Il Napoli è la squadra che ha conquistato più punti da situazioni di svantaggio, ben venti ma vanno messi sulla bilancia anche quelli persi dopo essere andati in vantaggio. Nell’era Calzona in cinque partite il Napoli è stato raggiunto, non ha dimostrato la forza mentale di legittimare il vantaggio e in tre occasioni ha subito gol nei minuti di recupero: a Cagliari, contro la Roma e ad Udine. Andando indietro nel corso della stagione, il Napoli ha incassato gol dopo il 90′ anche contro l’Empoli, nella partita che costò l’esonero di Garcia o dall’Inter nella finale di Supercoppa Italiana.
Contro il Torino il Napoli ha vanificato la rete di Kvaratskhelia dopo pochi minuti, incassando la rovesciata di Sanabria e al Maradona il Frosinone è riuscito due volte ad agguantare il risultato con la doppietta di Cheddira. Sarebbero bastati i sei punti sfumati in pieno recupero, considerando anche lo scontro diretto contro la Roma, per essere ancora in lotta per la zona Champions a tre partite dalla fine. Il Napoli, però, si è buttato via, è passato dall’essere la squadra più sexy d’Europa ad una donna trasandata che non si prende cura di se stessa. È stato svuotato nella testa, nella condizione atletica, il fuoco dentro si è spento senza suscitare reazione d’orgoglio, voglia d’aggrapparsi alle ultime occasioni a disposizione per non macchiare la propria carriera. Quando una situazione si ripete, vuol dire che c’è un problema.
Il Napoli contro Cagliari, Roma e Udinese ha consentito all’avversario in pieno recupero di prendere la porta per errori d’attenzione, reattività, scelte errate nella lettura delle situazioni di gioco. Nelle ultime sedici partite consecutive il Napoli ha subito almeno un gol, è un dato che fotografa la rassegnazione alla mediocrità.
Vuol dire che il disastro è nella testa, non c’è più la piena connessione tra ciò che si sta facendo in campo e l’andamento della partita neanche nei minuti finali, quando c’è da azzannare il risultato. Il Napoli è una squadra con poco entusiasmo come spiegò Gasperini dopo la vittoria per 3-0 della sua Atalanta a Napoli. In uno sport di squadra soprattutto l’entusiasmo è come la benzina per l’automobile, senza si rimane bloccati.
Ad Udine il Napoli ha sviluppato solo fiammate nella ripresa dopo un primo tempo in cui si è prodotto pochissimo. Gli azzurri hanno avuto un possesso palla sterile, con le mezzali che accompagnano poco l’azione come del resto accade da inizio stagione. Lobotka in mezzo al campo sembra lavorare per tre uomini, accorcia il campo, aggredisce, si muove senza palla per orientare il possesso e gestisce la conduzione e i passaggi. All’intervallo l’Udinese poteva vantare le situazioni più pericolose, nella ripresa il Napoli ha prodotto qualche fiammata senza mai avere continuità nell’attacco alla porta avversaria. Ha sbloccato la gara, rischiato di raddoppiare il risultato e poi subito il gol del pareggio su un traversone in cui né Olivera né Ostigard hanno lavorato bene.
Mancano ormai tre partite, è un’illusione pensare che possa cambiare tutto lo scenario, c’è da augurarsi il massimo possibile per provare ad accedere alle coppe europee (almeno alla Conference League) ed evitare i due turni in più di Coppa Italia, se il Napoli non dovesse centrare neanche l’ottavo posto.
La missione è poi rigenerare l’aria intorno al Napoli, fare le decisioni giuste tra chi rimarrà e andrà via. Bisogna cambiare almeno quattro titolari: i due difensori centrali, un centrocampista di spessore tecnico e fisico per sostituire Zielinski e il nuovo centravanti al posto di Osimhen. I cambiamenti poi saranno ancora di più nella rosa, il punto di partenza è l’allenatore che dovrà ricostruire un ordine che si è completamente smarrito con l’ausilio del direttore sportivo. “Adda passà ‘a nuttata”, ormai il campionato volge al termine, poi verrà un’estate molto complicata per il Napoli di De Laurentiis, chiamato a ricostruire dalle macerie dell’annata post scudetto.
Ciro Troise
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