Dopo la gara con l’Atalanta quel pianto nel giro di campo sembrava un addio. Anzi per molti era un addio. Macché, ha asciugato alla svelta quelle lacrime e si è subito messo a capo di quella squadra pazzesca che si è messa in testa di voler vincere il campionato. «Mo’ non ci dobbiamo più fermare», ha urlato nello spogliatoio del Dall’Ara.
Una carica particolare, di chi sa bene che questa vittoria è figlia della sofferenza. E che per arrivare fino in fondo bisogna anche saper stringere i denti e acciuffare partite di questo genere. E non fa nulla se non sono sempre applausi. E non importa se non c’è sempre l’inchino dinnanzi al gioco. Ricomincia da Reina, il Napoli. Da quella parata su punizione di Verdi che la manona dello spagnolo manda sulla traversa; da quell’uscita su Destro che chiude lo specchio della porta all’attaccante bolognese e lascia immutato il risultato sullo 0-0. Che notte sarebbe stata senza i prodigi di Pepe? Già. Nessuno uccide il vitello grasso nel ventre dello stadio di Bologna, ma si può dire che il Napoli ricomincia da qui. Reina è felice. Forse è il più felice di tutti. Il Napoli ha bisogno del portiere spagnolo e nessuno ricorda più la sua sbandata di qualche settimana fa. Grazie a Pepe ha vinto da squadra di rango, come spesso e volentieri fa la Juventus: soffrendo quando è necessario, e imponendosi quando deve, in un modo o nell’altro.
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