Marotta da una parte invoca il rischio default e chiede al Governo il rinvio delle tasse, dall’altra si muove per l’assalto a parametro zero a Wijnaldum competendo con il Barcellona e la Juventus. Si tratta del trionfo dell’ipocrisia, del resto l’Inter è lo stesso club che ha garantito un contratto fino al 2023 da 7 milioni netti all’anno a Sanchez.
Il Covid-19 ha buttato a terra un castello di carta
Il Covid-19 ha colpito tutti ma nel complesso dei cinque principali campionati europei la percezione della crisi varia in base alla fragilità del sistema e in Italia il virus ha buttato a terra un castello di carta. La crisi è di un mondo che non ha investito sugli stadi, ha diversificato poco le entrate, non puntato abbastanza sul match day ma scelto la via dell’abbraccio esclusivo e mortale con i diritti televisivi.
Il più grande assente dal dibattito pubblico è il capitale emotivo, il cuore del business. Senza la passione dei tifosi si va tutti a casa, la potenza economica del pallone si deve all’overdose d’attaccamento dei supporters ma negli ultimi vent’anni filtra questa follia per cui lo spettatore di Shanghai sarebbe più importante del tifoso che decide di regalare tempo e soldi alla propria squadra del cuore percorrendo magari chilometri per seguirla.
Il calcio italiano è rimasto sospeso tra i frutti di una modernità che non sa cogliere e il tradimento degli appassionati dello stadio reale, con il risultato di generare costantemente distacco piuttosto che empatia.
I campionati devono andare avanti ma il protocollo non è la Bibbia
La mazzata sta arrivando con l’emergenza Covid-19. Trovatemi un altro campionato con le partite perse a tavolino, dove nonostante il caso Genoa una partita come Juventus-Napoli finisce in mano ai tribunali, trasmettendo l’immagine che il calcio punta ad essere un mondo a parte, sottraendosi alle indicazioni dell’autorità. Un’ambizione insensata e, che, infatti si scontra con la realtà: basta ricordare i calciatori di Fiorentina e Roma in bolla per decisione dell’Asl.
I campionati devono andare avanti, dal vertice alla base un eventuale nuovo stop rappresenterebbe un disastro ancora più grosso ma bisogna aver rispetto del momento in cui si vive e soprattutto proteggere l’unica cosa che conta: non è vincere ma il campo. Il protocollo non è la Bibbia, si tratta di uno strumento carente, approvato senza il coinvolgimento della Conferenza Stato-Regioni, un colpo di genio considerando che la sanità è gestita dalla Regioni.
Sta reggendo e bisogna fare tutti lo sforzo affinchè regga ma c’è un’emergenza politica: a pochi mesi dalle elezioni in Figc il calcio è afflitto dalle guerre intestine senza l’autorevolezza della guida e della mediazione.
Il caso Juventus-Napoli: un attentato al calcio e al diritto
Che senso ha punire la Roma con la sconfitta a tavolino contro il Verona senza che abbia tratto vantaggio dall’errore su Diawara? Era un’occasione per graduare la forza del diritto.
Poi c’è Juventus-Napoli, l’hanno trascinata in Tribunale per l’incapacità di mediare De Laurentiis, Agnelli, Gravina e Dal Pino. Un attentato al calcio, confermato dalle sentenze di Mastandrea e Sandulli. Per difendere il protocollo come se rappresentasse i dieci comandamenti, si è costruita una macchinazione che prevede addirittura il dolo di preordinazione, riducendo i provvedimenti dell’Asl e del Gabinetto della Regione Campania ad essere considerati alibi, senza uno straccio di prova, solo con indizi che confermerebbero una teoria, non l’evidenza dei fatti.
Il pallone esce fuori da Lega e Figc, passa ad un altro ente, al Coni, precisamente al Collegio di Garanzia dello Sport che può salvare il calcio italiano da una macchia pesantissima e soprattutto da uno scontro tra giustizia amministrativa e sportiva che renderebbe ancora più complesso il “tutti contro tutti” in cui è immerso il pallone. In nessun altro caso è finita con la sconfitta a tavolino e punto di penalizzazione, in C c’è stato il caso Palermo-Potenza e anche nel contesto europeo con la situazione dell’Under 21 dell’Italia in Islanda e Romania-Norvegia sono state seguite altre strade.
Risparmiare è l’unica cosa che conta: la nuova legge del pallone
Non è finita qui, poi c’è la Lazio, il caso tamponi, un’altra vicenda che la Lega Serie A avrebbe potuto evitare accogliendo la richiesta che i medici sociali fanno da mesi: uniformare i test, fare in modo che se ne occupi un solo laboratorio. Era più comodo inseguire la legge del risparmio spingendo il club alla ricerca della soluzione più conveniente, con accordi in cui si garantisce ai laboratori il reintegro delle spese vive.
L’abbiamo capito: risparmiare, congelare gli stipendi e rinviare le tasse è la road map di chi ha sprecato risorse fino a pochi mesi fa. Basta ricordare gli ingaggi di Vidal, Kolarov, Sanchez, Rabiot e Llorente, altro che pagamenti da posticipare.
Ciro Troise
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