Il Napoli è in crisi totale, lo sfogo di Gattuso nel post-partita contro la Fiorentina traccia un quadro molto complesso, dove l’allenatore sembra rendersi conto che la strada concordata con la società per uscire dai problemi che avevano portato all’esonero di Ancelotti sta incontrando profonde difficoltà. Il Napoli ha scelto una strada molto ambiziosa per ripartire: la restaurazione, il passaggio al 4-3-3, la costruzione di una squadra che giochi di nuovo di reparto attaccando sulle catene laterali, si riappropri dell’idea di dominare il campo attraverso il palleggio. Una filosofia che, per essere efficace, ha bisogno di un cambio radicale di preparazione atletica in corso d’opera a ridosso di un momento come questo in cui si gioca ogni tre giorni quasi sempre. “Sono a conoscenza dei dati fisici, quando giochiamo due volte a settimana subentra la stanchezza”, diceva Gattuso dopo la vittoria contro il Perugia. Il Napoli fa fatica a far funzionare in sintonia nei tempi giusti la gamba e le idee da applicare, lo dimostra la scarsa occupazione dell’area di rigore. Milik è un centravanti da 4-3-3, è cresciuto nel laboratorio Ajax, è molto abile ad uscire dalla linea, a giocare in armonia con i compagni ma c’è bisogno che sia gli interni di centrocampo che gli esterni d’attacco s’inseriscano negli spazi da lui creati. Il Napoli contro la Fiorentina ha espresso la peggior gara dell’era Gattuso perché la linea difensiva schierata soffriva i cambi di gioco sul lato in cui Chiesa affrontava Luperto, in fase offensiva c’era poca brillantezza e dopo la rete dello 0-2 la squadra è crollata psicologicamente. Alle insidie su cui sta scivolando la restaurazione c’è poi da aggiungere il quadro ambientale di uno spogliatoio che dai tempi dell’ammutinamento ha messo in mostra delle pessime relazioni con la società. Il modello di gestione del club ha sempre avuto dei limiti che sono stati nascosti dalle scelte giuste su allenatori e giocatori che avevano la fame di dimostrare le proprie qualità. Quando il Napoli ha tentato d’alzare l’asticella aumentando il monte ingaggi, trattenendo i giocatori migliori nonostante offerte molto importanti e acquistando anche qualche giocatore già affermato come Manolas, sono venute fuori le crepe d’organizzazione societaria e di rapporti tra il presidente e i giocatori.
I corpi intermedi hanno retto l’ordine costituito fino a quando la disparità di vedute tra De Laurentiis e Ancelotti non diventasse profonda come hanno dimostrato i giorni a cavallo di Napoli-Salisburgo. I numeri sono evidenti: il Napoli dopo l’ammutinamento in campionato ha portato a casa solo sei punti in nove partite con tre pareggi, cinque sconfitte e una sola vittoria.
Il Napoli non deve abbandonare le sue idee ma ridurre la portata ambiziosa della restaurazione: ridurre i carichi di lavoro, costruire una squadra più omogenea e incline alle caratteristiche dei giocatori inserendo Demme e Lobotka, poi il recupero degli infortunati può essere di grande aiuto.
Nel frattempo il Napoli ritrova il suo pubblico, il San Paolo tornerà da domani con il rientro dei gruppi organizzati ad essere un luogo caloroso, dove c’è il sostegno, il tifo, la tensione positiva, non la sensazione d’abbandono nel silenzio che consegna la scena ai tifosi avversari. Il San Paolo non è più un cimitero di passione, tutto ciò al Napoli può dare tanto.
Ciro Troise
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