Sarà difficile parlare di calcio in questi giorni tormentati dall’emergenza coronavirus che sta conquistando l’attenzione di tutti ma l’ansia non deve vincere, i napoletani hanno un forte antidoto: il terzo ottavo di finale di Champions League della storia e una serata che si preannuncia ricca d’emozioni. Il Napoli a Brescia ha conquistato un’altra vittoria in rimonta, sono otto i punti che gli azzurri hanno portato a casa ribaltando il risultato con Gattuso in panchina. Se Giua avesse concesso il netto rigore su Milik contro il Lecce, forse lo score sarebbe stato ancora più ampio. Otto dei dodici punti da rimonta complessivamente ottenuti in campionato, con Ancelotti il Napoli aveva recuperato la gara di Firenze in cui era andato in svantaggio e ottenuto un pareggio ad Udine quando Zielinski rispose a Lasagna.
Il Napoli ha alzato la velocità del suo palleggio (a Brescia 19 passaggi al minuto), riscoperto il repertorio di certi movimenti dal background del 4-3-3, migliorato nella tenuta del campo, rivitalizzato alcuni singoli fondamentali come Insigne, Mertens e Fabian Ruiz su tutti ma nel primo tempo al Rigamonti ha sofferto la solita difficoltà ad aprire gli spazi delle squadre che si chiudono a riccio. È vero che anche la Juventus e la Lazio hanno vinto in rimonta a Brescia ma il Napoli ha patito questo problema sin dalle prime giornate: basta ricordare il primo tempo contro il Cagliari all’andata o il pareggio in trasferta contro il Torino. Due spunti, la traversa di Mertens e l’assist di Insigne proprio per il belga che al volo non è riuscito ad impattare bene il pallone, nell’intero primo tempo sono troppo pochi, poi è arrivato il gol di Chancellor, il quinto stagionale subito da calcio d’angolo. “Ci hanno mangiato in testa”, ha spiegato Gattuso criticando l’atteggiamento generale sul gol subito. La rete incassata a Brescia ricorda quella di Lovren a Liverpool, per la distrazione della seconda linea sul difensore che sfugge ai blocchi e impatta arrivando dalle retrovie.
Il Napoli ha imparato ad essere “operaio”, a tener botta quando c’è bisogno, a difendersi in maniera compatta anche quando non riesce ad essere propositivo come nell’ultima mezz’ora a Brescia, dopo il gol annullato a Mertens. Con questo abito gli azzurri hanno vinto sei delle ultime sette gare, rimediando solo un brutto incidente di percorso contro il Lecce.
Se il campionato si giocasse in trasferta, il Napoli sarebbe quinto in classifica a soli tre punti dalla zona Champions. Gli azzurri in casa hanno ottenuto solo 14 dei 36 punti disponibili, nel campionato delle gare interne sarebbero dodicesimi. Nei momenti peggiori, anche a causa di uno stadio desolante, consegnato alle tifoserie avversarie, il Napoli si è scontrato con la sensazione di vuoto emotivo, tattico e mentale soprattutto in casa quando c’era da fare la partita, riuscendo spesso a non rendersi conto dei pericoli in tempo utile.
Il Napoli è una squadra forte, costruita male, gestita peggio e corretta a gennaio. Prima dell’acquisto di Demme, gli azzurri hanno pagato spesso lo squilibrio subendo in varie occasioni gol in ripartenza, come dimostrano le gare contro Cagliari, Bologna e Parma, o per errori individuali che palesavano l’inquietudine generale, l’assenza di fiducia.
È acqua passata, nell’ultimo ciclo di tre gare interne consecutive a Fuorigrotta il Napoli si è riscattato con le vittorie contro Lazio e Juventus che hanno dato vita alla svolta. Il Napoli “operaio” finora è bastato, gli azzurri in vista dei prossimi impegni devono crescere nella capacità di sfruttare i momenti migliori, quelli in cui prendono il controllo della gara. Contro il Lecce gli azzurri hanno sprecato tanto nei primi 25 minuti e hanno pagato il prezzo caro della sconfitta, contro il Brescia hanno fatto fatica a creare palle-gol ma nella ripresa sono riusciti a ribaltare il risultato.
Contro il Barcellona il Napoli si goda la serata, servirà tutto: compattezza e applicazione massima in fase difensiva, rapidità e qualità nel palleggio e il cinismo nel concretizzare le occasioni create.
Ciro Troise
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