Al Napoli mancano nove partite per archiviare una stagione tormentata. Tutto è ancora aperto, la corsa Champions soprattutto per il quinto posto è complicata ma non impossibile. Sei punti sono recuperabili a patto che il Napoli ritrovi l’abitudine alla vittoria soprattutto negli scontri diretti al Maradona contro Atalanta, Bologna e Roma. Servirebbe un finale di stagione d’altissimo spessore cercando di mascherare problemi che non si possono risolvere a stagione in corso, con pochissimo tempo a disposizione tra una partita e l’altra.
Tra Barcellona e Inter il Napoli ha offerto due versioni di se stesso, nessuna pienamente convincente ma maggiormente all’altezza rispetto al passato nei confronti con le big. A San Siro il Napoli ha concesso poco alla capolista che in campionato aveva accumulato dieci vittorie consecutive, però è stato meno incisivo rispetto alla sfida contro i blaugrana in cui in alcuni momenti ha avuto l’occasione per pareggiare e alimentare il sogno di portare il doppio confronto ai supplementari.
La versione del Napoli a Milano fornisce qualche speranza in più perché la fase di non possesso è il punto di partenza, senza la solidità e l’equilibrio di squadra non si va lontano. Il Napoli ha tenuto il baricentro alto, soprattutto nell’ultima mezz’ora, complice il calo dell’Inter, ha sofferto pochissimo mentre nel primo tempo è emersa la differenza fisica, di passo, lucidità, tecnica delle due mediane. I nerazzurri erano molto pericolosi soprattutto nelle transizioni, il Napoli ha complessivamente tenuto bene il campo e su qualche situazione ci ha pensato Meret a tenerlo in vita. Il Napoli subisce gol da dieci partite consecutive, l’ultimo clean-sheet risale alla sfida contro la Lazio del 28 gennaio. Nell’era Calzona il Napoli non ha mai tenuto la porta inviolata riuscendo, però, sempre a segnare e perdendo solo contro il Barcellona al Montjuic. Gridano vendetta i quattro punti sprecati tra Cagliari e Torino ma bisogna anche considerare che contro la Juventus, invece, la fortuna è stata benevola.
Il Napoli in campo è una coperta da mettere a posto, il gol di Darmian somiglia a quello di Fermin Lopez. Quando l’avversario alza i ritmi, il Napoli fa fatica a ritrovarsi e tende a concedere spazi nella terra di mezzo tra centrocampo e difesa. La rivoluzione andrà fatta in mezzo al campo, questa squadra vive ancora della presunzione di essere come un anno fa, quando era corta, compatta, aggressiva e in grado di tenere palla e dominare il gioco per ampi tratti delle partite. Traorè nel ruolo di mezzala appartiene alla stessa filosofia, il Napoli avrebbe avuto probabilmente bisogno di un centrocampista di gamba per mettersi a posto.
Mancano nove partite da vivere in apnea per cercare di non perdere l’Europa e magari acciuffare la Champions, nel frattempo va programmata la ricostruzione. Il Napoli riparta dal senso d’appartenenza, da un dirigente e magari un allenatore che sappiano rielaborare un progetto tecnico, convincendo i calciatori a sposarlo. Alla lunga le vicende Osimhen e Zielinski hanno prodotto danni facendo aleggiare un senso di precarietà costante nello spogliatoio. L’ordine e l’identità in campo crescono se si percepiscono all’esterno, De Laurentiis rimetta ordine con gli uomini di calcio, programmando e ripartendo da direttore sportivo e allenatore.
Ciro Troise
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