Saper perdere è una delle cose più difficili. Accettare la sconfitta, saperla valutare, inserire in un percorso è uno dei momenti decisivi per uno sportivo, soprattutto quando ha ambizioni d’alta classifica. La sconfitta contro l’Atalanta e quella di Verona hanno in comune solo il punteggio, al Bentegodi il Napoli non ebbe la forza di reagire ai primi colpi subiti, mostrò le crepe della scorsa stagione, quando non riusciva a tenere le distanze e veniva colpito facilmente da tutti gli avversari. Il Napoli è una squadra in ricostruzione, la bravura di Conte è stato farlo dimenticare come se nel calcio si passasse in un attimo da una stagione sciagurata alla risoluzione di tutti i problemi.
Nella partita secca l’Atalanta, quando sfodera una prestazione quasi perfetta come quella al Maradona e gli girano gli episodi a favore, può battere chiunque, l’ha dimostrato in finale di Europa League contro il Bayer Leverkusen.
Il Napoli non era partito male, fino al 2-0 è parso ordinato ed è riuscito anche a costruire dei presupposti interessanti: il palo di McTominay, l’azione con inserimento di Anguissa, quella di Lukaku che nasce da un errore di De Roon in costruzione.
Le ingenuità sul primo e sul secondo gol hanno indirizzato una partita sapiente dell’Atalanta. Il “dentista” Gasp ha compiuto scelte efficaci e ha fatto fare un altro upgrade alla sua squadra. Non schierando Retegui dal primo minuto, ha dato fastidio al blocco basso del Napoli, tirando fuori su De Ketelaere Buongiorno, il miglior marcatore, e con Lookman ha creato problemi a Di Lorenzo facendolo riflettere tanto prima di esporsi in avanti e lasciare campo aperto al talento nigeriano. L’Atalanta non fa più il gioco a tutto campo forsennato, quando gli avversari hanno il pallone sulle corsie laterali fa densità in zona palla, non è più un’armata che va solo quando riesce a sprigionare la sua intensità a ritmi altissimi. Sa stare sotto ritmo, abbassarsi, ieri, complice anche il vantaggio, ha chiuso entrambi i tempi con un baricentro più basso del Napoli. Quando Gasperini ha intuito il pericolo McTominay, ha spezzato la connessione con Lukaku abbassando De Roon mentre Pasalic ha fatto trascorrere un brutto pomeriggio a Gilmour.
La differenza tra il pomeriggio di Verona e quello di Fuorigrotta contro l’Atalanta è anche nella reazione di Conte alla sconfitta. Al Bentegodi diventò una furia, parlò di mancanza di fame, criticò l’atteggiamento dei suoi ragazzi e, invece, dopo la lezione subita dall’Atalanta ha rincuorato l’intero ambiente che ha digerito lo 0-3 come un incidente di percorso.
Accettare la sconfitta non significa ridimensionarla, bisogna coglierla con equilibrio. L’assenza di Lobotka, il Napoli ha delle difficoltà nella costruzione del gioco, è quartultima per palle perse nella propria metà campo, il pressing organizzato dell’Atalanta ha esasperato questo limite. Non è un caso che Lukaku, eccetto la gara di San Siro in cui il Milan ha lasciato molti spazi, abbia fatto fatica contro Empoli, Lecce e Atalanta non disponendo neanche del lavoro di Lobotka. Contro l’Empoli e l’Atalanta i duelli persi contro Ismajli e Hien, come accadde con Bremer a Torino contro la Juventus, sono inquietanti ma non è una fotografia dal Lukaku visto a Roma o all’Europeo. Conte può essere un fattore nel tirar fuori il massimo da Romelu ma non fa miracoli anche perché la preparazione senza amichevoli si fa sentire.
Va anche aiutato, cercando alternative alla palla diretta su di lui che cerca lo scarico su McTominay. C’è bisogno che Politano e Kvara s’avvicino di più, il gioco sulle catene laterali deve essere ancora più frequente e qualitativo.
San Siro sarà un altro test d’altissimo livello contro l’Inter che attacca con tanti uomini, crea moltissime occasioni, riproporrà con Thuram i movimenti ad uscire dalla linea con Lautaro Martinez pronto ad attaccare gli spazi. Il rientro di Lobotka è una buona iniezione di fiducia, l’Inter non è più perfetta nelle transizioni negative, il Napoli può colpire con le ripartenze.
Ciro Troise
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