Se guardiamo il calcio italiano non possiamo fare a meno di notare come sia un calcio territorialmente sbilanciato. Un calcio “nord-centrico”, emanazione sportiva di una differenza economica e sociale che non si è ancora potuta (e soprattutto voluta) colmare. Basta rileggere la storia della nascita del campionato italiano, riservato ai suoi albori alle sole compagini del triangolo Milano-Torino-Genova. Bisognerà attendere il 1926 e l’ideologia nazionalista che permeava il regime fascista dell’epoca per vedere, con la Carta di Viareggio, la nascita del primo campionato veramente nazionale.
Ma dal 1926 ad oggi le cose per le squadre a sud di Firenze non è che sono andate poi così bene. Solo 8 volte lo Scudetto ha fatto capolinea sotto l’Arno, e se ci limitano al Sud propriamente detto vediamo come l’unica squadra in grado di vincere qualcosa sia stato il Napoli (2 Scudetti, 5 Coppe Italia e 2 Supercoppe). Un unicum in Europa dove, a parte il caso particolare della Germania (a lungo divisa tra Est ed Ovest), il potere calcistico è abbastanza distribuito in maniera omogenea nei maggiori campionati. In Spagna vincono sia le due di Madrid che i catalani del Barça. Ed in passato anche i baschi di Athletic e Real Sociedad si sono fregiati del titolo di campioni, senza dimenticare gli andalusi del Siviglia, ormai presenza fissa alle premiazioni di Europa League. Discorso simile anche in Inghilterra con il potere calcistico diviso tra Londra, Manchester e Liverpool, ma il tutto inserito in un sistema calcio che non disdegna le outsider come Leicester o Blackburn.
E non si tratta nemmeno solo di vittorie, anzi. Perchè scorrendo le classifiche degli ultimi anni di Serie A notiamo come l’unica presenza fissa di squadre meridionali nelle posizioni di vertice sia sempre quella del Napoli. Qualche breve exploit del Palermo negli anni recenti non è altro che l’eccezione che conferma la regola. Insomma, fare calcio al Sud è molto, ma molto più difficile.
Eppure ogni tanto, contro tutti i pronostici, qualche favola meridionale può essere raccontata. Contro tutti i pronostici, torno a ripeterlo. La presenza del Crotone questa stagione, come quella del Frosinone la scorsa, dimostra che anche a sud di Roma c’è spazio per sognare. Anche se il sogno passa spesso attraverso enormi sacrifici. Molti reputano favole calcistiche anche quelle del Sassuolo o del Parma negli anni ’80/’90. Facile diventare grandi quando dietro ci sono i soldi del presidente di Confindustria o di quello di una delle più grandi multinazionali alimentari del secolo scorso. Molto più difficile quando la tua società proviene da una realtà dove è difficile non solo pagare gli stipendi ai calciatori, ma sostenere complessivamente tutte le spese. Emblematica è la vicenda dello “Scida”. Da un lato ci sono squadre di provincia che possono permettersi lo stadio di proprietà (Sassuolo e Udinese), dall’altro c’è chi deve aspettare deroghe e permessi per poter giocare nel proprio impianto.
Non si tratta di sminuire quanto fatto da Sassuolo, Udinese, ma anche negli anni precedenti da Piacenza, Perugia, Brescia, ecc… si tratta invece di avvalorare il grande lavoro che squadre come Crotone, Frosinone o Pescara nei tempi recenti hanno svolto. Dove non arrivano i soldi arrivano le idee. Una massima per alcuni aspetti poco condivisibile, ma che forse nel calcio trova il modo migliore per essere esplicata. Crotone negli anni fucina di talenti, tappa di passaggio per giovani giocatori che poi sono diventati grandi altrove (Florenzi e Bernardeschi), ma che hanno dato una grande mano alla crescita del club calabrese. Così come l’intelligenza del Pescara nello scovare e vendere un certo Verratti ha consentito poi di costruire una squadra in grado di tornare quasi immediatamente in A dopo la retrocessione.
Quasi certamente la favola del Crotone durerà poco, come è durata poco quella del Frosinone o quella del Pescara. Fugaci apparizioni di meridionali in Serie A. Come il Messina o la Salernitana. Più durature, ma destinate comunque alla fine, quelle di Catania, Lecce e Reggina. Squadre che hanno vissuto un sogno, un periodo “da grandi”. Spinte da rose di valore, composte da calciatori semi-sconosciuti che si sono rivelati all’altezza. Ma alla fine tutte le favole, come accaduto anche a Catanzaro e Avellino nei decenni precedenti, sono terminate, lasciando ai loro tifosi tanta nostalgia. Nostalgia, ma anche consapevolezza che delle volte, se sei bravo, l’occasione per diventare grande capita a tutti. Non solo alle “ricche” di provincia Parma, Sassuolo, Udinese, ma anche ad una “piccola” meridionale, senza stadio e con pochi fondi, come il Crotone…
Servizio a cura di Giancarlo Di Stadio
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