Domenica si gioca l’ultimo turno del girone di andata di Serie A e c’è ormai abbastanza materiale per ricavare qualche osservazione dalla statistica: per quanto visto fin qui, se non ricorrono turnover forzati, infortuni e squalifiche, Mazzarri ripropone sempre, senza pensarci su, la sua formazione-tipo, con modulo e schemi assodati. Tutt’al più ogni settimana va in scena la staffetta fra Dossena e Zuñiga per la fascia sinistra. E per quanto visto fin qui, a determinare l’esito degli incontri degli Azzurri sono stati due fattori: uno, ovviamente, è l’avversario; l’altro, è l’approccio fisico-psichico alla partita. Partendo dal secondo aspetto, nelle sfide sulla carta accessibili si è visto troppo spesso un Napoli molle e distratto, con un atteggiamento agonistico quasi da partitella d’allenamento. Ma proprio la ricorrenza di questo difetto, anche in assenza di impegni europei, fa pensare che il problema non sia banalmente psicologico, né di stanchezza atletica. E allora tornando sul primo dei due fattori menzionati, ovvero l’avversario, c’è da riflettere: è opportuno giocare sempre nello stesso modo contro chiunque? È vero che il Napoli ormai ha un suo assetto – in virtù del quale dovrebbe giocare a memoria, e non sempre questo accade – e c’è da dire che di solito le grandi squadre fanno la partita e impongono il proprio gioco. Eppure anche le big d’Europa hanno dimostrato non di rado di variare modulo e tattica a seconda della squadra che hanno di fronte: è anche logico proporre strategie modellate sui rivali, e non significa adattarsi o rinunciare alla propria identità.
Il Napoli, dal canto suo, ha dimostrato finora di soffrire le squadre ordinate, compatte, veloci, e soprattutto quelle che fanno molto pressing. Quando invece hanno spazio, Hamsik e compagni possono risultare devastanti. Altro problema ricorrente è l’inferiorità a centrocampo: contro avversari che schierano tre centrocampisti in mezzo, o peggio un trequartista, la linea mediana del Napoli va in crisi. In questo girone d’andata Inler ha mostrato di essere poco disposto a sfiancarsi e correre dietro agli avversari: lo si è visto più volte rinunciare alla lotta quando viene saltato. Gargano invece si fa notoriamente in quattro, corre avanti e indietro, ma quando corre avanti non può volare per tornare a coprire, e la squadra abbassa la guardia e resta indifesa. Ma anche in fase di non possesso, se gli avversari avanzano in tre o quattro al centro, l’inferiorità è evidente e i pericoli aumentano vertiginosamente. Senza contare le amnesie della difesa, che ogni tanto tornano con alternanze regolari ed eque: una volta Fideleff, un’altra Campagnaro, un’altra Aronica, un’altra Cannavaro, e se c’è posto, anche Maggio.
Mazzarri, dunque, ha non poco da lavorare. Tanto più per una sfida come quella di domenica, contro il Siena che in casa è insidiosissimo e che viene da una serie negativa e pertanto avrà necessità di punti, e venderà carissima la pelle. La buona notizia è che torna disponibile Lavezzi, e con lui il gioco del Napoli ritroverà velocità e fantasia, oltre al necessario collegamento fra centrocampo e attacco, che nelle giornate storte delle ali – quanti cross ha sbagliato Dossena contro il Bologna? – manca completamente. Il Siena è squadra tosta, schierata con un classico 4-4-2 e non ha evidenti punti deboli: nonostante la posizione in classifica piuttosto allarmante, i bianconeri toscani hanno dato filo da torcere a tutti, mettendo in difficoltà soprattutto le compagini più blasonate. Sannino avrà la rosa quasi al completo e in difesa schiererà l’ex Contini, complice anche l’indisponibilità di Rossettini. Proprio la retroguardia è il reparto più forte del Siena, che ha chiuso ben dodici partite senza subire più di un gol. Anche l’attacco, con l’altro ex Calaiò e il giovane Destro, esploso proprio quest’anno, non lascia a desiderare: chiedere alla Lazio, che proprio nell’ultima del Siena al “Franchi” ha pagato dazio con un pesante 4-0. Infine, al centro del campo il Siena è ricco d’esperienza, con Vergassola uomo di movimento e D’Agostino ad impostare la manovra, e tirare i calci da fermo (attenzione quindi ai falli nei pressi dell’area di rigore!). Squadra quadrata e produttiva in casa, il team di Sannino è dunque un osso duro, da affrontare con estrema attenzione, quella delle partite più impegnative. Il ritorno di Lavezzi è incoraggiante ma la sua condizione è tutta da verificare. La speranza è che Mazzarri escogiti qualcosa per rendere la squadra meno prevedibile e imprecisa, e per rivitalizzare un Inler che ancora non sembra avere un ruolo di valore in questa squadra. Non basta mai sottolineare che le azioni cominciano da dietro e da lì bisogna far girare bene il pallone, per far sì che nell’ultimo quarto di campo arrivi in modo appetibile fra i piedi dei cecchini azzurri.
A cura di Lorenzo Licciardi
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