La sfortuna a volte sembra accanirsi nel calcio, lo sanno bene Roberto Baggio, Ronaldo, Giuseppe Rossi e da sabato purtroppo anche Arkadiusz Milik. La sfortuna, però, non è un’entità astratta, è trascinata da tanti fattori che possono influenzare le sorti delle persone.
Non c’è un rapporto di causa-effetto ma il terreno di gioco del “Paolo Mazza” è una delle tante immagini delle difficoltà del calcio italiano. Negli altri principali campionati europei non esistono campi in condizioni mediocri come il “Bentegodi” o il “Mazza” ma “the show must go on” e nessuno s’interessa della qualità dello spettacolo offerto. Le società più deboli incassano i soldi dei diritti televisivi e programmano qualche anno in tranquillità, le grandi sbraitano e propongono come unica soluzione il campionato a sedici squadre.
Ridurre le partecipanti alla serie A può essere anche un’idea ma non è certamente la panacea di tutti i mali, bisogna migliorare le condizioni del sistema con gli stadi e i settori giovanili costruendo un prodotto più godibile.
L’infortunio di Milik ha generato nei tifosi il rimpianto per le cessioni di Pavoletti e Zapata ma per entrambi il percorso a Napoli era terminato. Tonelli è già fuori dalla lista Champions, trattenere uno dei due significava convincerlo ad accettare il ruolo di terza punta perché in Europa non ci sarebbe stato spazio. Una missione utopica che serve soltanto ad arricchire il solito gioco di chi davanti al problema coltiva il gusto d’attaccare presunti responsabili piuttosto che sforzarsi ad affrontarlo.
Con la rosa dei 25 si lavora sulle coppie in ogni ruolo e, infatti, solo nel gruppo dei difensori centrali il Napoli ha un surplus che spinge Tonelli fuori dall’Europa. La Juventus ha Higuain e Mandzukic nel ruolo di punta centrale, l’Inter Icardi ed Eder, la Roma Dzeko e potrebbe adattare Schick o Defrel, il Milan ha Cutrone come terzo uomo d’attacco. Il vuoto del Napoli è lì, nel vivaio che non fornisce mai una soluzione alle emergenze. La rosa, infatti, è composta da 22 calciatori più gli under Ounas e Diawara (oltre al posto lasciato libero per Inglese) in serie A perchè il Napoli occupa solo due slot riguardo ai ragazzi cresciuti nel vivaio: Sepe e Lorenzo Insigne. Vale in questo caso per sostituire Milik ma la stessa dinamica è avvenuta in passato quando c’era da rimediare all’infortunio di Insigne oppure da evitare di rifugiarsi nello svincolato Reveillere.
Le grandi squadre hanno in Primavera giocatori su cui scommettere in emergenza, come Pinamonti, Odgaard, Celar, lo stesso Cutrone pensando alle punte centrali. Il Napoli non ha un centravanti di ruolo in Primavera, il ’98 Negro fa fatica ad incidere nella Paganese e gli investimenti Leandrinho e Zerbin finora non si sono assolutamente dimostrati dei colpi da prospettiva prima squadra. Il rubinetto c’è ed è anche d’ottimo livello considerando il fatturato su cui può contare il Napoli, il serbatoio vivaio non è all’altezza perché mancano investimenti, strutture e programmazione adeguata anche sotto il profilo tecnico. Nei limiti previsti per le rose l’operazione Inglese rappresenta un’intuizione importante anche sotto il profilo tecnico, consente al Napoli di avere già in tasca l’operazione fatta a gennaio. Bisogna resistere fino all’apertura della prossima campagna trasferimenti e Sarri lo farà con le soluzioni interne per il vice Mertens.
Callejon ha già lavorato per qualche spezzone da prima punta ma è fondamentale sulla catena di destra, la soluzione più intrigante porta Ounas al centro dell’attacco. Ha le qualità tecniche per legare i reparti, Sarri potrebbe scegliere un’altra missione: insegnare i movimenti d’attacco alla porta al “calciatore che piace alla tribuna”.
Ciro Troise
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