Giovanni Simeone, attaccante del Napoli, ha rilasciato un’intervista a La Repubblica: “Ovvio che vorrei rimanere a vita a Napoli, ma dipenderà da me essere sempre all’altezza della situazione. Il riscatto mi ha reso felice, questo è il mio posto nel mondo e vincere qui da argentino è stato davvero speciale. Ho sgomitato nel calcio per dieci anni e so come vanno le cose. Mai sedersi. Non mi è ancora mai successo di sfidare il Cholo, chissà. Mi sento che una squadra spagnola ci toccherà, forse davvero l’Atletico Madrid di mio padre. Nel caso farò il massimo per batterlo, però: di questo sono certo. La Champions è una competizione durissima e va preparata senza porsi un traguardo di partenza, secondo me, ma affrontando ogni partita come se fosse una finale. Nella scorsa stagione abbiamo ragionato così e il Napoli è arrivato ai quarti di finale. Ci avviciniamo di nuovo alla Champions con ambizione e allo stesso tempo con rispetto. Stessi obiettivi in Serie A? In assoluto sì, ma nello specifico saremo noi questa volta la squadra da battere per tutti, dopo aver vinto lo scudetto. Per il Napoli sarà un campionato ancora più difficile e bisogna dare il massimo, in ogni partita. Abbiamo ancora fame, però. Tanta. Devo farmi trovare sempre pronto, aspettando che ci sia bisogno di me, come è successo nella stagione scorsa in campionato e in Champions League. Non mi sento sminuito da gregario, ognuno di noi ha il suo ruolo decisivo, nel gruppo. Nel calcio ho sempre fatto da me, ma chi sono diventato nella vita lo devo soprattutto ai miei genitori. Mio papà, il Cholo, mi ha insegnato che davanti alle difficoltà non si molla mai. Da mia madre ho imparato invece l’importanza della meditazione, a cui dedico del tempo ogni giorno. Mi rende più forte. Il soprannome Cholito? Ormai ho la mia identità e dopo dieci anni di carriera da professionista sono felice di essere soprannominato il Cholito, anche se non è stato facile uscire dall’ombra di un papà campione e soprattutto all’inizio mi sentivo sempre sotto esame: molto di più dei miei coetanei. Poi però l’ho accettato e sono andato avanti senza altri condizionamenti, nel bene e nel male: è da un bel po’ che ho fatto pace con l’etichetta di figlio d’arte. Alla Fiorentina ero compagno di Fede (Chiesa ndr) e abbiamo confrontato le nostre esperienze: abbastanza simili. È bello quando i sacrifici sono ripagati, nel mio caso con lo scudetto a Napoli. Ho sempre creduto in me stesso e sapevo di poter arrivare a questi livelli. A 13 anni ho chiesto ai miei genitori il permesso per tatuarmi il simbolo della Champions League sull’avambraccio, come lo aveva all’epoca Eto’o. Nella scorsa stagione l’ho giocata e ho anche fatto gol, contro il Liverpool. È un altro cerchio della mia vita che s’è chiuso. Garcia? Vale per me e anche per tutti i miei compagni di squadra. Con un nuovo allenatore, quando c’è un cambio in panchina, bisogna creare in fretta la giusta connessione. Rudi è molto motivato, sa di avere un gruppo forte ed è bravo a gestire lo spogliatoio. Ma faremo bene solo se la sintonia tra le idee di Garcia e lo spogliatoio sarà totale. Le prime due vittorie in questo senso ci hanno messo nella direzione ideale. Spalletti in nazionale? Molto bene. Mi fa piacere per lui, perché Spalletti è un grandissimo allenatore. Uno dei migliori in assoluto. È molto serio, concentrato sui dettagli, cerca sempre di ottenere il massimo da tutti i giocatori. Ci dimostrava in ogni passaggio quanto fosse importante per il Napoli. Farà bene anche da ct, ne sono certo. Ha tanta esperienza e spero che l’Italia cresca grazie alla sua guida. Ho appena tagliato il traguardo dei miei primi dieci anni nel calcio e sento di poter migliorare ancora: è stato sempre un crescendo, per me, da quando ho scoperto la meditazione. La meditazione mi ha cambiato la vita. Ho iniziato a farla quando sono arrivato in Europa, a 21 anni. Prima la praticavo di tanto in tanto, vivendo da solo. Proprio grazie alla solitudine ho imparato a stare con me stesso e a conoscermi sempre meglio. Poi ho scoperto gli effetti di una corretta respirazione anche sul campo. Ho letto libri e ho capito tante cose, fino a quando ho deciso di avere una maestra di yoga a Verona. Il lato interiore è fondamentale per i successi e pure nello sport . Devi stare bene con te stesso per stare bene con gli altri. Medito ogni sera per una ventina di minuti. E sto bene. La vittoria dello scudetto non è stato un exploit, perché abbiamo vinto il campionato con un vantaggio di 16 punti in classifica e non in modo estemporaneo. Nel Napoli ci sono dei talenti di valore assoluto. Osimhen è tra i primi cinque centravanti più forti del mondo, con dei margini di crescita ancora enormi. Kvaratskhelia è un attaccante fenomenale, come ce ne sono pochi in circolazione. Ma quasi nessuno ha la classe e il senso del gioco di Zielinski: davvero un top player. Io ho un debole per Zielinski: ha una qualità assoluta. Lo vedi in allenamento. Lui deve creare, al di là di un gol o di un assist. Festeggiamenti a Napoli dopo la vittoria del Mondiale dell’Argentina? Non avevo proprio dubbi. Ho pensato di unirmi anch’io ai caroselli, poi ho ritenuto opportuno evitare. Ma col cuore c’ero. Murales di Maradona? Sono andato a vederlo dopo la vittoria dello scudetto. Conosco l’artista che lo ha realizzato, un mio connazionale. È stato un grande onore. E ovviamente poi sono andato a trovare Diego. Vincere uno scudetto qui proprio come lui è qualcosa che non dimenticherò mai”.
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