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La Serie A così non regge, urge la riforma dei campionati

Sette squadre hanno poco da chiedere a questo campionato, bisogna intervenire per garantire la regolarità della serie A

Il Napoli conquista la terza vittoria consecutiva tra campionato e Coppa Italia, il dodicesimo risultato utile consecutivo per la squadra di Sarri che non perde dalla sfida contro la Juventus del 29 Ottobre scorso. Questi numeri dovrebbero far volare gli azzurri che, invece, sono aggrappati al terzo posto con la possibilità che il Milan, battendo Torino e Bologna, possa scavalcarli ma in mezzo c’è lo scontro diretto di sabato sera a San Siro. C’è un divario incredibile tra la media punti delle squadre che guidano la classifica rispetto a quelle che lottano per la salvezza. La Serie A ha perso l’elevato tasso d’imprevedibilità, il suo tratto distintivo, l’elemento di maggiore appeal, ciò che la rendeva diversa da altri campionati che, invece, sono in crescita anche su quest’aspetto.

“In Liga vincono sempre le stesse, in Italia ogni partita è una battaglia, le grandi possono perdere su qualsiasi campo”, questa definizione era tra le più condivise tra gli appassionati del mondo del pallone. Una classifica, che dopo venti giornate presenta trentuno punti di distacco tra la zona Champions e quella salvezza, ridimensiona fortemente l’immagine di campionato imprevedibile ed equilibrato che ha accompagnato la storia della serie A.

Negli ultimi ventisei anni, dallo scudetto doriano del ’91 ad oggi, il tricolore è stato affare di Milan, Inter e Juventus, con le parentesi Lazio e Roma nelle stagioni 99-2000 e 2000-01. L’equilibrio e il fattore sorpresa nella vittoria del titolo è già scomparso da tempo, come certifica il dominio bianconero degli ultimi cinque anni, se diventa prevedibile anche l’esito della giornata di campionato allora la possibilità d’incrementare la vendita all’estero del campionato di serie A è messa veramente sotto attacco.

Tavecchio presentò come priorità del suo mandato la riforma dei campionati ma di quella promessa al momento non c’è traccia. Il calcio italiano deve fare una scelta, o si procede alla riduzione del numero di squadre in serie A almeno a 18 squadre portando magari anche la B da 22 a 20 realtà oppure alla redistribuzione dei proventi dei diritti televisivi in modo più equo. Il divario economico che intercorre tra le grandi e le realtà in lotta per evitare la retrocessione ha generato una situazione insostenibile, un campionato che ad inizio del girone di ritorno presenta già dei verdetti difficilmente sovvertibili. L’Empoli ha un vantaggio di otto e nove punti su Crotone, Palermo e Pescara, un distacco considerevole ma ciò che preoccupa di più in merito alla regolarità del campionato è rappresentato dalle scarse motivazioni della fascia di squadre che oscillano tra la lotta per l’accesso all’Europa League e quella per evitare la retrocessione in serie B, pericolo ammortizzato a livello finanziario dal paracadute predisposto dalla Lega.

Tante altre ipotesi andrebbero studiate e discusse in modo urgente: l’inserimento del meccanismo dei play-off e play-out, un sistema di premialità più incentivante per il raggiungimento della posizione in campionato, il raggiungimento dei risultati in ogni partita come avviene nelle competizioni Uefa.

Cagliari, Udinese, Chievo, Sampdoria, Genoa, Bologna e Sassuolo hanno poco da chiedere a questo torneo e c’è bisogno di un altissimo livello di vigilanza per fare in modo che la lotta per altri obiettivi non sia falsata dal deficit di motivazioni che affligge queste realtà.

Il Napoli intanto è chiamato ad un banco di prova molto importante sabato sera, affronta una delle poche squadre di prima fascia battute nel girone d’andata. Contro le prime sei in classifica, il Napoli ha portato a casa otto punti su diciotto: ha sconfitto in casa Milan e Inter, ha pareggiato in casa contro la Lazio, ha perso al San Paolo contro la Roma e in trasferta contro la Juventus. Contro le grandi il Napoli ha messo a nudo in modo più evidente le difficoltà dell’era post-Milik, avvertite anche nel primo tempo contro il Pescara quando il tridente dei piccoletti non riusciva a sfondare la linea Maginot posizionata da Oddo. Oltre ai limiti dell’attacco senza centravanti di ruolo, problema che con il recupero di Milik e l’acquisto di Pavoletti sembra procedere verso la risoluzione, c’è da registrare la propensione all’errore difensivo che fa in modo che il Napoli abbia il miglior attacco del campionato ma con l’Inter la peggior difesa delle prime cinque. In ventisette gare stagionali, il Napoli ha tenuto la porta inviolata solo in sette gare e incassa almeno un gol da cinque partite consecutive, lo 0-5 di Cagliari è l’ultimo “clean sheet” stagionale. La strada per costruire una mentalità vincente, da squadra solida, è ancora lunga, tocca a Sarri guidare i suoi ragazzi verso ulteriori step di crescita.

A cura di Ciro Troise

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