Oggi è il 29 aprile, per 33 anni ha rappresentato la data non solo del secondo scudetto ma del sogno, della felicità, quel miraggio tanto atteso dalla mia generazione, quella che più volte si è sentita dire “Tu non può capi”. Dal 1990 al 2023, la voce di Antonio Fontana che raccontava il secondo tricolore sembrava narrare un’epoca lontana, forse anche irraggiungibile senza Diego Armando Maradona. È accaduto davvero, invece, si tratta di un ricordo indelebile, indimenticabile, da preservare ma nel miscuglio di emozioni che regala il calcio c’è anche un po’ di malinconia osservando la classifica e il flusso di quest’annata.
Napoli-Roma è un po’ la sintesi perché non è bastata neanche una prestazione vogliosa, determinata, con tante palle-gol create, qualche disattenzione difensiva a portare a casa i tre punti che mancano dalla trasferta di Monza.
Saper scegliere i numeri è fondamentale nell’analisi, il Napoli ieri dopo 34 partite ha girato a 50 punti, gli stessi che ha ottenuto soltanto nelle diciannove del girone d’andata dello scorso campionato, quello del trionfo. L’analisi poi deve rispondere alla domanda: perché si arriva ad un disastro di questo tipo? La sintesi è in un dato di fatto: l’ordine è completamente saltato. L’ordine nella catena delle scelte con la mancanza contemporanea di un direttore sportivo come Giuntoli e di Spalletti, allenatore dalla personalità spiccata, capace di riempire gli spazi vuoti. Ordine negli equilibri del gruppo dopo tre allenatori differenti, come dimostra l’ultimo retroscena dello spogliatoio: Anguissa e Juan Jesus che scavalcano Di Lorenzo e vanno a parlare con Calzona per tentare di cancellare il ritiro da venerdì a domenica che era stato concordato con la società. Ordine in campo perché tutto non va al proprio posto, con tanti pensieri che hanno avvicendato le varie gestioni: dall’idea di Garcia d’abbassarsi un po’ con il centrocampo a copertura della linea difensiva ritrovando l’abitudine al lancio lungo per Osimhen al 3-5-2 di Mazzarri, fino alla “restaurazione” di Calzona.
La testa dei calciatori è confusa e nessuno dei tre allenatori ha saputo conquistarla creando un ordine delle cose che li convincesse. L’appagamento post scudetto c’è stato ma non può bastare per spiegare un tonfo così netto.
Il Napoli, a partire proprio dal presidente, non ha saputo leggere la realtà di una squadra che aveva dato tutto, espresso il meglio delle proprie qualità. Andava ristrutturata, potenziata sfruttando anche i tanti utili che l’annata del successo aveva generato. L’ordine delle idee, che ha valorizzato la rivoluzione dell’estate del 2022, ha generato lo scudetto. Un anno dopo andava creato un altro ordine smontando l’illusione che tutto potesse continuare con il pilota automatico, tanto la squadra era così forte che chiunque avrebbe potuto allenarla, ricordando la citazione infausta di De Laurentiis del 4 giugno 2023.
La direzione sbagliata non è stata corretta in tempo ad ottobre, quando dopo Napoli-Fiorentina ha scelto la linea del “commissariamento” con la presenza quotidiana a Castel Volturno o a metà novembre, con l’idea di puntare su un traghettatore come Mazzarri quando c’era praticamente una stagione quasi per intero da affrontare.
Tudor alla Lazio ha saputo intervenire sulle convinzioni della squadra ereditata da Sarri, creando un clima positivo in cui tutti sono disposti a sacrificarsi, anche a rivedere le proprie abitudini. Sabato sera in Lazio-Verona Isaksen e Zaccagni hanno giocato da quinti e durante la gara Tudor ha mosso più volte le pedine della propria squadra raccogliendo la piena disponibilità. I risultati lo dimostrano: da quando c’è Tudor sulla panchina della Lazio, i biancocelesti hanno vinto cinque delle sette gare disputate.
La sfida per la prossima stagione è ricostruire un ordine, un’armonia nella gestione interna, nell’aderenza alla realtà del progetto tecnico. È un percorso che non appartiene solo a De Laurentiis, va condiviso con Manna e i dirigenti per non partire con il piede sbagliato. De Laurentiis non ha ancora deciso, non c’è l’accordo complessivo con Conte, non è completamente convinto del grosso investimento per l’allenatore salentino e restano in piedi le alternative Pioli, Italiano e Gasperini che è il più complicato da raggiungere perché lo scenario più probabile per Gasp è la permanenza all’Atalanta.
Ciro Troise
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