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De Laurentiis e il piano anti crisi: “Facciamo giocare i giovani in Lega Pro”

Il non coraggio dei tecnici sui giovani è figlio di un sistema calcio antiquato

La Lega Pro ha già risposto e da tempo: le «seconde squadre» dei club di A si accontentino dal campionato Primavera. La questione è ricca di aspetti controversi ma le condizioni del nostro calcio obbligano a guardarla uscendo dalle posizioni preconcette. Il calcio italiano è oggi un corpo disarticolato: da un lato la testa, da un altro le gambe, da un altro ancora le braccia. Bisognerebbe rimettere insieme le membra sparse ma è difficile perché il tasso di concorrenzialità e diffidenza che divide le Leghe, al di là dei sorrisi di circostanza, è piuttosto elevato. Un esempio? Ieri al convegno organizzato dalla Lega Pro mancava il presidente della B, Andrea Abodi. Avrà avuto i suoi buoni motivi per essere assente. Ne aveva pochissimi per essere presente visto che i rapporti con il collega Mario Macalli sono molto più che critici (in uno degli ultimi Consigli Federali è andata in onda una lite in piena regola). Bisognerebbe fare Sistema: ognuno dovrebbe avere un ruolo da svolgere. Il calcio è una piramide: la serie A è inevitabilmente il vertice, il motore di tutto, soprattutto finanziario. Non si tratta di dividersi il bottino ma di partecipare ai benefici dopo aver contribuito a crearli.

NUOVO – L’Italia non è un paese per giovani, nemmeno nel calcio. Le cose sono un po’ cambiate negli ultimi anni con i club (soprattutto quelli più grandi) che hanno ricominciato a puntare sui talenti cresciuti nei Settori Giovanili. Ma la mancanza di coraggio di molti allenatori è figlia anche di un sistema che rallenta la crescita dei giovani. Tra il campionato Primavera e quello di serie A non c’è un semplice baratro, c’è un oceano. Che si allarga sempre di più. Di questo bisogna prendere atto. A diciotto anni, se sei un buon giocatore, devi esibirti in un torneo professionistico, quindi competitivo. I campionati di pari età non bastano più, non sono test affidabili per capire se un ragazzo ha le qualità per il grande salto o se invece è una meteora passeggera. La questione è stata affrontata o con forzature o con furbizie. Il tempo delle Multiproprietà è tramontato e le tracce lasciate non sono eccezionali. Ora è stata aperta la strada alle partecipazioni alla luce del sole (ad esempio, la Salernitana di Lotito) ma si tratta sempre di soluzioni parziali. 
SVOLTA – Ci vorrebbe una soluzione coraggiosa. Si evoca il modello-spagnolo, le seconde squadre non più nel campionato Primavera ma in Lega Pro. Non si tratta di difendere il personale orticello, ma di rispondere a una semplicissima domanda: quel modello funziona? E se funziona, lo si può esportare? Con quali accorgimenti, con quali limitazioni? Si cresce di più giocando nel campionato Primavera o in quella che un tempo si chiamava serie C dove il giovane talento è obbligato a fare i conti con vecchi volponi? 
Fonte: Corriere dello Sport
La Redazione
A.S.
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