“Mai fare il passo più lungo della gamba”, l’analisi storica del Napoli di De Laurentiis ha sempre avuto come riferimento questo concetto della gestione finanziaria del club azzurro seguita in maniera brillante da Andrea Chiavelli. Questo concetto ha rappresentato due facce della stessa medaglia: quella positiva riguardo la virtuosa gestione dei conti, quella negativa nella critica per cui nei momenti decisivi in alcune circostanze è mancato il passo importante per portare a casa storiche vittorie. “Mancano sempre cinque centesimi per fare un euro”, affermava Diego Armando Maradona, l’eroe dell’unico Napoli vincente in Italia e in Europa. Il paradosso della stagione in corso è che il Napoli sta vivendo una crisi di progetto proprio dopo l’estate in cui De Laurentiis ha alzato l’asticella investendo 115 milioni di euro sul mercato e portando il monte ingaggi per la prima volta nella storia oltre i 100 milioni.mIl Napoli ha provato ad alzare l’asticella ma si è scontrato con i suoi limiti nella gestione dei “mal di pancia”, nella perdita del controllo dello spogliatoio esplosa la notte di Napoli-Salisburgo.
Dopo l’era Sarri, che ha portato gli azzurri ad una continuità di rendimento così importante da sfiorare lo scudetto, bisognava rifondare, rendersi conto che c’era bisogno di rinnovare un ciclo. De Laurentiis in certe fasi storiche è stato molto lungimirante, ha avuto il coraggio di guardare avanti sfidando anche la piazza, nel post Sarri ha preferito inseguire l’utopia di rendere il Napoli ciò che non è: una big stabilmente ai vertici del calcio italiano che non ha bisogno di vendere i suoi pezzi pregiati. De Laurentiis ha scommesso su Ancelotti, a causa dei costi per un suo eventuale addio sta continuando a farlo e per il momento questa scelta non ha portato i suoi frutti. Il Napoli ha retto fino allo scorso dicembre, sulla scia dell’entusiasmo per il cammino in Champions League e del lavoro di “transizione” compiuto da Ancelotti, poi non ha più trovato continuità perché la trasformazione tattica della sua creatura ha prodotto un pasticcio. Ancelotti ha inseguito un’utopia: difesa molto alta, conquista della metà campo avversaria con la densità tra le linee, calcio posizionale con la capacità dei calciatori di leggere costantemente situazioni diverse, identità flessibile nell’idea delle rotazioni e del turn-over radicale per valorizzare la rosa. Questo progetto ha prodotto una squadra che soffre costantemente in fase di non possesso proprio tra le linee e nello scivolamento laterale, nell’ultimo ciclo ha ripresentato i problemi che aveva superato in passato. Le pagine dello storytelling ai tempi dell’arrivo di Ancelotti narravano di un allenatore che avrebbe dovuto far fare il salto di qualità alla squadra sotto il profilo psicologico e, invece, questo gruppo, svuotato anche da varie situazioni contrattuali non risolte e dalla sciocchezza di rifiutare il ritiro dopo Napoli-Salisburgo, ha perso anche le certezze che esprimeva in passato.
Il Napoli ha bisogno del presidente De Laurentiis che abbiamo conosciuto in passato, coraggioso, capace di decisioni forti, in grado di affrontare il problema alla radice. Servono due piani: uno per arrivare a fine stagione nel migliore dei modi, in estate poi bisognerà interrogarsi su prospettive e strategie. A questo gruppo serve una scossa, contro il Genoa non è arrivata, quindi, è necessario prenderne atto e non rinviare la risoluzione dei problemi. Ancelotti ha incassato la fiducia a tempo, l’esonero rappresenterebbe un ulteriore investimento che De Laurentiis non vuole sobbarcarsi, tocca al “leader calmo” presentarsi a San Siro con una squadra trasformata sotto il profilo tattico e mentale, altrimenti la musica sarà sempre la stessa e il Napoli poi sarà costretto a cambiare.
Ciro Troise
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