Le squadre di calcio somigliano a ciò che trasmette l’allenatore, spesso non solo alle idee ma anche al carattere. Gattuso è un tecnico giovane, in formazione, affascinato da ciò che ha fatto Sarri al Napoli, vorrebbe avere le condizioni per proporre una squadra con il baricentro alto, che alzi il pressing. L’allenatore calabrese ha compiuto lo stesso percorso sia al Milan che al Napoli. Ricordate quando i rossoneri persero in rimonta al San Paolo?
Il Milan giocò molto meglio degli azzurri per un’ora circa, la sperimentazione finì presto, Suso e compagni nel girone di ritorno hanno tenuto sette volte la porta inviolata e hanno subito solo 36 gol, gli stessi del Napoli di Ancelotti che ha terminato il campionato al secondo posto. Gattuso al Napoli ha vissuto un percorso simile, iniziato con la suggestione di riportare subito Insigne e compagni in una dimensione molto ambiziosa avendo fiducia nella capacità di proporre l’identità avuta con Sarri: linea difensiva alta, pressing per il recupero palla e conquista del campo attraverso il palleggio nel 4-3-3.
Le quattro sconfitte nelle prime cinque gare dell’era Gattuso rivelano che questa squadra non era ancora pronta, aveva bisogno di un percorso graduale per ritrovare l’identità smarrita dal disastro tattico e gestionale in cui era piombato il Napoli. Il punto più drammatico si è raggiunto con la sconfitta contro la Fiorentina in cui gli azzurri sono parsi smarriti, distrutti nelle proprie certezze in entrambe le fasi, svuotati dall’atmosfera deprimente del San Paolo senza il supporto delle curve. Gattuso in quel momento ha corretto il Napoli, lavorando sulla testa con l’obiettivo di rendere gli azzurri presenti, partecipi e responsabilizzandoli su quanto era accaduto. Il cambiamento, però, è soprattutto tattico, nei principi di gioco della fase di non possesso.
Il Napoli, costruito male in estate con l’idea mai realmente completata di essere più intenso e aggressivo, non ha problemi ad abbassare il baricentro se necessario, riesce ad essere corto e compatto. È una squadra camaleontica che s’adatta all’avversario, capace di far blocco in circa 21 metri nella fase di non possesso contro l’Inter ma anche di dominare il gioco come fatto in scioltezza nei primi venticinque minuti contro la Sampdoria e il Lecce. Le partite contro Inter e Cagliari sembrano confermare la sensazione che la gara contro il Lecce rappresenti un brutto incidente di percorso, in cui si sono intrecciati vari errori: quelli di Gattuso nella coppia Maksimovic-Koulibaly e di tenere la squadra con il 4-2-3-1 nella ripresa anche dopo il pareggio, le occasioni fallite da Milik e Zielinski sotto porta e il disastro compiuto dall’arbitro Giua nel non assegnare il rigore per il fallo di Donati su Milik che poteva cambiare la partita. Il Napoli, che non concede al Cagliari neanche un tiro in area di rigore, inizia a somigliare al suo allenatore, è compatto, determinato, non più leggera e superficiale come è sembrata in tanti momenti. Gattuso fa bene a non fidarsi ancora, non può fare altrimenti con una squadra forte per valori, costruita male, gestita peggio e corretta a gennaio. Lo dimostra il caso Allan, escluso dai convocati per la trasferta di Cagliari. Il Napoli ha a Brescia un’altra battaglia prima della partita contro il Barcellona, la sfida più importante è recuperare tutto il potenziale a disposizione. Il Napoli ha vinto a Cagliari senza Allan, Koulibaly, Milik e Lozano e con Insigne che ha iniziato la gara in panchina, l’obiettivo è riportare tutti sulla nave per riconquistare l’Europa, giocarsela contro il Barcellona senza rimpianti e andare a caccia della Coppa Italia.
Ciro Troise
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