“A me sono girati davvero i coglioni quando esponenti della Juve parlavano di Higuain mentre era un nostro calciatore ed io non farò quello che hanno fatto loro”
“La Juventus è palesemente di un’altra categoria […] alla lunga il fatturato pesa”
“Era un gruppo di persone che ha sputato contro il nostro pullman e ci ha insultati in quanto napoletani. Il gesto era per loro”
“Lo scudetto? Mi capita di ripensarci. Sarebbe stato il coronamento di una storia straordinaria, di un sogno mio, della squadra e di tutta la città. Qualcuno ha fatto ironia, ma chi ha fatto sport sa che abbiamo perso lo scudetto in albergo a Firenze. Mal di pancia per Inter-Juve? Sì. Perché quello che è successo il giorno dopo è la conseguenza di quella partita”
“Nella vita tutto finisce, quindi prima o poi finirà anche quello che vediamo in Italia. Il rischio è perdere tanti appassionati che hanno la sfortuna di tifare squadre che sanno di non vincere mai. Impoverendo il sistema, si impoveriscono anche i più ricchi”
Siamo qui, come quando lasciati dalla ragazza che abbiamo tanto amato, in piena sbronza, scorriamo le chat di Whatsapp e rileggiamo i messaggi. Un mix di nostalgia e masochismo, mentre andando su Facebook e Instagram la vediamo adesso con il fighettino di turno. Quello con la bella macchina, l’accessorio costoso, quel sorriso ebete da “io posso tutto, io ottengo tutto senza neanche chiedere”.
E ci rendiamo conto che la nostra storia, il nostro volerci bene era solo una tragica illusione. Non lo si impara mai, era successo anche con Higuain. Ma che volete farci: è sempre la stessa merda. Fa sempre male. Soprattutto perché quel rapporto sembrava così bello, così vivo, così vero.
E non lo era!
Sarri e il Napoli, la coppia perfetta. Lui, per una considerevole parte del popolo azzurro, era il meglio. Era quello giusto. Proprio perché per gli altri non lo era. E allora, due “disastri”, agli occhi dell’Italia calcistica e non solo, che si erano trovati. Soli contro il Palazzo! Insieme per essere contro il Palazzo!
Poi ti svegli e ti accorgi che il “brutto anatroccolo”, che per te era “speciale”, che per te era perfetto anche “brutto”, ha deciso di prenderlo da solo il Palazzo, ma entrando dalla porta principale. Ha deciso di non essere più il brutto anatroccolo, ma di trasformarsi in un cigno non appena quelli che fino a ieri lo consideravano brutto hanno deciso di dagli un’opportunità.
Rinunciando definitivamente al ricordo di essere stati “brutti” e “felici” insieme!
Ma la realtà è questa. Abbiamo smesso di credere a Babbo Natale da tempo, anche se ogni Natale vorremmo stare seduti fino a notte fonda davanti al camino, illudendoci in cuor nostro che un omone di 120kg possa calarsi e poi ripartire per consegnare in una notte sette miliardi di regali.
Perchè abbiamo bisogno di sogni. E il calcio era, fino a poco tempo fa, l’ultimo rifugio dei nostri sogni. Il mondo è materialista, e il calcio lo sta diventando sempre di più. C’è chi si abitua, festeggia le “Coppe del Bilancio” o chiede ai propri presidenti di essere parsimoniosi manco fossero soldi loro quelli da spendere sul mercato. E poi c’è una fetta di coloro che resistono, che credono a Babbo Natale, al vero amore e agli eroi che sconfiggono di draghi.
Ma l’eroe il drago lo deve sconfiggere, non allearsi con lui e bruciare lo stesso villaggio che aveva fatto finta di difendere. Altrimenti non è una favola, non è una storia, è solo la dura legge della realtà.
I tifosi hanno bisogno di sogni e grandi storie, e il Sarrismo in questi tre anni è stata l’idealizzazione di un sogno, il “sogno nel cuore”, la nascita di uno spirito di rivalsa verso un qualcosa di indefinito (il Palazzo), ma che tutti odiavamo e percepivamo come ingiusto. Tutti abbiamo bisogno di costruire una storia per fuggire da una realtà di merda. E quel Palazzo rappresentava tutto ciò che per il tifoso napoletano era il “male”: la Juve, gli Agnelli, lo strapotere del Nord.
Napoli è una città particolare, dove tutto è esaltato all’ennesima potenza. Nel bene e nel male. E all’ennesima potenza avevamo bisogno di traslare in qualcosa di concreto tutte le nostre pulsioni di rivalsa. Sarri, inizialmente a sua insaputa, è diventato la personificazione di questi sentimenti, di questa voglia di Rivoluzione, così come il Palazzo era la personificazione del “nemico” da abbattere.
E’ un grande problema quello di questa città. La continua necessità di personificare il grande spirito di rivalsa che, da sotto la cenere, cova in una capitale diventata periferia. Una città, forse l’ultima di un Sud sempre più fatalista e rassegnato, che non accetta le briciole, ma che reclama il suo posto al tavolo dei ricchi con le città del Nord.
Ma non sa farlo. O meglio, lo fa nel modo sbagliato. E così da un lato c’è quella pseudo borghesia arrivista che adesso sfrutta la cosa per elogiare il forestiero salvatore, sia esso De Laurentiis, Garibaldi o Championnet, solo per continuare a mangiare briciole al grido di “vedete solo i forestieri sanno salvarci, li dobbiamo ringraziare”. Mentre dall’altro c’è una massa di gente che ha bisogno del Masaniello di turno, come lo era stato Maradona, per avere il simbolo, la guida, il capopopolo contro chi non vuole Napoli, sportivamente e non solo, al tavolo delle ricche metropoli settentrionali.
E’ naturale quindi che il rapporto tra Napoli e Sarri sia nato (e sia continuato per colpa di entrambi) su premesse sbagliate. Perchè Sarri aveva bisogno di qualcuno che credesse in lui. Noi avevamo bisogno di un capopopolo, di qualcuno che ci guidasse. Ma per noi era qualcosa di esclusivo, per lui no. Sarri qualcun altro che credesse in lui poteva trovarlo più facilmente! E l’ha trovato! In quel tipo fighettino col macchinone che, quando eravamo insieme, diceva tanto di odiare!
Servizi a cura di Giancarlo Di Stadio
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