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Nessun dramma, questo Napoli merita solo entusiasmo

La Curva A è rientrata ma la questione tifosi non è ancora risolta

Finalmente trentunomila spettatori allo stadio, hanno inciso gli Under 14 gratis ma almeno c’era un buon colpo d’occhio con il record stagionale. È tornata anche una parte del tifo organizzato, la Curva A, anche se nel settore inferiore senza alcuna rassicurazione formale sulla questione multe.

Non si è ancora assolutamente risolto il problema, vedere tutti seduti in curva B con solo un paio di cori intonati per tutta la gara mette tristezza.

Mancano tre settimane alla prossima partita in casa, c’è tutto il tempo di convocare il tavolo suggerito dal Prof. Trombetti con amministrazione comunale, Ssc Napoli, Questura e rappresentanti dei tifosi. Non è una questione degli ultras ma di un ampio zoccolo duro che vuole vivere la partita sostenendo la squadra.

Va bene anche rendere delle “standing zone” di fatto gli anelli inferiori ma in un quadro normativo che contempli la sicurezza con i requisiti indispensabili per organizzare il tifo: libertà di cambiare posto, uso delle bandiere e dei tamburi.

L’arbitraggio di Napoli-Verona non mi è piaciuto ma individuarlo come causa della mancata vittoria è fuorviante

 

Passiamo al Napoli che, dopo il pareggio contro il Verona, ha bisogno solo d’entusiasmo e non dei drammi. “Lamentarsi è da sfigati”, la lezione di Spalletti non è stata interiorizzata neanche da tutta la Ssc Napoli, figuriamoci dall’ambiente.

L’arbitraggio di Ayroldi non mi è piaciuto, dirigere all’inglese non significa consentire il fallo sistematico da parte del Verona e in più ci sono un paio d’episodi abbastanza eclatanti: il fallo di Faraoni su Mario Rui che ha fatto innervosire Spalletti nel primo tempo, quello di Dawidowicz già ammonito su Insigne non rilevato dall’arbitro.

La severità è arrivata solo nel finale, altra scelta poco chiara è stata fischiare 50 secondi prima rispetto ai due minuti suppletivi di recupero che aveva dato dopo l’espulsione di Kalinic.

I rigori tanto invocati dall’ambiente per me non ci sono: il braccio di Dawidowicz sul cross di Insigne è attaccato al corpo, la distanza è ravvicinata e il movimento è congruo. Nella situazione Gunter-Osimhen c’è un contatto tra il ginocchio del difensore e la coscia dell’attaccante del Napoli ma a mio avviso è troppo poco per dare un rigore, Victor era già in caduta.

La direzione di Ayroldi non mi ha convinto ma concentrare l’analisi solo sull’aspetto arbitrale è fuorviante.

Il Napoli può ancora migliorare, dipende dalla crescita degli uomini d’attacco

 

Il Napoli non merita drammi né lamentele ma soltanto entusiasmo, una squadra prima sia nel girone di Europa League che in campionato, dove ha portato a casa 32 punti su 36 non deve far accogliere il pareggio contro il Verona con tristezza.

Il rammarico ci deve essere quando non si vince ma lo scoramento non ha senso per un pareggio contro il Verona che, da quando c’è Tudor in panchina, ha battuto Lazio, Juventus, Roma e fatto soffrire il Milan.

È stata la partita che ci si aspettava, il Verona è la squadra che ha fatto più gol di tutti in serie A nei primi quarti d’ora. Hanno qualità, intensità, sono in fiducia, hanno costruito una macchina offensiva di buon livello e sono cresciuti anche a livello difensivo, come dimostrano le prestazioni contro Lazio, Juventus e Napoli.

Il Napoli soprattutto nel secondo tempo ha accettato di giocare in spazi larghi per sfruttare il fattore Osimhen, forse avrebbe dovuto alternare anche momenti in cui si cercavano le combinazioni rapide, le triangolazioni. C’è anche un po’ di stanchezza dopo sette partite in ventuno giorni contro un avversario che ha avuto tutta la settimana per preparare la partita.

I margini di miglioramento ci sono, passano per la crescita di alcuni giocatori d’attacco che non stanno rendendo al massimo: Zielinski su tutti, Lozano, Mertens è in crescita ma non ha trovato ancora il gol in campionato.

Insigne anche può avere più continuità rispetto alle prestazioni di questa prima parte di stagione.

Il Napoli deve approcciarsi alla sosta con l’entusiasmo per il cammino compiuto finora e la consapevolezza che si può ancora migliorare.

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