La sconfitta con il Milan ha messo in luce diversi aspetti che non vanno in casa Napoli. La condizione atletica non ottimale, l’inferiorità tattica e tecnica rispetto ai rossoneri (limitatamente alla sfida del San Paolo, s’intende), una mentalità fragile e, in ultima analisi, il rendimento di alcuni azzurri che diventa un vero e proprio dilemma. Tra questi, figura sicuramente Fabián Ruiz.
Assodato che già solo mettere in discussione le qualità dell’ex Betis rasenta la follia, tuttavia la sua incostanza di rendimento, che è reale ed evidente, ha fatto storcere il naso ai più ed è ora un discorso che va affrontato seriamente. In primis dallo stesso Fabián, bisognoso di esser sincero con sé stesso e far chiarezza: se il problema non è di modulo quanto piuttosto psicologico (per desiderio di andare altrove, ad esempio) può saperlo solo lui, ma gli tocca far chiarezza. In secundis Gattuso. Il tecnico azzurro forse dovrebbe fare un passo indietro e chiedersi se lo spagnolo può effettivamente interpretare al meglio il ruolo da lui richiestogli.
Ciò che possiamo fare noi altri è basarci sui fatti di campo, gli unici che tutti siamo in grado di vedere e giudicare più o meno correttamente. Ci proveremo allora confrontando il gioco di Fabián Ruiz a seconda dei due contesti in cui si ritrova, ossia la nazionale spagnola e il Napoli, prendendo in esame le sfide contro Germania e Milan.
SPAGNA – Oggetto dell’analisi sarà la sfida di Nations League contro la Germania di Löw, la più recente. La squadra teutonica viene letteralmente travolta dagli uomini di Luis Enrique. Un 6-0 che parla da sé e che denota un totale disorientamento dei tedeschi di fronte al gioco pulito e devastante degli avversari.
All’atteggiamento guardingo e passivo degli ospiti – a cui bastava il pareggio – schierati col 4-5-1, la Spagna ha contrapposto un 4-3-3 decisamente più fluido ed attento in entrambe le fasi di gioco. Oltre all’estrema fluidità del palleggio, i padroni di casa hanno applicato un aggressivo e preciso pressing a uomo che di fatto ha impedito ai rivali di risalire. Risultato: la Germania ha perso una valanga di palloni ed ha faticato ad arrivare nella metà campo avversaria. 4-3-3, quello proposto da Luis Enrique, che ha sfondato ed affondato i rivali in tanti modi. E se c’è un ruolo da elogiare particolarmente quello è proprio il centrocampo.
Rodri, Koke e appunto Fabián Ruiz (entrato al posto di Canales dopo pochi minuti) hanno disputato una gara sontuosa in tutte le zone del campo: oltre all’estrema pulizia tecnica del loro fraseggio, erano in costante movimento con rotazioni che mandavano fuori giri il pressing tedesco. Decisivi soprattutto i movimenti a venir incontro dello juventino Morata, che hanno aperto vere e proprie praterie tra le maglie della Germania con cui i centrocampisti spagnoli sono andati a nozze. Ciò ha esaltato le caratteristiche dell’azzurro, che ha impreziosito la sua serata con uno dei tre assist (due su calcio d’angolo), quello per il gol del 4-0 di Ferran Torres (minuto 3.12 del video)
https://www.youtube.com/watch?v=J4lF0vsnv10
NAPOLI – Di contro, prendiamo in analisi invece l’ultima prestazione di Fabián Ruiz in ordine temporale, quella contro il Milan. Chiaramente più sopraffino palla al piede, Gattuso ha individuato nello spagnolo l’uomo giusto per affiancare il più roccioso Bakayoko nel 4-2-3-1. Complici anche le assenze prolungate di Zielinski ed Elmas, il tecnico azzurro ha affidato a lui la bacchetta per dirigere l’orchestra, convinto che con le sue doti balistiche riuscisse a far girare la squadra a dovere. Pensiero che è poi sbattuto in faccia alla realtà, la quale ha rivelato l’inadeguatezza dell’ex Betis in quel ruolo.
In primo luogo a causa della sua poca rapidità nelle movenze. Il numero otto del Napoli è lento nel far girare la sfera in fase di costruzione e non ha il passo per tamponare le offensive degli avversari al momento di ripiegare, specie Theo Hernandez come evidenzia l’azione del primo gol rossonero. Commette poi tanti, troppi errori negli appoggi per uno che tratta la palla con estrema nobiltà, segno evidente del disagio che prova nell’occupare quella zona di campo, il che incide inevitabilmente sulla qualità delle sue giocate.
In secondo luogo (ma questa è una visione tutta personale, quindi suscettibile di critiche ed appunti), ciò che maggiormente spinge verso il basso l’asticella del rendimento dello spagnolo è la lontananza dalla porta. Chi sa toccare il pallone con tanta qualità, e lo ha dimostrato, necessita di vedere e sentire molto l’area di rigore avversaria. Allontanarlo da quella porzione di campo soffoca la sua creatività e genera solo altra confusione nella mente del centrocampista azzurro, che quando arriva lì, forse perché stanco o per timore di perdere la posizione e concedere il contropiede in campo aperto ai rivali, si ritrae. E’ dotato anche di un gran tiro, eppure nel momento clou non azzarda la giocata e se la azzarda sbaglia malamente l’esecuzione.
In conclusione, chiaro è che il compito di risolvere la questione è di Gattuso, ovviamente più esperto del sottoscritto che sommessamente può solo che imparare da lui. L’analisi offerta non voleva altro che mettere in luce alcune delle possibili cause dell'”altalena” nel rendimento di Fabián Ruiz, giocatore il cui valore assoluto resta altissimo e che, se messo nelle giuste condizioni, può fare la differenza.
Lo ha già fatto con la Spagna Under 21 vincendo l’Europeo nel 2019 da protagonista e venendo riconosciuto dall’UEFA come il miglior calciatore della competizione con tanto di premio. Il Napoli ha tra le mani un patrimonio del calcio e Gattuso lo sa, deve solo saperlo sfruttare.
A cura di Giuseppe Migliaccio
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