In amore, tra mito e realtà, esiste la leggenda della crisi del settimo anno. Nel Napoli, invece, è prassi abbastanza diffusa la crisi del secondo anno nel rapporto tra De Laurentiis e gli allenatori. È sfuggito Mazzarri a quest’abitudine, anzi le prime scosse sono arrivate alla fine della seconda stagione alla guida del Napoli, quando Walter voleva andar via ed era già in arrivo Gasperini. Si sono poi imbattuti più o meno tutti in questa dinamica, anche Sarri. Nel 2016, la seconda estate di Maurizio sulla panchina del Napoli, arrivò la cessione di Higuain con Sarri che, mentre s’avvicinava l’inizio del campionato, sottolineava che il valore assoluto della squadra fosse calato.
Nelle difficoltà poi il Napoli si è esaltato perché dopo il primo infortunio di Milik viene fuori l’intuizione Mertens centravanti (sperimentata già in ritiro) e nasce la squadra più bella, quella che dalla notte di Madrid fino all’epilogo della stagione dei 91 punti incanta tutti nel mondo, diventa manifesto di bellezza ed entusiasmo. La risposta è stata meravigliosa ma la crisi ci fu con un’estate traumatica.
Historia magistra vitae per Adl e Spalletti: la lezione di Benitez e Ancelotti
Non riuscirono a superare la crisi del secondo anno Benitez e Ancelotti. Dopo l’ottima prima annata, Rafa s’aspettava di migliorare l’organico a sua disposizione, si trovò con Rafael al posto di Reina e nella ricerca dei rinforzi a centrocampo si passò da Mascherano a David Lopez, ufficializzato la mattina di Athletic Bilbao-Napoli. La crisi era già dilagante, Benitez aveva detto che non sarebbe stata una tragedia perdere il play-off di Champions e, dopo la sconfitta di Bilbao, era pronto a dimettersi, lo fermò De Laurentiis.
Tutta l’annata fu vissuta nel contesto di una guerra di posizione fino a quando Benitez non raggiunse l’accordo con il Real Madrid e organizzò la separazione. Sul campo si andò avanti e l’annata si chiuse male ma alcuni episodi potevano farla diventare magica: a dicembre arrivò la Supercoppa, si perse la semifinale di Coppa Italia con un gol di Lulic in fuorigioco, quella di Europa League con lo scandalo della rete concessa al Dnipro a Fuorigrotta e il rigore di Higuain contro la Lazio avrebbe potuto cambiare le sorti del campionato, acciuffando il quarto posto.
Ancora peggio è stato il secondo anno di Ancelotti, un trauma che dovrebbe fungere da lezione per la gestione dei rapporti interni. Sul mercato ci sono tre linee diverse, De Laurentiis, Giuntoli e Ancelotti non hanno unità d’intenti. L’attuale allenatore del Real Madrid voleva accelerare sul rinnovamento, il Napoli conservò la sua ossatura e molto presto ci furono difficoltà di relazione sulla filosofia di calcio da proporre tra la squadra e Ancelotti. I risultati in campionato furono pessimi, il Napoli, quando fu esonerato Ancelotti, aveva solo 21 punti dopo quindici partite e soprattutto il 5 novembre ci fu l’ammutinamento.
L’unità d’intenti è la luce, Spalletti va ascoltato
A cosa serve questo excursus? Historia magistra vitae, con Spalletti bisogna evitare la crisi del secondo anno. Le divergenze percepite negli ultimi giorni hanno ricordato quelle pagine buie o almeno il rischio di sprofondare di nuovo in uno scenario non armonico. De Laurentiis ha voluto trattenere Spalletti come da contratto, l’ha anche stuzzicato sulla ridicola invocazione della napoletanità, con la sapiente risposta dell’allenatore sul camper.
Il gestore del gruppo è Spalletti, che sarà a Castel Volturno tutti i giorni a dover seguire umori, fare scelte, relazionarsi con le pressioni. Tocca, quindi, a lui avere voce in capitolo sul Napoli che verrà.
I segnali inquietanti ci sono: la mossa Bernardeschi è sembrata una fuga in avanti di De Laurentiis, l’eventuale virata su Meret non può mai rendere felice un allenatore che nell’ultima stagione ha puntato su di lui solo in Europa League.
Bisogna ritrovare la luce dell’unità d’intenti e dribblare il buio della crisi del secondo anno.
Ciro Troise
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