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“Seimilacinquecento lire, trasferta tutto compreso!” La nostalgia per quel Roma-Napoli che non c’è più

Un volantino di un vecchio Roma-Napoli e il fenomeno della nostalgia di un calcio che non c'è più

Spesso capita, osservando le foto di una volta, di esclamare il classico “come si stava meglio”. C’è chi si commuove guardando Maradona, rievocando ricordi di epiche partite, tra un Borghetti, una radiolina sulla spiaggia o un 90° minuto da vedere di corsa, dopo la partita delle 15 allo stadio. C’è poi chi, come il sottoscritto, è nato giusto dopo la fine dell’epoca di Maradona, e quindi anche uno Stefan Schwoch va bene. Quelli che hanno visto la nascita delle pay-tv, di Stream e Tele+. Gli ultimi fuochi di 90° minuto, ma niente Maradona. Anzi, lo si seguiva nella speranza che, nei pochi minuti dedicati alla Serie B, ci fossero anche le immagini del Napoli.

È normale, il prima è sempre meglio. Forse perché a molti evoca un periodo più felice della propria vita. Tra 10-15 anni anche i capricci di Neymar e la DAB di Pogba verranno visti con “nostalgia”. È normale, fa parte della vita. E così, anche quelli un po’ più che bambini, che inorridiscono davanti a chi abbozza un sorriso con Roby Baggio e il dualismo Totti-Del Piero in nazionale, faranno lo stesso con Icardi, Belotti e Insigne. È normale, ripeto.

Nei giorni scorsi sui social è iniziata a circolare una foto. È la foto di un vecchio volantino di una trasferta all’Olimpico per un Roma-Napoli di parecchi anni fa. Subito tra i commenti è partita la gara a chi indovinasse l’anno. “Seimilacinquecento lire, trasferta tutto compreso!”. Pullman, panino, colazione, frittatina e anche bibita. Tutto per il corrispettivo degli attuali 3,60€ (ammetto di aver arrotondato parecchio), roba che adesso non ci paghi nemmeno due lattine di Coca-Cola fuori lo stadio.

Subito è scattata la nostalgia, il ricordo di un calcio ce non c’è più. Di un mondo che sta svanendo. L’idealistico mondo pallonaro di una volta che cede sotto i colpi di divieti, tessere del tifoso e pay-tv. Il ricordo di quello che era un rito: il raduno, il pullman, la trasferta e il settore ospiti. Di quando il calcio era il più grande strumento di aggregazione sociale invece che il quarto settore economico del paese (si: dopo servizi, industria ed agricoltura la cosa che in Italia fa girare più soldi è il calcio).

Roma-Napoli e Napoli-Roma è forse l’emblema di quello che non c’è più. Un gemellaggio da anni svanito in luogo di una rivalità che assume i contorni di un odio che, addirittura, ha lasciato un morto per le strade. Come erano belli i tempi in cui per “seimilacinquecento lire” potevi goderti una sana trasferta all’Olimpico. Senza tutti questi discorsi. Senza il giochiamo alle 15 per ordine pubblico, ma no facciamo alle 20,45 perché le tv vogliono così. E le tv pagano, e mantengono in piedi tutto questo circo.

Sponsor, pubblicità, sceicchi che di punto in bianco sborsano 220 milioni. Il mondo del pallone è cambiato. Era uno sport che significava appartenenza. È diventato uno sport che significa guadagni. Milioni e milioni che girano, che non si sa se siano o meno reali, ma che i presidenti se li passano di mano. 60, 70, 80, 200 milioni, prezzi inflazionati che fanno sentire i poveri tifosi, il popolo della maglia tarocca (una volta sulle bancarelle, oggi sui siti cinesi), della Champions al pub (perché avere due abbonamenti pay è una follia).

E rimpiangere i tempi delle “seimilacinquecento lire, trasferta tutto compreso!”. Di quando Roma-Napoli non era una guerra, di quando i problemi del calcio erano “chi vince lo Scudetto” e non “perchè così pochi cinesi hanno visto Spal-Benevento?”. Ridare ad una generazione il “loro” calcio sappiamo che non è possibile. Almeno lasciate che davanti ad un “seimilacinquecento lire, trasferta tutto compreso” possano dire che quello moderno è sempre meno calcio e sempre più business.

A cura di Giancarlo Di Stadio

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