Un pessimo comportamento, d’accordo. Ma se esaminiamo attentamente la questione ci accorgiamo che l’attaccante non doveva essere cacciato. Ora bisogna almeno concedergli l’attenuante della provocazione che, in «sede processuale», lo aiuterebbe a beccarsi una «pena» mitigata. Perché? Semplice. Higuain in una prima fase era stato ammonito, guarda caso, per proteste. Succede, anche se sarebbe meglio non succedesse: mugugni e invettive non hanno mai indotto un direttore di gara a revocare una propria decisione. Di norma chi è stato già redarguito con cartellino giallo, poi sta attento a non ripetere l’errore. E, in effetti, il centravanti nel prosieguo della partita è stato disciplinato. Non ha più aperto bocca. A un dato momento, però, durante un’azione di gioco come tante altre, egli si è scontrato con un calciatore dell’Udinese e ha commesso un fallo a nostro parere veniale, del genere di quelli che richiedono al massimo una banale punizione. Viceversa, l’arbitro si è alterato e ha estratto il secondo cartellino giallo, la cui somma, uno più del precedente, significava espulsione. Ed è qui che il goleador principe si è abbandonato a una sceneggiata napoletana degna di miglior causa, creandosi i presupposti per essere castigato gravemente. Se si fosse recato negli spogliatoi in silenzio se la sarebbe cavata con una giornata di sospensione. Data la sua clamorosa reazione, purtroppo il giudice sportivo non sarà clemente: Higuain in sostanza rischia quattro turni di «congelamento». Mi corre l’obbligo morale di dire che ciò sarebbe sbagliato. Perché la succitata attenuante della provocazione va riconosciuta al campione: non si espelle un atleta per un piccolo fallo come il quale, in una competizione, se ne registrano cento. Una lunga squalifica non soltanto sarebbe iniqua, ma offrirebbe al pubblico napoletano il destro per gridare al complotto. In effetti, il Napoli, privato del suo cannoniere, sarebbe dimezzato nelle proprie forze, il che autorizzerebbe i tifosi a dire che gli azzurri non sono stati battuti dalla Juve, bensì dalla casta arbitrale. Non è di questa ombra che ha bisogno il nostro vituperato pallone.
Fonte: Vittorio Feltri per Tuttosport
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