Quattro, cinque, sei, sette… forse anche otto. Ore ed ore di fila, fuori la ricevitoria di quartiere, sperando di prendere quel tanto desiderato biglietto. “’O Real Madrìd!” Più che una partita, un vero e proprio evento. Uno di quelli che, come spesso succede a Napoli, è in grado di far parlare per giorni, settimane, mesi. Di catalizzare l’attenzione di una città (e provincia) intera. La spasmodica attesa e la speranza di essere uno dei 60mila fortunati che riuscirà a prendere il tanto agognato tagliando.
I prezzi sono alti, forse un po’ troppo, o forse semplicemente in linea con l’importanza dell’evento. I prezzi popolari della Sudtribune di Dortumund (il celebre “Muro Giallo”) sono lontani da un calcio italiano che, nonostante impianti da terza serie sudamericana, continua ad alzare i costi a livello degli stadi-teatro della Premier, per un pubblico composto sempre più da spettatori e meno da tifosi. Ma se i costi chiesti al tifoso, sia esso “fedele” o “occasionale”, sono sempre più gravosi altrettanto non si può dire dei servizi che le società offrono loro.
Prezzi da Champions, ma organizzazione da serie dilettantistica. Lo possiamo dire? Certo! È da poche ora iniziato il 2017 e sul versante vendita biglietti sembra essere rimasti agli anni ’90. Anzi, peggio degli anni ’90. Che poi a Napoli, vuoi per il calore e per l’evento, vuoi per l’esponenziale disorganizzazione societaria su alcuni ambiti, questo si sia amplificato è fuori di dubbio.
In un epoca di ticketing on-line, di PayPal e di contactless è a dir poco incredibile dover assistere alle solite scene di gente accampata fuori le ricevitorie, terminali “stranamente” in tilt e Polizia costretta a “dare i numeretti”, manco fossimo al banco salumeria del supermercato. Il tutto condito dall’immancabile secondary ticketing, con biglietti apparsi poche ore dopo sui più disparati siti per essere rivenduti a cifre esorbitanti.
Chiariamo, quello del secondary ticketing è un problema che purtroppo è presente in Italia ad ogni grande evento. Basta ricordare le polemiche seguite alla vendita dei biglietti del concerto dei Coldplay a Milano. Anche qui sold out in poche ore e rivendita di biglietti al prezzo di uno stipendio. Ma è possibile che non si riesca a trovare una soluzione? O quanto meno un modo per arginare il problema.
E pure tu, caro Napoli, non è che ti sei messo d’impegno per migliorare la situazione. Prima la vendita in due tronconi, poi l’anticipo al 2 gennaio. E le agevolazioni per i possessori della Tessera del Tifoso? Niente! A parte la possibilità, se si era abbonati e possessori di Tessera, di poter fare il biglietto on-line. Giusto quindi premiare gli abbonati che hanno diritto ad agevolazioni in quanto “sempre presenti” e di conseguenza con la teorica possibilità di prelazione. Ma quelli che avevano solo la Tessera? Già, quella Tessera tanto odiata. La stessa che la politica presentò come panacea di tutti i mali del tifo calcistico e che, a distanza di anni, si è rivelata l’ennesima mossa all’insegna del “vorrei ma non posso”.
Qualche altra domanda ancora: ma la seconda tranche di vendita, quella a prezzi maggiorati, ci sarà? Sono rimasti altri biglietti? Il match è completamente sold out? Perchè, a distanza di 24 ore dall’apertura della vendita dei tagliandi, la SSC Napoli mantiene ancora il silenzio? Che sul fronte comunicazione il Napoli dovesse migliorare è risaputo, ma non emettere nemmeno un comunicato dopo quanto visto ieri, e con molti interrogativi ancora aperti, è davvero una scelta “vincente”? Tante sono le domande che tifosi e addetti ai lavori hanno in mente!
Se sul campo e sul mercato (soprattutto quando si tratta di fare plusvalenze) la SSC Napoli si dimostra una società che “ci sa fare”, in altri ambiti siamo pericolosamente indietro. Comunicazione, gestione dei social, stadio, settore giovanile e vendita dei biglietti rappresentano sempre il tallone di Achille di una società che non vuole diventare grande. Vuole vivere in un’eterna adolescenza, prendere bei voti a scuola, senza mai riuscire a fare l’esame di maturità.
Ma il resto d’Italia non si senta assolto. Napoli, come sempre, nel bene e nel male, è solo un’esagerazione di ciò che succede anche in altre parti d’Italia. Abbiamo parlato del fallimento della tessera del tifoso. Parliamo anche del resto: il fallimentare metodo di vendita dei biglietti è un qualcosa che accomuna tutti i club. Chi più chi meno è sempre alle prese con problemi per certi versi atavici come il bagarinaggio o il “regalo” di tagliandi in cambio di una pax da stadio (vedi il recente caso dell’infiltrazione della ‘ndrangheta nella vendita dei biglietti per lo Juventus Stadium). E’ proprio un calcio, quello italiano, che, come detto in apertura, vuole guardare al sistema inglese senza però possedere le capacità (e le volontà) per imitarli. Parlare di stadi di proprietà quando poi la burocrazia blocca tutto e quando nei pochi casi in cui ci sono o sono frutto di presidenti “con i soldi” (Sassuolo) o di manovre poco chiare riguardo l’acquisizione di terreni (Juventus) sa tanto di presa in giro. Il desiderio di apparire un sistema moderno che si scontra con la realtà dell’incapacità di venire incontro al tifoso (o, come alcuni preferiscono definirlo, lo spettatore-consumatore). Il voler cercare di vendere un prodotto marcio, ma tirato a lucido, senza che però si faccia nulla affinchè il consumatore finale (e mi duole definire il tifoso semplice consumatore) possa essere agevolato nel suo acquisto.
Soluzioni? Ce ne sarebbero. Il problema è uno: la volontà. E fino a quando non si tornerà a capire che l’intera baracca del calcio si regge su chi fa la fila quattro ore all’esterno di una ricevitoria e non su chi compra un cartellone allo stadio per far stampare il nome della sua azienda sarà però inutile proporle…
Servizio a cura di Giancarlo Di Stadio
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