L’attaccante del Napoli, Lorenzo Insigne, ha rilasciato un’intervista ai microfoni de La Gazzetta dello Sport. Ecco le sue parole:
«È vero. La zona dei Tribunali proprio non la conosco. Mi dispiace soprattutto per Carmine e Cristian, i miei figli. Non possono nemmeno giocare in strada come facevo io da piccolo, perché sono i figli di Insigne. Ma appena posso con Jenny li portiamo a mangiare una bella pizza al lungomare. Sappiamo che è così e ci siamo abituati. A me piace il contatto con la gente, Napoli ti abbraccia e ti avvolge».
Se non stai attento rischia di stritolarti per affetto.
“Già, ma ho imparato a trovare l’equilibrio. So che a me la gente chiede sempre qualcosa in più. Prima ci restavo male, a volte, nella maturità l’ho tramutato in uno stimolo in più”.
Come quel gesto «state zitti» sullo 0-1 al San Paolo con il Chievo, ribaltato in vittoria al tramonto della gara.
“Lì c’era anche rabbia. Perché i tifosi hanno diritto di contestare, ma un attimo dopo il fischio finale. Perché non c’è squadra o sportivo che non avverta flessioni o difficoltà in una sfida. In quel caso la reazione deve essere di gruppo, caratteriale. E avere la gente che ti sostiene è importante”.
Però 91 punti non sono bastati a vincere lo scudetto. Dentro rimane un retrogusto amaro.
“Ce la portiamo dentro, insieme alla voglia di far meglio. Al di là delle polemiche, dobbiamo migliorare nella gestione dei momenti delicati di una stagione. Squadra, società e ambiente: tutti insieme”.
Con Cristiano Ronaldo avversario la sfida scudetto si complica.
“Benvenuto a lui, ma sono curioso di vedere come si adatterà al nostro campionato. Non potrà vincere le partite da solo”.
Beh, parliamo del più forte giocatore al mondo: o no?
“Personalmente, anche per come intendo io il calcio, preferisco Messi. Ma le doti del portoghese non sono in discussione: se ha vinto cinque Palloni d’oro qualcosa significa”
La sua curiosità allora qual è?
“Le difese italiane sono fortissime, anche se lui proprio contro la Juve ha dimostrato di essere un fenomeno. Però in un torneo lungo vedremo. Magari Ronaldo si risparmierà per puntare alla Champions, che è il suo grande obiettivo. E poi a noi, negli ottavi di Champions di due stagioni fa, non è riuscito a far gol. Speriamo di ripeterci”.
A proposito, in Europa c’è da migliorare decisamente il rendimento.
“Vero. E sono convinto che con Ancelotti ci riusciremo. I suoi numeri in Champions sono favolosi, l’approccio con il mondo Napoli è stato eccellente. Trasmette grande serenità a tutto l’ambiente”.
Cosa l’ha stupita di più nel nuovo allenatore?
“La semplicità dei gesti. Fa la doccia con noi, approfitta di ogni momento nello spogliatoio o a tavola per dialogare, far gruppo. Per esempio ha “costretto” i nuovi a salire su una sedia e cantare. E lui accanto, a condividere ogni cosa. Pure il presidente è più sereno da quando c’è lui”.
Sarri archiviato in fretta.
“Quello che abbiamo realizzato grazie a lui negli ultimi tre anni rimane indelebile. Dobbiamo solo ringraziarlo per ciò che ci ha insegnato del calcio. Tempi e movimenti che ha saputo darci in campo restano eccellenza. Ora Ancelotti ha saputo apprezzare tutto questo e lo coniuga alla luce della sua grande esperienza. Per certi versi, con i dovuti distinguo, stiamo rivivendo sensazioni simili nel passaggio da Mazzarri a Benitez. Anche stavolta passiamo da toscani più duri nel lavoro a tecnici di maggiore esperienza internazionale. E io ho imparato tanto da tutti e spero ora ancor di più”.
Restate l’anti-Juve?
“Sì, perché abbiamo cambiato pochissimo e – come dice il presidente – Ancelotti è il nostro miglior acquisto. Non dimenticate che questo gruppo è fortissimo e ha già fatto bene”.
Le dà fastidio sentir parlare sempre di top-player da acquistare?
“Non è fastidio. La società e il tecnico sapranno dove e come rinforzare questa squadra. Mi spiace solo che così parlando si dimentica le ottime cose fatte negli ultimi anni”.
Dura restare spettatore del Mondiale davanti alla tv.
“Durissima. Anche perché vedere uscire una a una tutte le favorite fa ancora più rabbia. La carriera di un giocatore è breve. In Brasile nel 2014 ero giovane e non è andata benissimo, ora questa occasione sfumata: fra quattro anni spero di riprendermi con gli interessi dalle amarezze”.
Vedere la Svezia…
“Meritano un grande applauso per il percorso che hanno fatto, esaltando il lavoro di squadra pur non avendo Ibrahimovic. Certo se…”.
…quella sera di novembre a San Siro avesse giocato.
“No, non parlo di me. Parlo della squadra che avrebbe potuto farcela. Poi in Russia sarebbe stata un’altra storia”.
Ventura si sarebbe dimesso.
“Ho sentito che l’ha detto. Ma a prescindere resto convinto che il gruppo non era male”.
Con Mancini è cambiato spartito: è stato persino capitano.
“Ha creato subito un buon rapporto. Ora stiamo cercando di costruire una squadra ancora più forte. Ho fiducia”.
In Nazionale ha rivisto Chiellini, col quale vi siete scambiati frasi feroci sulla corsa scudetto.
“E lì abbiamo chiarito. Lui c’era rimasto male per frasi mie che non erano assolutamente irrispettose. E a me non erano piaciute completamente le sue. Poi a quattr’occhi diventa più diretto e noi sappiamo cosa ci siamo detti”.
Quella sera in albergo a Firenze, davanti alla tv per Inter-Juve, avete perso lo scudetto.
“Basta parlarne. Dobbiamo far esperienza e diventare più forti delle avversità, saper reagire psicologicamente senza abbatterci. Ancelotti ci sta aiutando molto anche nel crescere come mentalità”.
Ha sempre ribadito il suo legame a città e società, poi però ha scelto un agente come Mino Raiola, famoso per la capacità di spostare rapidamente i propri assistiti. E a Napoli faticano a capire.
“Tranquilli. Raiola sposta solo i giocatori che gli chiedono di andar via. Non agisce di testa propria”.
Sempre sul rapporto con la città: la collaborazione con i Jackal è il segno di una napoletanità moderna che non tralascia la tradizione.
“Sono ragazzi eccezionali, geniali videomaker con i quali abbiamo in cantiere qualche altro spot divertente”.
Lorenzo padre e il rapporto con i nuovi scugnizzi.
“Quando ne ho la possibilità vado a parlare ai giovani della Sanità e di altri quartieri a rischio. Io sono uno di loro che ce l’ha fatta. Ricordo i sacrifici fatti da mio padre in una famiglia numerosa, povera e onesta. Si può sempre emergere se si insegue un sogno”
Il suo qual è?
“Quello calcistico lo tengo per me. In famiglia sogno di veder crescere sani i miei figli, sportivi e non per forza calciatori. Magari facessero nuoto per me sarebbe più semplice seguirli. Li voglio vedere sempre sereni e sorridenti, fra la mia gente”.
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