Novembre 2019, ammutinamento, un evento mai visto nella storia del calcio, un fallimento totale dei rapporti tra le componenti di una squadra: società, allenatore e squadra. Poteva essere una lezione per andare a fondo, capire come si è arrivati ad un disastro del genere. Niente di tutto ciò, soltanto una lunga battaglia legale che è ancora in corso e in futuro potrebbe anche avere altri scenari più pesanti dell’arbitrato.
Sotto il profilo della politica interna, non è cambiato nulla. I momenti di difficoltà non si preparano né gestiscono, nell’arco di quindici mesi è accaduto di tutto: il conflitto De Laurentiis-Gattuso dopo Verona-Napoli, il disastro di Napoli-Verona, il punto in tre partite con l’epilogo di Empoli-Napoli in questa stagione. La risposta poi è sempre la stessa: il ritiro con la classica comunicazione schizofrenica che lo accompagna, come dimostrano i tre comunicati di stampo diverso in dodici ore.
Un tonfo come l’ammutinamento doveva aprire il campo ad una rivoluzione copernicana nella gestione del club, approfondendo la gestione interna, il clima di sfiducia, la perdita costante del senso d’appartenenza. Spalletti ha provato ad insistere su questo tasto mentre vedeva Manolas scappare a metà dicembre, Insigne firmare col Toronto con tanto di festa in hotel a due giorni da Juventus-Napoli, il consueto atteggiamento societario del “vinciamo e perdete”.
Limiti d’organico e gap nella personalità: è venuto fuori tutto ciò che non va
Fino alla partita contro la Fiorentina, il Napoli ha superato questi problemi oltre alle assenze, è “andato a manetta” per dirla alla Spalletti ma poi, sgretolatosi gradualmente il sogno scudetto, sono venuti fuori in maniera evidente tutti i limiti. Mancano le certezze di campo perché è una squadra assemblata e non costruita, chiamata ad escogitare piani-partita differenti in ogni caso. Ci sono dei limiti oggettivi d’organico che potevano prima o poi venir fuori: su tutti le alternative agli esterni bassi.
Il gap più grosso è nella personalità, questa squadra ha la tendenza a sciogliersi quando sente la pressione dell’obiettivo o del sogno da raggiungere. È capitato per Napoli-Verona dello scorso 23 maggio e in queste ultime tre partite in forme differenti. La personalità di una squadra si sviluppa acquistando giocatori abituati a vincere oppure con una strada più lunga e tortuosa: sviluppare un progetto tecnico solido, condiviso tra società, allenatore e squadra, che costruisca le certezze con l’organizzazione di gioco.
Il Napoli non cresce più e rischia il passo del gambero
Ci sarà tempo per pensare al futuro, ora bisogna salvare la dignità, completare il campionato nel modo meno cupo possibile, blindare la Champions e gestire il futuro.
La sensazione che il Napoli rimanga attorcigliato sulla dimensione raggiunta, con l’ipotesi che le concorrenti lo superino, rivela un dato di fatto: con questa gestione societaria sarà complicato stare nell’alta classifica, alimentare l’entusiasmo. Il divieto di multiproprietà dal 2024 impone e, a differenza di ciò che si racconta, gli scenari sono aperti.
Nel frattempo che ci sia questa scelta, non c’è più tempo di rinviare i problemi, in estate bisogna affrontare la ristrutturazione della squadra e optare per un cambiamento profondo della gestione societaria.
Se i problemi non vengono affrontati, tornano e fanno sempre più male con il gusto del “dejavu”.
Ciro Troise
Condividi:
- Fai clic per condividere su Facebook (Si apre in una nuova finestra)
- Fai clic qui per condividere su Twitter (Si apre in una nuova finestra)
- Fai clic per condividere su Ok Notizie (Si apre in una nuova finestra)
- Fai clic per inviare un link a un amico via e-mail (Si apre in una nuova finestra)
- Fai clic qui per condividere su Pinterest (Si apre in una nuova finestra)
- Fai clic qui per condividere su Pocket (Si apre in una nuova finestra)
- Fai clic qui per condividere su Tumblr (Si apre in una nuova finestra)
- Fai clic qui per condividere su LinkedIn (Si apre in una nuova finestra)
- Altro