Dalla scuola calcio “Giuseppe Barbella” di Casoria allo Spezia, in mezzo quattro anni vissuti nel settore giovanile del Napoli prima di essere svincolato ed un’esperienza anche all’Inter, in cui ha giocato anche nella Primavera diretta da mister Stramaccioni. E’ la storia di Gennaro Acampora, centrocampista classe ’94 che rappresenta uno dei talenti napoletani esplosi lontano dal nostro territorio. Il percorso calcistico di Acampora è un’avventura, dalle difficoltà riscontrate con la maglia del Napoli fino al girovagare per tutta l’Italia alla ricerca di una squadra che gli desse fiducia. Ci ha pensato lo Spezia, che ha seguito la sua crescita fino ad inserirlo nella rosa impegnata nel campionato di Serie B. Acampora è venuto a trovarci in redazione e ci ha raccontato in esclusiva la sua avventura, dialogando con noi anche del Napoli, delle prospettive dello Spezia e delle possibilità dei giovani italiani:
Gennaro, il tuo percorso rappresenta una bellissima storia di calcio giovanile all’insegna del senso del sacrificio, dell’abnegazione. Ci racconti un po’ la tua avventura?
“Ho iniziato con i primi calci nella “Giuseppe Barbella” all’età di sei anni, ero ancora un bambino, il calcio era solo un divertimento. Quando avevo dieci anni, ho fatto uno stage con Salvatore Bagni e Diego Armando Maradona, mi sono allenato per una settimana a Cesenatico con loro, è stata una bella esperienza. Nell’estate del 2005 ho avuto la chiamata del Napoli e naturalmente ho firmato. Sono stato benissimo il primo anno, giocavo sempre ed ero il capitano della mia squadra impegnata nella categoria Esordienti. Nella stagione successiva mi sono infortunato a gennaio, ho avuto una distorsione alla caviglia e sono stato fermo per due-tre mesi. Non giocando, ho messo qualche chilo di troppo. Quando ho recuperato dai problemi fisici, non ero più un titolare, mister Nicola Liguori non mi vedeva pronto. Nella stagione successiva, l’allenatore Attanasio mi ha schierato da terzino sinistro ed io ovviamente non ero contento, in questo ruolo non potevo esprimere le mie qualità. Nella stagione successiva sono approdato nei Giovanissimi Nazionali, ma trovavo poco spazio, ho totalizzato circa cinque apparizioni, l’allenatore dava priorità a quelli del primo gruppo, che erano già con lui da tempo. Mi sono sentito un po’ “scartato”, inoltre quell’anno ci fu uno screzio tra l’ex direttore generale del Napoli Pierpaolo Marino e il comitato regionale campano della Figc e il Napoli fu escluso dai campionati locali, molti ragazzi furono costretti a disputare solo tornei ed amichevoli. In virtù di questa situazione, il direttore ci comunicò che se qualcuno voleva andare via non ci sarebbero stati problemi. Io volevo giocare nei Giovanissimi Nazionali, non ero contento e, dopo aver parlato con mio padre, chiedemmo lo svincolo. Il mio allenatore alla scuola calcio, Eduardo Maresca, si mostrò molto dispiaciuto ma il Napoli non si oppose alla nostra volontà”
Dopo l’avventura napoletana, è iniziata una lunga trafila di viaggi alla ricerca di una squadra che ti desse fiducia. Ci racconti le difficoltà di quei giorni?
“Sono stati momenti difficili, quando vedevo che si chiudevano tante porte mi sentivo sfiduciato. La stagione in cui avrei dovuto disputare il campionato Allievi Regionali ero senza squadra, per tenermi in forma andavo a correre nella villa comunale di Ponticelli, il mio quartiere. Ho girato un po’ per l’Italia con mio padre alla ricerca di una mia squadra che mi desse fiducia, alcune società avevano problemi economici, altre avevano già formato gli organici. Sono stato ad Empoli due-tre settimane in prova, sembrava fatta ma per alcune incertezze della società è saltato tutto, poi sono andato al Cesena tramite una persona che avevo conosciuto allo stage con Maradona. Non avevano il convitto, il club romagnolo poteva ospitare dieci ragazzi in albergo ma c’erano già undici e non potevano inserire anche il dodicesimo. Dopo Cesena, sono stato a Padova, dove, però, avevano già costruito la rosa. Dal Veneto all’Emilia Romagna, un altro viaggio; sono stato al Parma, dove si sono offesi perchè mi sono presentato infortunato al provino. La svolta è stata il Genoa, dove andai in prova grazie ad un amico di mio padre. I dirigenti della società rossoblù mi dissero che gli piacevo ma non potevo giocare da titolo nel gruppo ’94 preparato per disputare il campionato Allievi Nazionali, allora mi proposero di andare in una società più piccola, come lo Spezia, per trovare maggiore spazio. A La Spezia ho conosciuto l’ex responsabile del settore giovanile Gladis Conti, dopo due-tre giorni di prova sembravano esserci problemi di convitto ma fortunatamente il direttore sportivo Massimo Varini, ora alla Pro Vercelli, mi inserì in un appartamento con alcuni ragazzi della prima squadra. Mi dissero che non ero in condizione per giocare e che dovevo aspettarmi anche di stare due-tre mesi in panchina. Naturalmente dovevo riprendere la forma prima di scendere in campo”
Cosa hai fatto in quei due-tre mesi? Come hai lavorato a livello fisico?
“Sono arrivato a La Spezia il 21 Ottobre, fino a fine novembre praticamente ho sostenuto il ritiro precampionato. Mentre gli altri giocavano, io facevo doppia seduta ogni giorno. Non ho aspettato molto per giocare, infatti, saltando otto partite ho realizzato dieci gol. Ho giocato da seconda punta e mi sono trovato benissimo negli Allievi Nazionali di mister Battistini. Nella stagione successiva, nella Berretti di Pietro Fusco, ho arretrato il mio raggio d’azione, giocando da centrocampista ed ero più nel vivo del gioco in un ruolo che mi piaceva molto”
In quella stagione ti sei anche tolto la soddisfazione dell’esordio tra i professionisti. Finale di ritorno della Coppa Italia Lega Pro, Pisa-Spezia, che ricordo hai di quel momento?
“Era una partita molto sentita, un derby, fu un’emozione bellissima debuttare in una finale con la squadra che mi ha risollevato dalle difficoltà vissute”
Si parla spesso di dare fiducia ai giovani nel calcio italiano, possiamo dire che la capacità dello Spezia di coltivare il tuo talento mandi proprio questo messaggio?
“Quando sono arrivato allo Spezia ero sfiduciato, cominciavo a credere che veramente non fossi bravo, invece mio padre ci ha sempre creduto e con determinazione sono arrivato nella società in cui sono molto felice di essere”
C’è stato qualche momento in cui tu e tuo padre avete pensato di non farcela?
“No, in realtà ci abbiamo sempre creduto, ma ci preoccupava la difficoltà di inserirti in squadre già avviate, ricordo che eravamo tra settembre e ottobre. La speranza non ci ha mai abbandonato, sono arrivate anche delle proposte di società del Sud ma le abbiamo rifiutate”
Sei andato via dal Napoli nel 2009, nelle società del Nord cosa hai trovato rispetto al club che hai lasciato cinque anni fa?
“Sono arrivato allo Spezia quando era ancora una società piccola, eravamo in C1 e ci allenavamo su un campo di terra. Si vedeva che c’era un progetto, oggi il club è importante, economicamente molto solido. Hanno costruito un centro sportivo bellissimo, il “Federghini”, con una palestra, un ristorante, la sede sociale”
Si possono realizzare strutture all’avanguardia senza avere il fatturato di Inter, Milan e Juventus, militando nel campionato di serie B e costruendo talenti in casa. Lo Spezia invia questo messaggio al calcio italiano?
“Avere dei centri sportivi di proprietà è molto diverso rispetto al girovagare tra più campi, quando ero al Napoli ho girato tra Casoria, Palma Campania, i Camaldoli, è complicato per un ragazzo alternare terreni d’erba sintetica con altri in terra battuta”
Dallo Spezia all’Inter, per due stagioni hai indossato la maglia nerazzurra. Hai partecipato alla vittoria della Next Generation Series, sei stato allenato da Stramaccioni ed hai giocato con ragazzi come Bonazzoli che adesso sono nel giro della prima squadra. Come valuti quest’esperienza?
“E’ stata un’esperienza molto importante, mi ha fatto maturare molto sotto tutti i punti di vista: fisico, caratteriale e mentale. L’Inter è una società di livello internazionale, con strutture all’avanguardia e con allenatori che ti fanno migliorare giorno dopo giorno. Nella prima stagione con mister Bernazzani mi sono trovato benissimo, nei primi sei mesi ho sempre giocato, poi sono stato fermo per uno strappo da fine dicembre a maggio. Ho avuto un po’ di sfortuna ma sono comunque felice di aver fatto quest’esperienza, crescere nella Primavera dell’Inter non equivale a farlo in altre realtà”
L’Inter ha scelto di non riscattare la metà del tuo cartellino. Come hai vissuto questa scelta della società nerazzurra?
“Il riscatto mi avrebbe fatto piacere ma sono contentissimo di stare allo Spezia ora, in ogni caso avrei preferito comunque crescere nella società che mi ha dato fiducia nei momenti difficili”
Nella stagione in corso hai totalizzato otto presenze impreziosite anche dall’assist a Catellani nella gara contro il Catania. Lo Spezia è nelle parti alte della classifica, punta alla promozione in Serie A. Che atmosfera si respira? Ci racconti poi l’esordio in serie B a Vercelli?
“Andare in serie A è il nostro sogno, della squadra, del mister e dello staff tecnico. Naturalmente il campionato è molto difficile ed equilibrato, tutte le partite sono difficili. Abbiamo un allenatore carismatico, che ci trasmette la forza di correre per novanta minuti, e un grande gruppo”
A livello ambientale come ti sei trovato? Si sente l’apporto della vostra tifoseria?
“I tifosi sono sempre presenti, in casa ci trascinano molto e in trasferta sono al nostro fianco, sono venuti anche a Trapani e a Bari. Con la squadra mi sono trovato subito bene, questo gruppo è formato da ragazzi stupendi, nella società ho incontrato persone che già conoscevo, per me lo Spezia è una seconda casa”
Spesso si dice che la Nazionale è il sogno di ogni calciatore. Tu in parte l’hai coronato, giocando con la maglia dell’Under 20 contro la Francia. Quali emozioni hai provato quando sei stato chiamato?
“La maglia azzurra è un sogno che si realizza, ovviamente ho provato un’emozione bellissima quando mi hanno chiamato, ho pensato che quattro anni prima ero a casa. Abbiamo giocato contro l’Under 21 francese, squadra composta da grandi giocatori come per esempio Coman della Juventus. Siamo contentissimo di esserci stato e spero di tornarci”
Sei andato via dal Napoli nel 2009, sappiamo che c’è stata anche la possibilità di tornare ad indossare la maglia azzurra. Ci racconti come è andata e poi una domanda per il futuro: se un giorno il Napoli dovesse richiamare, come ti comporteresti?
“Non giocavo da un anno, c’è stata la tentazione di ritornare nella squadra della mia città ma io ero non molto felice per quest’ipotesi, era più una volontà di mio padre provare a giocarsi questa carta. Non penso ad un’eventuale chiamata del Napoli, sono concentrato sullo Spezia, una società che mi dà tanto ogni giorno. Vorrei arrivare in alto con la maglia dello Spezia ma naturalmente il Napoli è sempre la squadra della mia città, quella in cui sono nato e cresciuto e magari un giorno ci ritornerei”
Tu ce l’hai fatta con lo spirito di sacrificio, la determinazione, la forza interiore. Potresti lanciare un messaggio ai tanti ragazzi che si stanno provando a formare nei settori giovanili e condividono il tuo stesso sogno e alle loro famiglie, protagoniste nei sacrifici e nelle speranze dei giovani calciatori?
“Senza spirito di sacrificio è dura arrivare, si possono avere tutte le qualità ma senza impegnarsi al massimo è molto complicato. Possono sembrare delle banalità ma arrivare al campo un’ora prima, andare a lavorare in palestra, avere un’alimentazione giusta e sempre la testa sulle spalle sono i consigli che mi sento di dare”.
Ecco la video-intervista esclusiva realizzata nella nostra redazione:
A cura di Ciro Troise e Gilberto D’Alessio
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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