Vedere il Napoli esser messo sotto in quel modo dall’Arsenal (specie nel primo tempo) è stato uno spettacolo impietoso. Si è avuta come la sensazione di assistere al bulletto di turno che si accanisce contro il più debole della classe, il bravo ragazzo che non farebbe male nemmeno a una mosca. Quello che ogni volta che prova ad emergere in qualche modo viene sempre “rimesso in riga”, quasi a ricordargli quale sia il suo posto e di tenerlo bene a mente. Ma come spesso accade, in scenari tipici di un film, è nei momenti di massima pressione che colui che è considerato inferiore a tutti tira fuori l’orgoglio e magari mette anche in ridicolo il bulletto stesso. Un parallelismo forse un po’ forte, certo, ma che il Napoli può far suo in vista del ritorno contro i Gunners.
L’umore dei tifosi dopo la sconfitta di giovedì era pessimo ed è comprensibile, ciononostante è possibile far leva su cinque punti per credere in una semifinale che sarebbe troppo importante da raggiungere.
LA FRAGILITA’ DELL’ARSENAL IN TRASFERTA – E’ sotto gli occhi di tutti che l’Arsenal cambia totalmente pelle tra casa e trasferta. Lo stesso Emery ha piena consapevolezza del comportamento fuori casa della sua squadra, che lontana dall’Emirates si posiziona addirittura all’ottavo posto in Premier League. Per questo motivo il tecnico spagnolo, al termine del match, ha ripetuto di avere le stesse possibilità del Napoli di accedere alla semifinale. Numeri alla mano, l’efficacia della fase difensiva degli inglesi è nettamente inferiore a quella degli azzurri. Tra campionato e coppe europee i Gunners viaggiano ad una media di circa 2 gol subiti a partita (1,7), il 55% più alta di quella del Napoli, che raccoglie la palla dalla propria porta mediamente una volta a partita. Dai dati si evince chiaramente che la retroguardia dell’Arsenal è tutt’altro che impenetrabile. Dal canto suo il Napoli vanta, tra Serie A ed Europa, la media praticamente di 2 gol a partita (1,9) segnati al San Paolo, guarda caso l’esatto numero di reti necessarie per rimettere in pari il punteggio e la qualificazione: leggendo questi numeri come si può non crederci?
NAPOLI, RIPARTI DAL SECONDO TEMPO – Si sono visti comunque tanti errori e anche banali. E’ innegabile però che nella seconda parte di gara il Napoli ha detto la sua. Carlo Ancelotti ha saputo riordinare le idee dei suoi ragazzi, che sono rientrati in campo con il piglio giusto. La brutta prestazione dei primi 45’ è pesata come un macigno sul morale e sulle gambe, ma i giocatori azzurri hanno saputo spingere sull’acceleratore e trovare i varchi giusti per infilare la difesa dell’Arsenal non poche volte. L’occasione per trasformare in gol la seconda occasione nitida della partita dopo quella di Insigne del primo tempo capita al 72’ sul destro di Zielinski: il destino ci mette lo zampino ancora una volta, col polacco che spedisce alto a due passi da Cech. Volendo fare un bilancio complessivo, pertanto, non tutto è da buttare. Anzi c’è veramente poco. Servirà la partita perfetta giovedì, ma il Napoli ha tutte le carte in regola per conquistare una storica semifinale.
MERET TIENE TUTTO APERTO – Sulla scia di quanto visto al rientro degli spogliatoi non si può non evidenziare la prova superlativa di Alex Meret. Questo ragazzo ha personalità da vendere ed ha solo ventidue anni. Come contro il Salisburgo al San Paolo il numero uno azzurro si è reso protagonista con due interventi prodigiosi su Ramsey prima e Maitland-Niles poi, evitando così al Napoli di subire l’imbarcata. Al ritorno dovranno essere gli attaccanti a mettersi in luce ed insaccare la rete dell’Arsenal, ma disporre di un portiere di livello diventa cruciale in certe sfide da dentro o fuori.
LA SPINTA DEL SAN PAOLO – E’ stato tante volte il punto di forza del Napoli. Come dimenticare quel magnifico 3-1 rifilato al Chelsea nel febbraio del 2012, oppure la vittoria contro l’acerrima rivale Juventus al primo anno di Higuain in azzurro. Per non parlare, poi, del gol vittoria di Diawara al Chievo a pochi secondi dalla fine che riaprì il sogno scudetto, svanito poi nel modo che tutti (purtroppo) conosciamo bene. Questo a testimonianza del fatto che, anche se le uscite dell’ultimo periodo hanno suscitato le critiche più profonde, i tifosi azzurri non sono mai mancati nei momenti del bisogno. Un po’ come un amico fidato che in nome del bene ti mette di fronte anche alla cruda e dura verità così la gente di questa città, da sempre esigente con i propri beniamini, ha esternato il proprio disappunto per la bruttura delle recenti prestazioni contro Empoli e Genoa culminata poi con la sconfitta dell’Emirates. Nella misura in cui ti si scaglia contro, però, il popolo partenopeo sa amarti alla follia e tirar fuori il meglio di te. L’Arsenal dunque è avvisato per giovedì: c’è da aspettarsi l’inferno sceso in terra al San Paolo.
L’ESPERIENZA DI ANCELOTTI – Diciannove. E’ il giorno di una ricorrenza importante? No. O magari un numero fortunato da giocarsi al lotto? Neanche. Diciannove è il numero dei trofei conquistati da Carlo Ancelotti nella sua carriera da allenatore. 3 Champions League (2 col Milan ed 1 col Real Madrid, la decima); altrettante le Supercoppe europee; 2 Mondiali per Club; completano la bacheca 1 Coppa Italia, 1 Supercoppa Italiana, 1 Community Shield, 1 Coppa d’Inghilterra, 1 Coppa di Spagna, 2 Supercoppa di Germania. Un palmares così di livello verrebbe invidiato da tutti e c’è qualcuno che ha il coraggio di metterlo in discussione. Ha fatto i suoi errori nella scelta degli uomini da mandare in campo, questo è fuori da ogni dubbio, ma d’altronde è un essere umano anche lui e soprattutto in una serata sciagurata come quella vista in casa dell’Arsenal pure uno come lui poteva farci poco. Vuoi che un uomo ed un professionista della sua caratura non abbia saputo preparare i suoi calciatori ad una sfida così difficile? Nella sua storia di allenatore ha affrontato avversari ben peggiori (con tutto il rispetto per i Gunners), per cui il solo pensiero rasenta l’assurdo. La verità è che le ragioni della disfatta dell’Emirates sono da ricercare in diversi ambiti, dalla cessione di figure di riferimento (vedi Hamsik) alla presenza in campo di ragazzi che per la maggior parte palcoscenici di questo calibro li ha ammirati solo in televisione fino all’anno scorso, ma il discorso è evidentemente troppo lungo e complesso da affrontare in questa sede. Per la sfida di ritorno i calcoli valgono a poco: serve nient’altro che la piena fiducia in un mostro sacro del calcio qual è Ancelotti.
DI GIUSEPPE MIGLIACCIO
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