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Viaggio nel disastro della Primavera retrocessa: una pianta poco e mal curata

Dagli scarsi investimenti della società al disastro tecnico della retrocessione: viaggio nella Primavera

La vita insegna che i risultati sono frutto dell’impegno, dell’attenzione, del desiderio di far crescere un progetto, se una pianta non viene innaffiata muore. La Primavera del Napoli oggi retrocede perché da parte della società la pianta non è stata innaffiata a sufficienza, anzi spesso è stata abbandonata al suo destino. L’Under 19 è la punta dell’iceberg del settore giovanile, la categoria-ponte tra il vivaio e la prima squadra, il passaggio determinante per fare in modo che ci sia un fil rouge dall’attività di base fino ai risultati di cui beneficia il club nella formazione dei giocatori.

Da tre anni il campionato Primavera è cambiato: ci sono le promozioni e le retrocessioni, è aumentato il numero di giocatori più “esperti” da poter utilizzare (in questa stagione i ‘2000), il livello del torneo è diventato molto più competitivo. Tutto è discutibile ma il calcio italiano ha provato a mettere in piedi un processo per dare valore al settore giovanile: riforma delle rose con quattro posti riservati ai ragazzi formati nel vivaio e campionato Primavera più tosto con l’obiettivo anche di spingere i club ad investire di più sia nel settore giovanile che nello scouting.

Il Napoli non ha mai colto questo cambiamento e ha lasciato per scelta societaria la stessa inerzia negli investimenti sul settore giovanile. Basta ricordare qualche dato: il club di De Laurentiis mette a disposizione del vivaio circa 2 milioni di euro, l’Inter, la Juventus, il Milan, l’Atalanta vanno oltre i 10 milioni. L’Inter ha circa 60 giocatori a convitto, il Napoli oscilla sotto i 15.

La società partenopea non ha un centro sportivo di proprietà, non predispone un servizio di navette interno per i ragazzi del territorio, destina poche risorse allo scouting internazionale, ha opportunità limitate riguardo al convitto, è inevitabile che tutto ciò non abbia conseguenze sul campo. Basta consultare Transfermarkt e rendersi conto che la Primavera del Napoli esprimeva un organico dal valore di 575 mila euro, soltanto Lazio e Pescara sono dietro in classifica.

NON È SOLO QUESTIONE DI SOLDI

Attribuire il disastro della Primavera retrocessa con 13 punti in 21 partite soltanto alla penuria d’investimenti sarebbe parziale e riduttivo. Manca un progetto di crescita, si vivacchia anno per anno nonostante il campanello d’allarme del 2018, quando il Napoli si salvò all’ultima giornata, grazie al talento di Gianluca Gaetano, al supporto del fuori quota Ounas dalla prima squadra e alla spinta degli ultras della Curva B al centro sportivo di Sant’Antimo.

Il passaggio dall’Under 17 alla Primavera 1 è molto complesso, il primo passo per valorizzare almeno le risorse che arrivano dal percorso interno sarebbe la formazione della squadra Under 18, una realtà cuscinetto per non disperdere i ragazzi che non sono ancora pronti sotto il profilo fisico e mentale.

La Primavera diretta prima da Baronio e poi da Angelini aveva poco talento ma era all’altezza di altre squadre che la precedevano in classifica, è stata deludente sotto il profilo mentale. Quest’aspetto meriterebbe una riflessione: siamo conosciuti come la terra degli scugnizzi svegli, capaci di reagire alle difficoltà. Ricordo Izzo, Lorenzo e Roberto Insigne, Sepe, ragazzi che non avevano solo qualità ma anche personalità, questi giocatori (in campo ci andavano loro) non hanno retto le pressioni, non hanno trovato la forza interiore di reagire all’inerzia negativa. È una tendenza ricorrente anche nelle altre categorie, un aspetto poco considerato. La personalità anche s’allena, alzando il livello sin da piccoli, organizzando tornei competitivi all’estero come fanno realtà come la Roma per esempio.

QUEL MERCATO NON ALL’ALTEZZA

Perdere Gianluca Gaetano per la Primavera del Napoli era una sfida complessa, lo sapevano tutti, basta guardare i numeri: in due anni e mezzo 43 gol e 25 assist hanno fatto in modo che l’epilogo della retrocessione non arrivasse prima. Era l’occasione per rilanciarsi, bisognava ricostruire una squadra con interventi sul mercato all’altezza delle difficoltà da affrontare. Da mesi ci poniamo delle domande: Vianni è un buon giocatore ma il miglior acquisto per dare forza all’attacco può mai essere un ragazzo che arriva dalla Berretti della Virtus Entella? Perché s’insiste nel vizio di trascinare i ragazzi per tre stagioni in Primavera come avvenuto con Manzi, Senese e Palmieri? Piuttosto che le plusvalenze sui generis col Lille, perché non c’è la volontà d’investire su ragazzi di valore da far crescere e valorizzare come contropartite tecniche sul mercato? Perché non inserire nelle trattative della prima squadra anche dei giocatori per la Primavera? Quale club è più lungimirante: il Bologna che investe su Cangiano e Juwara o il Napoli che senza progetto precipita in Primavera 2?

Il Milan e la Lazio hanno vissuto la stessa disavventura, sono rientrate subito in Primavera 1, stavolta sarebbe giusto che il Napoli prendesse quest’impegno. Ma non il solito Grava comandante della nave in tempesta o il nuovo arrivato Valoti ma tutta la società: dal presidente De Laurentiis all’ultimo dei ragazzi che indossano questa gloriosa maglia, sempre la stessa dalla Champions League all’Under 11.

 

Ciro Troise

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