Maurizio Sarri, tecnico azzurro, ha rilasciato un’intervista al Corriere dello Sport. Ecco quanto dichiarato:
Sarri, che anno che se ne va…
«Bello, emozionante, come neanche io avrei pensato potesse essere a san Silvestro. C’è dentro di tutto: il girone di ritorno fantastico con l’Empoli, la salvezza anticipata, la partenza con qualche problemino a Napoli ed ora questa striscia di risultati, in campionato e in Europa».
Si sente «diverso» dentro?
«Per niente. Conservo i miei rapporti con tanti giocatori del passato, di quando ero tra i Dilettanti. Alla domenica sera vado su Televideo a vedere i risultati delle mie ex squadre. Sono felice, ma sono me stesso. E non ci sarebbe nessun motivo per cambiare».
Chiude il 2015 al secondo posto.
«E non mi modifica la prospettiva, né la vita. So che la stagione sarà lunghissima, ma queste non sono fase banali: non mi perdo dietro questo periodo entusiasmante, so che ci sarà tanto da lavorare ancora. Le insidie non mancano, anzi».
E’ tornata la Juve?
«E non ho mai pensato fosse sparita. Se c’era una certezza in me, era questa. E’ chiaro che hanno avuto un momento in cui hanno perso qualche riferimento, ma avevano dovuto inserire alcuni uomini, operazione mai agevole; poi può darsi avessero anche la pancia piena: ma ci sta, visto quello che hanno vinto. Quando si sono rimessi a giocare, rieccoli qua: i favoriti per lo scudetto sono loro, perché chi è abituato a vivere a quelle quota, sa come si affrontano poi certi pericoli».
La sconfitta dell’Inter le ha detto che….?
«Premessa: io non l’ho vista, perché ero di rientro da Bergamo. Ma è la conferma che questo è un campionato assai equilibrato».
Dà più spessore, eventualmente ce ne fosse bisogno, ad alcuni vostri successi?
«Assolutamente no: ribadisce concetti e convinzioni, sottolinea che ogni domenica c’è un avversario che ti può battere».
Veniamo a voi….
«I numeri dicono che abbiamo attraversato questi quattro mesi in maniera entusiasmante: siamo alle spalle della capolista, segniamo tanto, per un periodo abbiamo subito quasi niente, sei affermazioni in Europa League».
Quasi complicato trovarvi qualche difetto.
«Le statistiche sono con noi. Si è sempre giocato buon calcio, anche a Bergamo non era facile e siamo riusciti a cogliere il massimo, contro un’antagonista che ci ha fatto faticare».
Il «rischio» è il tour de force.
«Ma a me va bene, vuol dire che si sta facendo bene. Non mi preoccupa, non mi impensierisce, anzi me lo auguro».
Il calendario non le va giù.
«Siamo gente di spettacolo e smettiamo di farlo nel periodo in cui la gente ha più tempo. Preferire giocare adesso, piuttosto che qualche turno infrasettimanale che ci va ad intasare settimane e settimane e costa in termine di sacrificio. Basterebbe poco. D’altro canto, si gioca anche altrove. Un controsenso che si potrebbe rimuovere».
Le soste sono insidie.
«Per chiunque, semmai. Ma io i miei giocatori li stresso in campo, fuori sono liberi di agire come credono: so di avere professionisti seri, ne ho avuto le prove; e se qualcuno non lo fosse, avrebbe già pagato. Se così non è stato, vuol dire che possono stare in santa pace».
L’immagine della domenica è l’abbraccio di Higuain, d’una affettuosa violenza.
«Lui è sensibile e fino ad ora ha trasmesso di sé un’immagine non aderente al suo carattere. Non è soltanto il centravanti più forte al mondo, ma anche un uomo con sentimenti autentici».
Si è legato a lei.
«Io sento la partecipazione di tutti i ragazzi, devo dire che guido un gruppo speciale. Anche Insigne a Verona venne da me, dopo il gol: vuol dire che c’è sintonia tra di noi. Ho stima dei miei ragazzi».
Nel primo tempo, aveva sbagliato colpi che appartengono al suo repertorio.
«E nella ripresa ha risposto con una doppietta, ha permesso di guadagnarci il rigore su un suo movimento».
Qualcosa gli avrà pur detto nello spogliatoio.
«Va in campo e gioca tranquillo e vedrai che ti succede…Lui è un po’ rosicone, e si vede, ma basta toccargli le corde giuste: anche un campione del suo spessore ha bisogno, a volte, d’una parolina, di sentire vicino chi gli sta intorno».
E’ consentito «bestemmiare», per parafrasarla.
«Non mi sentirete mai sbilanciare perché non esistono le condizioni per farlo, manca ancora un intero girone a cui vanno aggiunte le due partite che verranno al rientro in campo».
Affinché si possa tentare un azzardo, di quanti colpi al mercato avrà (avrebbe) bisogno?
«Io di queste vicende non mi occupo, sono uomo di campo. Si deciderà poi, si parlerà, si vedrà cosa proporrà l’universo-calcio. Io devo allenare e possibilmente farlo anche bene».
Questa è terra sua.
«E sono legato alle mie origini. Ho un forte legame con il mio passato».
Sembra così lontano agosto, quando è partito con il Napoli.
«Appartiene a questo 2015 nel quale va messo tutto, anche i momenti meno propizi. Ma è stato in quei giorni che è nata questa squadra, che abbiamo cominciato a plasmarla. Avevamo bisogno di conoscerci e l’abbiamo fatto: siamo venuti su bene».
Per arrivare sin dove?
«Purtroppo l’anno solare non coincide mai con quello calcistico, però è chiaro che ognuno di noi chiede a se stesso il meglio».
Non lo dice….
«Guardi un po’ la classifica, rileggiamo quello che si diceva sei o sette partite fa, quando ad esempio la Juventus non aveva ancora collezionato tutti quei successi. Io sono concreto, realista e resto fedele a certe mie riflessioni. E comunque, spero proprio che sia bello pure questo 2016. Ovviamente».
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