Che il calcio avesse bisogno di una riforma complessiva, dalla Champions League alle scuole calcio, lo sosteniamo da molto tempo ma c’è una verità ineluttabile. I cambiamenti hanno bisogno di serenità per essere discussi e realizzati, senza la ripartenza tutto ciò non sarà possibile. Se il pallone non tornerà a rotolare, piuttosto che pensare a come cambiare il calcio, dovremo fare la conta dei pochi club che resteranno in vita e soprattutto dovremo dedicarci al racconto delle classifiche decise nei tribunali. C’è uno snobismo diffuso contro il pallone, il nemico perfetto, colpevole di vizi tollerati in silenzio fino a poco più di un mese fa. L’attacco a questo mondo “insensibile” è lo strumento perfetto per coalizzare il partito trasversale del populismo e far dimenticare il disastro in cui è sprofondata l’Italia. Siamo tra i paesi al mondo con più vittime, che ha dovuto convivere con una pessima gestione dell’emergenza sanitaria, come dimostrano le inchieste sulla strage delle case di riposo, viviamo nel profondo terrore della fase 2 conoscendo i ritardi avuti in queste settimane per le forniture sanitarie, la cassa integrazione che ancora non arriva. Non è finita qui: saremo il paese che in Europa riaprirà più tardi le scuole, l’istruzione dovrebbe essere priorità assoluta e, invece, l’incompetenza dilagante cerca di far credere che la didattica a distanza possa equivalere a quella tradizionale. Il collante è l’attacco al calcio, in quel sottile velo d’ipocrisia che dimentica l’indotto di 5 miliardi di euro generato dal pallone. Ciò non significa che si possa tornare ad allenarsi e a giocare come se il virus non fosse mai esistito, le 47 pagine di protocollo elaborato dalla commissione medico-scientifica della Figc danno profonde garanzie ad un’azienda che, tra la litigiosità e l’assenza di lungimiranza che la contraddistingue, sta elaborando la strategia per ripartire in maniera autonoma.
Verrà poi il tempo della riforma, Gino Bartali avrebbe detto che è tutto da rifare: dal calendario internazionale ad una legge sanitaria con linee-guida per tutto il mondo del pallone, dalla trasformazione della serie C ad un cambiamento globale che riguardi la sostenibilità del calcio che non può contare sull’abbraccio per certi versi “mortale” alle pay-tv. È in corso la settimana decisiva, i segnali ci sono: la Juventus ieri ha parlato con lo staff di Sarri, entro 48 ore sarà confermata l’indicazione di far ripartire la macchina il 26 aprile, con il rientro dei giocatori all’estero che poi saranno in isolamento fiduciario al J Hotel. Pjanic è rientrato ieri sera, c’è la sensazione che Higuain possa decidere di non partire per Torino. Lo staff medico del Napoli sta elaborando un protocollo interno da inviare al presidente De Laurentiis, poi ci sono gli appuntamenti della settimana del calcio italiano e internazionale. Oggi c’è il consiglio direttivo dell’Associazione Italiana Calciatori, un aggiornamento importante sulla questione stipendi (Roma, Parma e Brescia negli ultimi giorni hanno raggiunto accordi) e sul sostegno ai colleghi delle categorie minori. Domani i presidenti si riuniranno in Assemblea di Lega per discutere della ripresa e dell’annosa questione dei diritti televisivi, sullo sfondo la Uefa avrà confronti con le Federazione e giovedì ci sarà il comitato esecutivo. L’appuntamento più importante è, però, mercoledì quando il ministro Spadafora incontrerà tutte le componenti del sistema calcio. Il 4 maggio dovrebbe essere il giorno del nuovo inizio, in questa settimana capiremo se il progetto per la ripartenza andrà in porto.
Ciro Troise
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