“Con questi ragazzi possiamo andare solo a Disneyland”, nella giungla del lunedì sera delle tv locali è emersa anche questa perla di saggezza riguardo alle sorti della Primavera del Napoli. Non c’è esercizio più facile del populismo, della demagogia, del giudizio sommario senza conoscere. Il giornalismo è approfondimento, è ricerca continua, spasmodica della notizia, verifica, osservazione diretta ma, invece, quando si parla di settore giovanile tutti si sentono in diritto di navigare nella scienza del “sentito dire”. Ogni volta è sempre la stessa storia, s’accende il “caso mediatico” e tutti sono pronti a tirar fuori l’esercito dei luoghi comuni spendibili in ogni occasione. “Il Napoli non investe abbastanza, dovrebbe puntare sulle strutture”, ci aggiungiamo il ricordo di Ferlaino e del Napoli degli scudetti e “the show must go on”. Osservazioni giuste ma senza analisi storica sono esercizi di retorica, espressione della presunzione di raccontare ciò che non si conosce. Come si fa a parlare di squadre, ragazzi senza aver mai avuto la curiosità di venire sul posto a vederli giocare?
La sconfitta per 4-1 ad Ascoli, il penultimo posto nel girone C, la rinuncia alla Viareggio Cup hanno rimesso al centro del dibattito le sorti della Primavera. Quel gruppo che oggi dovrebbe andare a Disneyland è composto in gran parte da ragazzi del ’97, la leva che tre anni e mezzo fa a Chianciano nella categoria Giovanissimi Nazionali perdeva 4-1 in finale contro l’Inter di Bonazzoli. Tra i venti componenti della distinta di gara di quella sfida solo otto sono ancora di proprietà del Napoli: Otranto, in campo sotto età rispetto alla categoria, Granata, Aniello Esposito, Bifulco, Fabrizio De Simone, Gennaro De Simone, Selva e Lombardi. Considerando che Bifulco è in prestito al Rimini, Lombardi è stato ceduto al Taranto e Selva alla Frattese, da gennaio il nucleo di quel gruppo nell’attuale Primavera si è ridotto a cinque elementi. Questi dati non lasciano scampo ad interpretazioni, la Primavera che sta disputando la stagione in corso eredita un fallimento di pianificazione tecnica. Lo svincolo massivo e la cattiva gestione di tanti ragazzi hanno svuotato il nucleo di ragazzi ’97 e ’98 del Napoli, patrimonio tecnico del club azzurro.
Gianluca Grava, quando si è assunto la responsabilità della guida tecnica del vivaio del Napoli, è dovuto ripartire dal “deserto”, cercando di rimediare agli errori compiuti trovando rinforzi in giro per la Campania secondo i parametri del budget a sua disposizione. Tale missione non è andata a buon fine, i dodici innesti, considerando la rosa che ha iniziato la stagione in corso, inseriti nel corso degli ultimi due anni non hanno dato la svolta al gruppo guidato da Saurini. Prendere dei ’97 in prestito, togliendo spazio a ragazzi del ’98 che probabilmente nella prossima stagione dovranno disputare la Youth League, non è stata una scelta brillante, lungimirante. I nuovi acquisti non hanno elevato più di tanto lo spessore della rosa e in termini di programmazione futura si è costruito molto poco.
L’organico ha gravi lacune, non è all’altezza del blasone del Napoli ma la sensazione è che non sia neanche da penultimo posto. Le dichiarazioni di Grava (“Sto cercando di tamponare gli errori del passato, mi assumo le responsabilità dai ‘2000 in poi”) e Saurini (“abbiamo una squadra molto giovane, composta da tanti ’98 e dovremo soffrire spesso”) hanno trasmesso il concetto che si trattasse per la società di un periodo di transizione, in attesa che le leve più promettenti del vivaio azzurro possano completare il loro percorso di crescita. Più volte il gruppo ha avvertito una sensazione di sfiducia, rafforzata dal perdurare di risultati negativi e anche di alcune prestazioni non esaltanti. Tale delusione è sfociata poi nello sconforto per la rinuncia alla Viareggio Cup, dopo che l’organizzazione del torneo l’11 gennaio scorso aveva comunicato la partecipazione del Napoli alla sessantottesima edizione della Coppa Carnevale.
La prima responsabilità di un allenatore è quella di “morire” con la squadra, condividere oneri e onori, gioie e difficoltà. Da tempo avvertiamo la sensazione tra Lusciano e Sant’Antimo di un gruppo abbandonato dalla propria guida tecnica, come se fosse l’anno fosse già terminato e la vera sfida fosse non cercare di rimediare i danni ma sfuggire alle critiche, attribuire solo ad altri le responsabilità delle difficoltà patite dalla squadra. Acunzo, Piacente, Milanese e tanti altri innesti non sono i giocatori su cui il Napoli può costruire un ragionamento di prospettiva ma l’organizzazione di gioco, l’identità di squadra si formano a prescindere dai singoli. Dov’è un’idea di proposta offensiva in questo gruppo? Come si possono creare dei concetti tattici condivisi se su diciotto gare ufficiali sono state schierate diciotto formazioni diverse? Il 4-3-3 dovrebbe valorizzare i movimenti senza palla, gli inserimenti negli spazi e, invece, la Primavera azzurra ripropone costantemente un possesso palla sterile non avendo più i Roberto Insigne, i Tutino e i Bifulco che saltavano l’uomo e creavano superiorità numerica.
Penultima in classifica, terzultimo attacco, quintultima difesa, un solo punto conquistato in trasferta ma non c’è mai una svolta. Il “balletto” delle formazioni è sterile, gli esperimenti messi in campo sono falliti tutti: dal regista Ferraro schierato a Formello nel ruolo di terzino destro, dal mancino Piacente dirottato a destra contro il Crotone pur avendo in organico Fabrizio De Simone e Luise che hanno giocato in quella posizione in passato, al trequartista Carcatella posto davanti alla difesa nel secondo tempo di Ascoli. Nelle amichevoli precampionato s’avvertiva la fragilità di questo gruppo che, quando subisce un gol, in tante situazioni si disunisce. Sono passati sette mesi da quelle considerazioni e non si è visto alcun passo in avanti. Questa squadra non ha un’anima, il suo allenatore non gliel’ha mai data. La stagione non è ancora finita, non è ancora tempo di vacanza. La Primavera del Napoli non deve andare a Disneyland ma va costruita una svolta a cominciare dalla sfida di sabato prossimo contro l’Empoli. Le belle avventure nei campionati Under 15 e Under 17 A e B, la svolta intrapresa nel 2016 dalla formazione di Marino nel campionato Under 17 Lega Pro sono segnali incoraggianti per il futuro ma senza una Primavera all’altezza il settore giovanile non ha respiro. Nessuno sfugga dalle proprie responsabilità, è il momento di mettere le mani sul manubrio e pedalare.
Ciro Troise
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