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La lezione di Lebron e Cristiano: il deus ex machina negli sport di squadra non esiste

Nel calcio come nel basket non si vince da soli: a dimostrarlo sono la Juventus ed i Lakers

Spendere tanto ed investire non oculatamente può portare spesso a non raggiungere gli obiettivi prefissati e le evidenze di ciò arrivano da ogni parte del mondo e da ogni sport.

Quando a giugno 2018 i Los Angeles Lakers firmavano Lebron James, il giocatore di basket in attività più dominante secondo ogni addetto ai lavori, e la Juventus si assicurava le prestazioni sportive di Cristiano Ronaldo, l’alter-ego calcistico del prescelto, entrambi gli ambienti pregustavano il ritorno ad un insperato successo.

In California, dove l’abitudine vincente precede il blasone dei lacustri (16 titoli NBA), non si respira aria di playoff dal 2013 e dopo tanti anni di rifondazione sembrava finalmente essere giunto il momento in cui la franchigia ritornava ad essere competitiva grazie all’innesto del nativo di Akron. Dall’altra parte del mondo, nella fredda Torino, dopo l’ennesimo tonfo europeo e quella vagheggiante sensazione di incompiutezza ed impossibilità di vincere lontano dall’Italia, l’ingaggio di CR7 sembrava essere la giusta chiave di volta per realizzare il sogno e l’obiettivo della dirigenza Agnelli: la Champions League. Nonostante le due situazioni siano diametralmente opposte per tante ragioni, la pressione sulle due squadre può essere invece paragonata perché di simile intensità.

Dopo 10 mesi dalle due bombe di mercato, che hanno di fatto scosso l’universo dello sport in generale, sia la Juventus che i Lakers hanno mancato e non di poco i rispettivi obiettivi stagionali, muovendo gli addetti ai lavori e non a diverse riflessioni.

Il decimo posto (37 vinte e 45 perse) con mancata qualificazione ai playoff per i Lakers e la rovinosa eliminazione dalla Champions League ai quarti di finale con l’Ajax per la Juventus ci forniscono l’evidenza di alcune conseguenze, che spesso i general manager ed i direttori sportivi dei vari club sembrano ignorare. Investire tanto sul mercato sottoponendosi a grandi sacrifici economici acquistando il nome sontuoso, quando vi sono ben altri problemi da risolvere in rosa, può risultare solamente deleterio sia per il campione in questione che per il team.

Alla base di ogni vittoria in qualsivoglia campo e sport c’è necessariamente un progetto oculato e studiato, che non si esaurisce in un anno ed è frutto di una programmazione attenta e duratura. Laddove questo progetto sembra essere non redditizio seppur in alcun frangenti buono (vedi il caso Juventus in Italia) o del tutto perdente e fallace (vedi i Lakers e la prolungata assenza dai playoffs), la necessità principale è quella di ricostruire salvando quanto di buono si è ottenuto nelle stagioni precedenti con investimenti mirati e sensati, non concentrandosi su una figura singola che possa assurgere al ruolo di deus ex machina.

Lebron e Cristiano, per quanto siano due icone e due fenomeni dei rispettivi sport, hanno dimostrato ancora una volta una lezione che è un dato di fatto ed è, per quanto banale, la regola principale di uno sport di squadra: non si vince da soli. Il loro impatto sulle stagioni dei rispettivi team è stato quasi nullo se considerato in termini di risultato e sia per i Lakers che per la Juventus ci sarà la necessità di ricostruire ed investire diversamente i propri fondi, memori dell’esperienza delle stagioni precedenti.

La Juventus si presenta davanti ad un bivio, che è irrimediabilmente legato al futuro di Allegri sulla panchina dei bianconeri: ricostruire completamente con un nuovo allenatore ed un’importante campagna acquisti e cessioni o riprovarci ancora l’anno prossimo con lo stesso gruppo e qualche innesto. Per i Lakers invece il discorso è diverso, anche per come è formulato il mercato negli USA: la permanenza di Lebron ha preparato la piazza per l’arrivo di un altro grande nome in scadenza, su tutti Russell Westbrook e Kevin Durant, e si avverte l’irrimediabile necessità di cambiare la guida tecnica, nonostante i buoni spunti offerti da Luke Walton nel corso della stagione.

La palla passa ora ad Agnelli ed a Magic Johnson, a capo del futuro delle rispettive squadre, che dovranno riuscire a non ripetere gli errori del passato, ricordando che difficilmente è un singolo a cambiare le sorti di un intero club.

A cura di Matteo Cascella

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