Conte ha incrociato Thiago Motta solo quando lo ha convocato in Nazionale. Ora lo sfida in panchina in uno scontro che potrà chiarire un pò di più il valore di Juventus e Napoli in questo avvio di stagione, oltre a consentire ai due allenatori e ai rispettivi ambienti di proseguire o meno l’idillio con media e tifosi. Già, perché ormai non basta più giocare ogni giorno ma dopo qualsiasi partita si entra nel calderone di processi d’accusa o di beatificazione a seconda del risultato.
Antonio Conte torna a casa sua. E’ lui che, dalla panchina, ha dato il via alla svolta di quello che si chiamava Juventus Stadium e alla successiva epopea di 9 scudetti con l’enorme contributo di Allegri e quello minore di Sarri (che comunque il suo lo ha fatto visto che è rimasto una sola stagione). Dopo, il diluvio. Zero titoli tricolori e un’astinenza inedita in casa bianconera vista, in anni recenti, solo dal 1986 al 1995 e dal 2006 al 2012, il primo anno di Conte.
Da allora di cose ne sono successe tante, troppe. Antonio è diventato il nemico, proprio lui che ha il cuore dipinto di bianco e di nero e che sarebbe tornato a piedi alla casa madre. Il passaggio, con relativo titolo tricolore, all’Inter e il recentissimo approdo sotto il Vesuvio non sono stati accettati dai tifosi che, si sa, hanno una capacità fuori dal comune di scordarsi le cose belle e di coltivare con grande cura il risentimento di chi si sente tradito.
Lasciando da parte suggestioni e ricordi, la sfida di Torino ha anche un bel corollario di annotazioni tecniche. Il Napoli sta, piano piano, apprendendo il calcio del suo allenatore. Un calcio profondamente marcato e facilmente riconoscibile in tutte le sue esperienze. Qualcuno lo classifica come difensivo ma è una definizione troppo semplicistica e lontana dal vero. Molto probabilmente all’Allianz saranno i padroni di casa a fare la partita ma la logica contiana prevede situazioni standardizzate che sono lontane dalle classiche strategie di chi pensa a difendersi.
Gli esterni di centrocampo sono sempre molto alti e, in più, in questa stagione, tendono a scambiare la posizione con i due trequartisti che stanno dietro a Osimhen. Altro dato inedito, rispetto ai soliti canoni, è l’inserimento centrale dei tre difensori, soprattutto Di Lorenzo e Buongiorno. Il resto è il solito Conte, con i palloni in verticale per le sponda dell’attaccante centrale per chi si propone da dietro o per gli esterni, con una serie di rotazioni e scambi che rendono frenetiche e poco leggibili, anche se conosciute, le trame proposte dell’allenatore leccese.
La Juve ha cambiato pelle e, dalle prime cinque uscite stagionali, ha fatto capire di soffrire chi le conceda poco spazio. Thiago Motta sta cercando di portare un’idea diversa in un ambiente molto poco avvezzo ai cambiamenti. Da lì nascono le critiche, spesso preconcette, nei confronti del nuovo allenatore, costretto ogni volta a vincere e convincere. Impresa non facilissima per chi si trova a ricominciare da capo con giocatori avuti a disposizione per pochissimo tempo. Eppure la Juve ha già incamerato dei concetti importanti. Sa pressare e aspettare con un blocco basso e utilizza già rotazioni per spiazzare gli schieramenti avversari (esterni bassi che si accentrano, trequartisti che si scambiano la posizione con i laterali alti, inserimenti costanti per occupare l’area).
La sfida, insomma, si prospetta particolarmente interessante e non solo per gli incroci e le suggestioni legate al passato.
Fonte: Sport Mediaset
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