Benvenuti alla conferenza stampa del neo tecnico della Juventus Maurizio Sarri. Il tecnico ex Chelsea e Napoli inizia così una nuova avventura e dopo gli anni senza vittorie in azzurro tornerà in serie A dalla porta principale.
Inizia a parlare Fabio Paratici:
“Siamo molto contenti che sia qui con noi, con lui abbiamo sottoscritto un contratto di durata triennale.
Come è andata la trattativa col Chelsea?
“Tra grandi club bisogna rispettare tempi e formalità, noi abbiamo avuto le idee chiare fin dall’inizio”.
Ecco le prime parole di Maurizio Sarri:
“Io quando sono arrivato a Napoli ho dato tutto, perché sono nato a Napoli e sono tifoso del Napoli. Ho dato tutto dal punto di vista professionale. Poi negli ultimi mesi ho avuto qualche dubbio, tra la parte professionale e quella logica. Poi il Napoli mi ha tolto questo dubbio presentando Ancelotti. Ma il problema era mio perché questo dubbio era serio. A quel punto decido di andare all’estero, anche se ho offerte anche dall’Italia, ma decido di fare una esperienza in Premier. E’ stato bellissimo, ma poi sento l’esigenza di tornare l’Italia e la Juventus mi ha dato questa opportunità, il club più importante d’Italia. Credo di aver rispettato tutti e nell’ultima parte dovevo rispettare anche me stesso. La sensazione quando mi ha contattato la Juventus è stata forte, mai vista una società così determinata nel prendere un allenatore”.
Quando cambierà il calcio in Italia?
“Il nostro sarà un percorso lungo, girando gli stadi in Inghilterra ti rendi conto dell’inadeguatezza delle nostre strutture. Lì il clima è molto diverso e in Italia bisogna partire dalle strutture. In Italia abbiamo la fortuna di avere ancora un piccolo vantaggio per strutture societarie e per competenze tecnico-tattiche. Lì il risultato è importante, ma un po’ meno rispetto a qui perché sanno di rischiare un po’ meno in caso di sconfitta. Sono contento di rientrare in Serie A perché dal punto di vista della competizione con gli allenatori questo è un anno molto interessante, ci sono tecnici come Conte, Ancelotti, Giampaolo, Fonseca e De Zerbi che mi piacciono molto. Si sta creando un’aria molto frizzante”.
Sarà giudicato da quello che farà in Champions?
“Mi aspetto di alzarmi la mattina e studiare il modo di vincere le partite. La Juventus in Italia ha l’obbligo di mettersi sulle spalle il fardello di essere la favorita e di dover fare bene. Poi se entriamo nel discorso Champions League la Juventus ha l’obbligo di partire con l’obiettivo di vincere, ma si sa che ci sono altre 8-9 squadre con lo stesso obiettivo. Le responsabilità secondo me sono più forti a livello italiano che non europeo, la Champions è un obiettivo con un coefficiente di difficoltà mostruoso”.
Adatterà i giocatori al suo modulo?
“Dobbiamo sapere quali sono i due-tre giocatori che ci possono fare la differenza e poi metterli in condizione di poter fare la differenza. Negli ultimi anni ho fatto il 4-3-3 e si parla di 4-3-3, ma io ho giocato per anni col trequartista e lo stesso 4-3-3 del Chelsea è stato molto diverso da quello del Napoli. Il modulo è una conseguenza delle caratteristiche dei calciatori”.
Che effetto fa allenare il giocatore più importante al mondo e un club come la Juventus?
“Io non passo da dilettante alla Juventus, ma è stato un percorso lungo. Mi dà emozioni essere qui e mi fa piacere, il percorso è lungo ed è fatto di passi. Quella della Juventus è una storia pluricentenaria, mentre al Chelsea la storia s’è elevata negli ultimi 20 anni. Lo ritengo questo un ulteriore passo in avanti, l’emozione c’è ed è forte ma la Juventus non ha preso un tecnico dai dilettanti, nel frattempo c’è stato anche un mio percorso. Negli ultimi anni ho allenatori giocatori forti e giocatori molto forti, con Cristiano Ronaldo però si va a un livello superiore perché è il top al mondo. Ha quasi tutti i record che si possono avere a livello mondiale e mi piacerebbe fargliene battere qualcun altro”.
Quando era a Napoli parlava della Juventus come di potere costituito. Vuole ancora querelare chi in passato lo accostò alla Juventus?
“Io non dissi che lo querelavo per la Juventus, ma perché era una notizia prima di fondamentale e il discorso non riguardava la Juventus. Io penso che ho vissuto tre anni in cui mi alzavo la mattina e il mio primo pensiero era quello di battere la Juventus, perché eravamo l’alternativa più credibile. Era il mio dovere morale, ho dato il mio 110% e non ci siamo riusciti. Lo rifarei, ma è chiaro che si trattava di un’avversità sportiva e quando finisce finisce. La mia professionalità, adesso, mi porterà a dare tutto per la Juventus. Tutto quello che ho fatto posso averlo fatto anche con mezzi e modi sbagliati, ma credo sia intellettualmente apprezzabile perché se io ho un avversario lo posso odiare, ma alla fine lo devo apprezzare”.
Si sente un traditore? Ha sentito i suoi ex calciatori?
“No, ma ho qualche messaggio che rimetterebbe tutto in discussione. A volte le dichiarazioni pubbliche servono anche per convivere con l’ambiente, poi i discorsi privati sono diversi. Il mio percorso professionale l’ho già chiarito, sono andato all’estero dopo Napoli e poi avevo l’esigenza di tornare in Italia e io devo rispettare me stesso e questa professione. E la Juventus mi ha voluto fortissimamente. Qui darà il mio 110% e io penso di non aver mai mancato di rispetto a nessuno”.
Cosa l’ha colpita della Juventus?
“Mi è bastato un paio di cene con loro per capire che sono un gruppo forte, per compattezza e mentalità e questo mi piace molto”
Tuta o giacca e cravatta? Quando parlava del palazzo interpretava un personaggio? “No, era un terreno professionale e intendevo voler vincere lo scudetto, rappresentavo un popolo che non vinceva da 30 anni. Eravamo belli convinti, non è finita come volevamo ma il viaggio è stato stupendo. Ho selezionato un obiettivo, lo scudetto, e siamo andati in maniera feroce su quello. Sulla tuta non lo so, parlerò con la società. L’importante è che non mi mandino nudo…”.
Il motto ‘vincere è l’unica cosa che conta’? “Ho vinto poco, in categorie molto più basse. Penso che l’obiettivo di divertrisi in campo non sia antitetico a quello di vincere. La squadra che si diverte e diverte il pubblico acquista quell’entusiasmo che molto spesso è anche benzina per fare risultati. Nelle prime partite con l’Empoli in serie A mi chiedevano tutti se intendessi salvarmi con un calcio così brillante, alla fine sono riuscito a farlo con 6 giornate di anticipo. Hanno vinto allenatori e squadre con caratteristiche e filosofie di gioco opposte tra di loro. È bene restare convinti delle proprie idee”.
Scettiscimo su di me? “È successo già quando sono andato all’Empoli, al Napoli e al Chelsea. È giusto che ci sia rancore e scetticismo dai tifosi e c’è un solo modo per toglierlo: vincere e convincere”.
Che cosa mi è piaciuto della Juve? “La compattezza della società e dei dirigenti. È importante. Il sentimento affettivo e il rapporto con le persone ti permette di dare qualcosa in più. Sono un gruppo forte per determinazione, per compattezza, per mentalità e mi piace molto”.
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