Il popolo del San Paolo ne ha vissute di delusioni, conosce il peso amaro della sconfitta, quella del 1988 contro il Milan è entrata nella storia per l’applauso sportivo del pubblico di Fuorigrotta ma anche nell’era De Laurentiis ci sono stati momenti molto duri. La sconfitta nei play-off di serie C contro l’Avellino o la stagione 2008-09 con l’arrivo di Donadoni al posto di Reja sono momenti di grande intensità emotiva ma la cartolina di Napoli-Torino è ancora più nitida, fotografa e polarizza un conflitto interno che defluisce negli atteggiamenti della piazza. Il Napoli è un modello internazionale sotto il profilo finanziario, nel calcio italiano dei debiti, dei cinesi e degli americani è un “luna park” di utili, una meravigliosa eccezione nella sua storia. Il club azzurro in 92 anni ha vissuto di straordinarie parentesi, la più esaltante è quella di Maradona ma ha dovuto spesso convivere con difficoltà, con progetti di natura finanziaria ispirati all’arte di arrangiarsi. De Laurentiis ha creato una macchina molto solida, una struttura che ha conquistato la continuità esprimendo un mix favoloso tra risultati economici e sportivi. La domanda sorge spontanea: come si fa a contestare il presidente che ha portato il Napoli per dieci anni consecutivi nelle coppe europee? Perché c’è tanto astio nei confronti di De Laurentiis?
La risposta è nella connessione emotiva che non si compra al supermercato ed è una risorsa fondamentale per creare l’armonia nel mondo del calcio. Il Napoli sembra distante, spesso blindato, comunica poco e male, non riesce a sfruttare come una risorsa l’entusiasmo della sua tifoseria, anzi spesso esprime dei segnali di sofferenza. C’è poi un conflitto radicale, la gestione del Napoli è troppo “razionale” per gli umori dei tifosi che esprimono la sensazione per cui la società non faccia di tutto per vincere. Gli azzurri sono stati due volte in tre anni campioni d’inverno, il Napoli ha fatto di tutto per approfittare di quest’occasione storica ottenuta grazie allo straordinario lavoro di società e allenatore? Le campagne acquisti invernali, da Grassi e Regini a quella della stagione che volge al termine, raccontano di una società che ama crogiolarsi nel suo percorso senza riuscire a fare il salto di qualità, come dimostra l’arretratezza relativa alle strutture o gli esigui investimenti sul settore giovanile. Sono state significative anche le dichiarazioni di Hamsik nel post-partita contro il Torino: “Il patto scudetto era una cosa nostra, nessuno ci ha chiesto di vincere”. Sono parole che si sposano con quelle di Sarri di qualche settimana fa che svelarono l’assenza di premi per il raggiungimento dello scudetto.
Il tricolore sfumato rischia di essere il vaso di Pandora, l’avventura di Sarri ha alimentato il conflitto presidente-tifosi. De Laurentiis ha concesso all’allenatore di modificare la filosofia del suo Napoli, ha interrotto la ricerca della plusvalenza per provare a vincere, ha accettato che per una stagione il risultato sportivo fosse prioritario rispetto a quello economico. “Mi dispiace se De Laurentiis non è contento, ho provato a fare quanti più punti possibili nella competizione a cui tengono di più i tifosi”, ha spiegato Sarri in conferenza stampa. De Laurentiis ha in mente un Napoli diverso, provare a interrompere la dittatura della Juventus lo affascina ma non è tra le sue priorità. Il Napoli non ha grandi gruppi finanziari alle sue spalle, s’autogestisce e gli introiti derivano dai risultati sportivi e dalle cessioni, De Laurentiis pianifica per altri obiettivi: qualificazione in Champions League (con Sarri raggiunta per tre stagioni consecutive), andare avanti il più possibile nelle coppe europee e proporre una gestione della rosa che valorizzi gli investimenti compiuti sui giovani talenti. Questo progetto non scalda i cuori dei tifosi, toccherà a De Laurentiis convincerli affrontando in maniera brillante l’estate più complicata della sua avventura. Soprattutto se Sarri dovesse andare via, servono intuizioni importanti, così come avvenne nell’estate del 2013, dopo gli addii di Mazzarri e Cavani.
Ciro Troise
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