Lo sport del “fuoco su Gattuso” non m’appartiene, è la strategia per la ricerca facile del consenso che a Napoli ha una modalità antica: colpire l’ex, il passato che non può rispondere.
Gattuso a Napoli ha fatto complessivamente un ottimo lavoro, a dicembre 2019 ha ereditato una squadra in condizioni pessime che ha addirittura avuto paura del crollo retrocessione. I giocatori avevano costantemente la testa abbassata, perso fiducia, gettato energie per la follia dell’ammutinamento, il Napoli con Gattuso ha rialzato la testa, vinto la Coppa Italia battendo in finale la Juventus di Sarri e Higuain.
Nella seconda stagione è successo di tutto, arrivando ad un passo dal ritorno in Champions League, il vero obiettivo, e l’ha mancato.
Per Napoli-Verona sono tutti responsabili, anche Gattuso ovviamente, ma si sono visti limiti storici nella personalità del gruppo e del club che l’allenatore non è riuscito a correggere in tempo per quella gara decisiva.
Perché cominciare dal passato? Per non farsi suggestionare dalle parole di De Laurentiis su Spalletti. Ne abbiamo sentite tante, da Reja come Ferguson, al contratto a vita a Mazzarri, a Sarri sua grandissima intuizione, alle partite a carte con Ancelotti nello stile di Pertini e Bearzot nel 1982, arrivando, infine, a Gattuso che apprezzava per la sua serenità.
“Con lui si può parlare di tutto. E poi lui non è un inquieto, ma un uomo appagato, sia sul piano personale che economico. Non ha bisogno di guadagnare per vivere, quindi non c’è questo spasmodico rincorrere chissà cosa. Lui e la moglie sono persone che serenamente svolgono la loro professione per amore”, parlava così De Laurentiis su Gattuso nell’estate del 2020.
Spalletti è troppo furbo ed esperto per non saperlo, si gode la fiducia che nel calcio è figlia dei risultati e se la gioca nel rapporto con De Laurentiis sapendo che con il patron del Napoli gli alti e bassi rappresentano la normalità.
IL NAPOLI CON SPALLETTI HA FATTO L’UPGRADE TATTICO E MENTALE
Ancelotti ha sbattuto sulla passione per il passato della rosa del Napoli, su quell’amore viscerale per il calcio di palleggio difficilissimo da smussare. Il resto è storia nota, con un fallimento dell’attuale allenatore del Real Madrid di cui il club di De Laurentiis paga ancora le conseguenze.
Spalletti sta riuscendo in un compito in cui ha fatto grande fatica Gattuso. Il suo Napoli ha realizzato talvolta delle partite di grande spessore: basta ricordare il successo contro l’Atalanta, le vittorie contro la Roma, quella in casa contro la Lazio.
Quando il piano-gara dava risultati e si sviluppava brillantemente, il Napoli dava spettacolo e vinceva mentre i problemi sorgevano quando s’inceppava qualcosa nel motore.
Il Napoli di Gattuso su quest’aspetto tante volte è andato in tilt, sbriciolandosi in una stagione balorda, tra assenze prolungate e stress da Covid, nella “terra di mezzo” tra diverse anime tattiche.
Spalletti ha vinto tre partite intervenendo nelle difficoltà. Contro Il Venezia ha convinto i suoi ragazzi a non perdere la strada nonostante l’espulsione di Osimhen, contro Genoa e Juventus ha cambiato in corsa la partita.
I rossoblù avevano alzato il baricentro e messo in difficoltà il Napoli, Ounas e Petagna hanno spostato l’inerzia della partita. Contro la Juventus gli azzurri temevano le ripartenze, i centrocampisti s’abbassavano e Locatelli aveva campo libero in regia, l’inserimento di Ounas ha schiacciato i bianconeri nella propria metà campo come era accaduto nei primi dieci minuti.
L’aspetto tattico e mentale s’intrecciano, Spalletti dal primo giorno di ritiro ha lavorato sulla testa per cancellare Napoli-Verona e dare forza ai suoi ragazzi.
Ci sono poi la crescita dei singoli (basta pensare a quanto ha dato l’Europeo a Di Lorenzo e Insigne), il valore della preparazione atletica (mancata a causa della pandemia nell’estate 2020 con dieci giorni di ritiro e nessuna amichevole di spessore) e del lavoro tattico che ha concesso a Spalletti la possibilità di entrare dentro il vissuto del gruppo.
IL PERCORSO DI SPALLETTI VA ACCOMPAGNATO
Questa crescita va accompagnata ad ampio raggio in tutti gli aspetti: il supporto del presidente nei momenti di difficoltà, la capacità di recuperare i giocatori dalle fatiche e dagli infortuni e anche un miglioramento della situazione ambientale.
A Napoli, con nove punti in tre giornate, sembra che si sta bene a metà, citando una straordinaria canzone di Pino Daniele.
Bisogna riportare il calore delle curve nello stadio, tornare a rivedere l’impianto di Fuorigrotta carico d’entusiasmo, passione e tifo.
Utilizzare la pandemia come scusa è troppo comodo, la riapertura del Maradona ha riportato la vicenda delle multe all’ordine del giorno.
È giusto garantire la sicurezza ma bisogna avere buon senso, il Maradona, in virtù della centrale di telecamere in possesso delle forze dell’ordine, non può diventare l’unico stadio d’Italia in cui è vietato il tifo organizzato.
Senza falsa ipocrisia, imporre multe (alla seconda scatta il Daspo) per utilizzare un posto diverso dal proprio o per sventolare una bandiera che così ostacolerebbe la disposizione a scacchiera, significa nei fatti vietare il tifo organizzato, rendere la vita impossibile al cuore delle proprie curve.
Il Napoli condivide con la Questura la responsabilità di questa storia, lo scaricabarile non è convincente.
Ciro Troise
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