Luciano Spalletti a Napoli ha fatto un capolavoro. È venuto nella tempesta, sembrava un milite ignoto che combatteva contro la sfiducia mentre agli angoli della città si chiedeva spiegazioni su Napoli-Verona. Era il 2 luglio 2021, quando arrivò alla stazione di Napoli Afragola con pochissimi giornalisti e neanche un tifoso ad accoglierlo. È uomo di connessioni emotive, ama la sfida e si è sobbarcato una missione: ricostruire il Napoli, condurlo nella transizione che De Laurentiis aveva già annunciato nell’estate del 2021, rimetterlo in piedi sia a livello ambientale che di risultati. Il primo obiettivo era tornare in Champions League, dare di nuovo ossigeno alle casse del club, riportare il Napoli nel sentiero della crescita che aveva abbandonato da quel maledetto ammutinamento. I sogni sono un po’ delle ossessioni, quando inizi a crederci ti tormentano, avverti che possono diventare reali e travolgerti.
Spalletti ha sempre pensato che il Napoli potesse tornare campione, del resto ha scelto la pettorina nell’estate del 2021 portando nel vissuto dei calciatori quel coro che apprezzava da avversario, quando con l’Inter affrontava la squadra di Sarri, quella dei 91 punti. Senza la costanza di Spalletti, probabilmente non si sarebbe abbattuto neanche il muro tra il club e il tifo organizzato, voleva che la città esplodesse di gioia, sognava lo stadio intenso, colorato, pieno e l’ha avuto predicando la compattezza del “Tutto per lei” anche nei momenti difficili. Ci ha sempre creduto ma bisogna essere onesti: basta riascoltare la conferenza stampa prima di Lazio-Napoli, a inizio settembre le legittime perplessità sull’organico a sua disposizione c’erano. Basterebbe ammetterlo, non c’è alcun problema, il capolavoro di aver vinto lo scudetto a Napoli dopo 33 anni e senza Maradona è intoccabile. È un’emozione troppo forte, una gioia immensa che non va messa mai in soffitta, deve accompagnare Napoli ancora per tanto tempo, anche oltre il 4 giugno.
C’è tantissimo di Spalletti in questo trionfo, ha rispettato il manuale dell’allenatore in pieno: valorizzare i calciatori, saper leggere i momenti giocando su profondità e ampiezza della rosa nella prima parte, creando il distacco in classifica con la continuità dei più forti tra gennaio e marzo.
Ha rilanciato Lobotka, valorizzato Osimhen, creato le condizioni per migliorare il rendimento di giocatori come Di Lorenzo, Kim e Kvaratskhelia che non aveva avuto quest’impatto neanche nel campionato russo, fatto rendere al meglio Anguissa che in tutta la sua carriera ha segnato 11 gol di cui 4 al Napoli, 2 al Valencia e 5 in Nazionale, ottenuto il massimo anche da tante seconde linee.
È un grande peccato che, come sembra ormai in maniera chiara, la sua avventura nel Napoli non continui. Non è la squadra di Sarri, è una realtà giovane, con tanti giocatori come per esempio Raspadori, Elmas che non hanno ancora tirato fuori tutto il loro potenziale, un calcio che non è irripetibile perché è ormai metabolizzato nelle abitudini di questi ragazzi come dimostra la gara contro l’Inter. La Pec è una conseguenza, la verità è che il rapporto con De Laurentiis è complesso da molto tempo. Le scelte vanno rispettate, l’impressione è che Spalletti, sapendo che è quasi impossibile migliorare ciò che è stato fatto, non voglia lanciarsi in un’altra avventura ricca d’incertezze ma con una prospettiva possibile: diventare un bersaglio alle prime difficoltà, come accadde lo scorso anno dopo Empoli-Napoli. Vi ricordate lo striscione della Panda, le uova consegnate a capitan Insigne prima di Napoli-Sassuolo, il ritiro prima convocato e poi trasformato in cene sociali, il refrain della napoletanità e del giro in camper? Lui non le ha mai dimenticate, addirittura ne ha parlato ad Udine con i fuochi d’artificio in sottofondo.
È un grande peccato ma bisogna accettare e rispettare le scelte anche quando fanno male perché interrompono la grande bellezza di una squadra campione d’Italia. Il Napoli ha dimostrato di saper affrontare i cambiamenti, merita fiducia. Non dovrebbe esserci neanche il bisogno di dirlo ma nella città delle uova e degli striscioni sulla Panda e sulle vecchie sigarette Kim è meglio ribadirlo. Del resto repetita iuvant.
Ciro Troise
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