Come riporta l’edizione odierna del Corriere dello Sport, il red carpet del campionato chiama e De Laurentiis, come da programma, risponde: arriva stasera da Los Angeles, atterra a Fiumicino, poi andrà direttamente all’Olimpico, perché nulla è cambiato dal «Santiago Bernabeu», il teatro di un’analisi profonda che ha lasciato strascichi ambientali negli altri, mica in lui, che l’ha liquidata sin dal giorno successivo con un «ma che ho detto?». E’ il momento in cui il dibattito interno resta ai margini del campo, perché adesso c’è in gioco il futuro (mica soltanto quello immediato) d’una squadra che ha incantato per l’espressione del proprio calcio e che improvvisamente, appannata dalla stanchezza, s’è accorta che deve realizzare due capolavori (almeno) per sentirsi viva su più fronti. Ma bisognerà attrezzarsi per i miracoli e Sarri ha provveduto di suo, liberando un po’ la squadra mentalmente, sottraendola a carichi di lavoro ulteriormente vibranti, alleggerendola nella testa con quell’ironia che gli appartiene e che ha spruzzato sull’erba di Castel Volturno, ogni volta che ne ha avuto bisogno: casacchine concesse seguendo il proprio metodo, che non prevede messaggi subliminali per evitare inconsapevoli stati d’appagamento e favorire un’elevata concentrazione. Se la giocano tutti ed alla pari, avendo un organico che ha risposto in passato e può farlo pure adesso che il gioco s’è fatto duro. C’è anche Rog che entra nei ballottaggi ed in mezzo al campo o Diawara o Jorginho, come sempre: sarà un pomeriggio lungo, pure quello di oggi, perché domani c’è in palio un po’ del destino.
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