbe stato un gesto inadeguato e irriverente per tutti quei tifosi azzurri che continuano a portarlo nel cuore. Un fatto reciproco ed Emanuele Calaiò ci tiene a ribadirlo. «Bel gol certo, ma il non aver quasi esultato non è stato frutto di costrizione. Ho e nutrirò per sempre un profondo rispetto per i napoletani che mi hanno sempre portato sul palmo di mano. Il gol mi ha riempito di gioia, non lo nego, ma dopo non ho fatto fatica a reprimermi».
A proposito, da dove parte l’arciere?
«Eravamo a cena a Napoli con un carissimo amico e si pensava a un’esultanza inedita, ma che arrivasse dritta al cuore dei tifosi. Ecco l’intuizione: una freccia scoccata da un arco immaginario, destinatari i cuori azzurri».
Non è un pochetto “ruffiano” come si dice da queste parti?
«Affatto. Rispecchiava in pieno il mio amore per la città e i suoi abitanti. Una città che raggiungo spesso nel tempo libero (con la moglie Federica, vomerese, e i figli Jacopo e Giulia ndc) per trovare i suoceri, gli amici e le atmosfere impareggiabili di un posto unico al mondo. Era solo un modo per ringraziare tutti quelli che mi hanno sempre apprezzato e sostenuto».
Domani ci sarebbe stata una nuova opportunità per lei davanti a quel pubblico che ha tanto a cuore.
«Prendiamola così com’è venuta. Dall’inizio del mio infortunio (frattura del perone a seguito di uno scontro con Ceccarelli in Cesena-Siena dell’11 marzo, ndc) ho evitato di drammatizzare, anche se il malaugurato stop è arrivato sul più bello. Cioè quando ero nel pieno della forma e della voglia. Una disdetta, anche perché avrei potuto fare qualche gol in più degli 11 che ho fatto».
Magari di nuovo al Napoli, tra Coppa e Campionato?
«Non mi sarei di certo tirato indietro. Anche se provo più gusto a farli ad altre squadre. Sono uno che pensa soprattutto alla squadra».
Sta lavorando sodo per farsi ritrovare pronto quanto prima vero?
«Certo. Non sto nella pelle. Il decorso dell’infortunio è regolare e ho iniziato a fare degli allenamenti differenziati per affrettare il recupero e farmi trovare pronto all’inizio della prossima preparazione».
Altri due crocevia per il Napoli in una settimana appena. Andando per ordine, lei cosa ne pensa.
«Le due sfide le vedrò di sicuro in tv, perché ho gli allenamenti i lunedì mattina. Napoli di certo più motivato ma con maggiore pressione. Noi, una piccola motivazione ce l’abbiamo. Quella di battere il record di punti salvezza in A. Ne basta uno per arrivare a quota 45. Penso che i miei compagni ce la metteranno tutta. Dal canto mio, tiferò Siena».
All’Olimpico sarà diverso?
«Chiaramente. Anche se mi ha fatto piacere vedere il tricolore sulle maglie della Juve, se non altro per l’affetto che mi lega a Conte, col quale ho conquistato un’altra promozione in A. Ma tra le due scelgo naturalmente il Napoli. Sarà una partita di enorme intensità, difficile da pronosticare anche se, per come la vedo io, si potrebbe arrivare ai supplementari».
Ne ha parlato anche con i suoi ex compagni?
«Non nello specifico. Sento spesso e volentieri Iezzo e Grava, con i quali sono rimasto in rapporto fraterno. Tanto che nel mio ultimo anno di Napoli avevamo in progetto di aprire una gelateria a San Prisco, vicino Caserta. E l’avremmo fatto se fossi rimasto».
Calaiò poteva servire ancora a questo Napoli?
«Non me ne sarei andato per nessuna ragione al mondo, ma l’allenatore la pensava in maniera diversa. Avrei trovato poco spazio. Adesso a Siena mi sento realizzato e posso giocare con continuità».
Non è un mistero che vedrebbe bene sia Sannino che Destro in azzurro.
«Non è che voglia raccomandarli, ma sono due talenti nei loro settori di competenza, e meriterebbero una grande squadra. E il Napoli per me è una grande».
Qualche “spiffero” di partenza invece su Lavezzi.
«Quando ero a Napoli il Pocho mi faceva ammattire. All’inizio era come se si sdoppiasse: in allenamento sembrava uno dei tanti, poi in partita si trasformava. Gran forza fisica, dribbling nel sangue e soprattutto imprendibile. Un vero peccato se dovesse andar via. Ma, a volte si sa, gli stimoli possono cambiare».
Insomma domani come finirà?
«Devo ripetermi. Purtroppo non la vedo facile per il terzo posto, perché il traguardo è legato ad altri risultati, e noi vogliamo almeno un punto. Ma spero che arrivi la Coppa».
Fonte: Corriere dello Sport
La Redazione
A.S.
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