L’ultimo turno di campionato ha praticamente spento le piccole speranze di Champions League in casa Napoli. Il pari di Cagliari, da brividi soprattutto per il modo in cui è arrivato, ha visto una squadra priva di certezze e con calciatori in evidente difficoltà emotiva.
Lo sguardo di Kvaratskhelia dopo la seconda sostituzione in pochi giorni ha evidenziato fragilità e un ragazzo che sembra un lontano parente di quello che abbiamo ammirato nella scorsa stagione. Lui come Juan Jesus o anche lo stesso Raspadori, autore comunque di una prova sufficiente e un grande assist sul gol di Osimhen, sono ben lontani dagli uomini che lo scorso anno realizzarono reti decisive per il terzo scudetto. Gli azzurri hanno perso il solo Kim dell’undici titolare della squadra dello scudetto, poi ovviamente sono andati via pedine chiave come Luciano Spalletti e Cristiano Giuntoli, ma soprattutto a questa squadra manca il sorriso. Se prima l’importante era il gruppo (tutti per uno, uno per tutti), ora ognuno sembra andare per conto proprio. Nel finale gli egoismi di Politano e Simeone sono apparsi evidenti e di certo non fanno il bene di una squadra in grande difficoltà.
In questi mesi abbiamo criticato gli allenatori e la società, sicuramente tra i colpevoli, di quest’annata difficile, ma le colpe vanno distribuite anche tra i calciatori. L’unità d’intenti che lo scorso anno ha portato uno straordinario scudetto è semplicemente svanita, quel Napoli non c’è più. E il dubbio che tutti i tifosi hanno è se riuscirà a tornare mai. Per Calzona sarà difficile avvicinare quel Napoli, è vero, lui ha lavorato con Sarri e Spalletti, ma le difficoltà erano diverse e ora la squadra sembra davvero non esserci.
Nel tennis molte volte gli atleti fanno ricorso ai Mental Coach per superare i momenti difficili e forse a questo Napoli, più che preparatori o nuovi tecnici, serve proprio questa particolare figura. Da Raspadori a Simeone, da Juan Jesus a Politano, attaccare i singoli in questo momento non serve, c’è addirittura chi ha messo in discussione le prestazioni di capitan Di Lorenzo, ma la realtà è che è il gruppo ad essere scomparso. Spesso Juan Jesus scherzava sui social anche con ironia e ora è stato distrutto anche per questo utilizzo, per alcuni eccessivo, dei propri media.
Parlando invece solo di questioni di campo stupisce la presenza fissa di Juan Jesus per Natan; il brasiliano è tornato in panchina il 4 Febbraio contro il Verona e da quel momento ha disputato solo 45 minuti. L’ex Bragantino non è il dopo Kim ideale, ma ha 23 anni e grossi margini di crescita. Margini che Juan Jesus – complice anche la carta di identità – non ha più. Puntare su di lui per ripartire potrebbe essere una buona idea, quest’annata ha poco da dire, ma calciatori come Natan e lo stesso Lindstrom potrebbero avere più spazio, un modo anche per rivalutare un calciomercato (quello dello scorso anno) che altrimenti dovrebbe essere considerato totalmente fallimentare.
Tante cose da valutare e questo Napoli deve ripartire, nella speranza di qualche cambiamento (soprattutto di atteggiamento) già nella trasferta di Reggio Emilia. Domenica poi c’è Napoli-Juve, la partita per antonomasia per il tifo azzurro: una vittoria potrebbe ricreare entusiasmo tra i tifosi, soprattutto in vista di Barcellona, la sfida ormai fondamentale per questa stagione.
Di Mario Tramo
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