La Napoli calcistica e i napoletani mostrano sempre un affetto straordinario verso i propri beniamini, talvolta smodato. A raccontare questo “folle” attaccamento ai giocatori è stato Jorginho, che ha vissuto l’esperienza da vicino per quattro anni e mezzo. Il centrocampista − fresco Campione d’Europa con club e Nazionale − l’ha raccontata in una lunga lettera pubblicata sul portale The Players Tribune, di cui viene ripreso il passaggio dell’avventura all’ombra del Vesuvio.
“Quando sono passato al Napoli nel gennaio del 2014, mi sono trasferito in una città completamente diversa. Conosciamo tutti come sono i napoletani no? Wow! Che passione! Trattano i giocatori come dei. Non potevo andare al supermercato. Non potevo andare al parco. Nessuna possibilità. Per nascondermi, dovevo mettermi un cappello per coprire gli occhi e una felpa con il cappuccio. Mio padre diceva che sembravo un fuggitivo!
Una volta un amico mi venne a trovare per il weekend. Di solito giocavamo di domenica, ma quella volta avevamo giocato di sabato quindi avevo confuso i giorni. L’ho portato in centro alle 5 di pomeriggio e c’era un traffico incredibile. Dio! Caos totale. Macchine ovunque.
Pensavo tipo, affollato per essere lunedì eh? Forse è perché è l’ora di punta?
Per essere sicuro, chiesi a qualcuno che giorno era.
“Domenica”
E io, “NOO000000!!!”
Mi sono girato verso il mio amico e gli ho detto: “Allacciati le cinture, perché adesso siamo nella mani di Dio”
Abbiamo provato ad essere tattici. Io mi sono messo cappello e felpa e camminavo dietro a lui in una strada pedonale stretta. Gli ho detto: “Continua a camminare, non fermarti.” Siamo arrivati a Piazza del Plebiscito e ci siamo nascosti nel retro di un bar
affollato. Aveva funzionato. Non mi aveva notato nessuno.
Dopo un po’ pensavamo di uscire nello stesso modo. Ma appena siamo usciti dal bar indovinate chi mi ha afferrato per chiedermi una foto? Il cameriere!!
Che casino! Eravamo fuori dal bar! Non voglio dire parolacce, ma cavolo! Sarebbe stato molto più semplice fare la foto all’interno. Dissi tipo: “Bro, stai scherzando. Perché non me l’hai chiesta dentro?”
Lui disse: “Se l’avessi chiesta dentro avrei perso il lavoro”
lo ero tipo, Però puoi lasciare il bar e non lo perdi?? Non ha senso!
Però, ancora una volta, Napoli raramente ha senso, no?! Ahahahaha.
Comunque, in quel momento eravamo in pericolo perché la piazza era piena di gente. Fino a quel momento mi aveva visto solo il cameriere, ma quello era già passato. Quindi indovinate cosa è successo? il cameriere aveva il flash attivato Spinge il bottone. SNAP FLASH! La mia faccia si illumina
L’intera piazza si volta e grida: “JORGINHO!!!
lo dico al mio amico: “Questa è una guerra”
Tutti hanno iniziato a gridare il mio nome. Tutti volevano una foto, anche quelli che non sapevano chi fossi! Dicevano tipo: “FOTO! FOTO! HEY CHI E QUESTO? Giuro che per ogni passo ho fatto tre foto. E non pensate che qualcuno chiedesse per favore o “Posso farmi una foto con te?” Napoli non è Londra! Strattonavano e spingevano. Pensavo che non saremmo mai tornati a casa. Dopo mezz’ora avevamo fatto solo metà strada.
Fortunatamente, qualcuno mi ha salvato. Questo ragazzo enorme, che faceva parte di uno dei gruppi organizzati dei tifosi del Napoli, è apparso e ha detto: “Hey, lasciatelo andare a casa! Mi ha trascinato fuori dalla folla.
Gli ho detto: “Grazie mille”
E lui mi fa: “Si però adesso è il mio turno no? Ci facciamo una foto??”
Gli ho detto: “Bro, mi hai salvato, se vuoi ne facciamo 10!”
Napoli…è folle. Ma ho amato la città. Ho amato i napoletani.
Dopo 4 anni e mezzo, è stato davvero difficile per me andare via”.
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